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Proteste a Gerusalemme: «Un attacco non guarisce un attacco»

Israele estende le operazioni di terra anche a Rafah

 Israele estende le operazioni di terra  anche a Rafah  QUO-065
21 marzo 2025

Tel Aviv, 21. La nuova offensiva israeliana a Gaza si è estesa con operazioni terrestri anche a Rafah, dopo che la città meridionale della Striscia già nel maggio dello scorso anno era stata teatro di uno dei più sanguinosi attacchi nell’enclave palestinese. Presa di mira l’area di Shabura, dove l’esercito israeliano ha dichiarato di aver smantellato «infrastrutture terroristiche», mentre è proseguita «l’attività di terra nella parte settentrionale e centrale di Gaza», iniziata il 18 marzo.

Immediata la risposta di Hamas e, al contempo, degli houthi dallo Yemen, che hanno fatto scattare le sirene dell’allarme antiaereo prima a Tel Aviv e poi a Gerusalemme, con il lancio di missili e razzi. La ripresa delle operazioni belliche ha dunque archiviato dolorosamente la fragile tregua a Gaza, la cui rottura è stata deplorata dal Consiglio europeo, che in una nota ha ricordato «l’importanza di un accesso senza ostacoli e di una distribuzione sostenuta» di aiuti. D’altra parte la situazione sul terreno è sempre più critica. Ai quasi 600 morti da martedì, tra cui almeno 200 bambini, si aggiunge una emergenza umanitaria che, secondo l’Unicef, non riesce ad attenuarsi: sei settimane di tregua sono state «insufficienti» di fronte alla «devastazione di un territorio», ha denunciato Rosalía Bollen, portavoce del fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, parlando con l’agenzia Efe proprio da Rafah, dove molti palestinesi che erano tornati alle loro case durante la tregua fuggono di nuovo di fronte alla crescente insicurezza delle ultime ore.

Da Washington intanto il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha confermato «pieno» sostegno a Israele e alle operazioni lanciate dalle sue forze di difesa (Idf) a Gaza. Ma è sul fronte interno israeliano che crescono le proteste: l’indignazione delle famiglie degli ostaggi si è riversata nelle piazze, dove si sono moltiplicate le manifestazioni per chiedere al governo di fermare la guerra e concentrarsi sulla liberazione dei rapiti ancora nelle mani di Hamas e per protestare contro la decisione del primo ministro, Benjamin Netanyahu, di licenziare il capo dello Shin Bet, Ronen Bar. A Gerusalemme, i cortei sono proseguiti anche stamani. E uno dei cartelli riportava la scritta: «Un attacco non guarisce un attacco».

Nella notte, dopo un rinvio di alcune ore, il governo israeliano ha poi votato all’unanimità il licenziamento di Bar, che si dimetterà il 10 aprile o appena verrà scelto un sostituto. Nel frattempo però i partiti di opposizione hanno presentato una petizione all’Alta Corte di Giustizia affinché intervenga sulla destituzione: i giudici al momento hanno congelato il licenziamento.

Nel frattempo, la diplomazia prova a ritrovare il passo giusto per tornare a una tregua. Secondo fonti di Hamas citate dalla stampa araba, il gruppo non si opporrebbe alla proposta dell’inviato Usa, Steve Witkoff, a condizione che si passi immediatamente alla fase 2 dell’accordo per il cessate-il-fuoco. Una delegazione della fazione islamica sarebbe pronta a discuterne con alti funzionari al Cairo, dove ieri rappresentanti dell’Idf hanno avuto già un incontro con l’intelligence egiziana.