Una casa grande

di Isabella H. de Carvalho
A pochi passi da piazza Venezia, in un vicolo del centro storico di Roma, una palazzina di quattro piani ha un nome particolare sul citofono: Domus Spei, “Casa della speranza”. Passando attraverso un cancello di metallo e vari corridoi, si arriva all’ascensore che porta all’ultimo piano. All’apertura delle porte la prima cosa che salta agli occhi è un cartello verde, dello stesso colore dei giubbotti dei volontari del Giubileo, con la scritta «Benvenuto!» in diverse lingue. A sinistra, invece, un lungo corridoio con varie porte conduce alle stanze e alla mensa da cui si intravede il “cupolone» di San Pietro. La palazzina, con cento posti letto, ospita i volontari provenienti da tutta Italia e dal resto del mondo che hanno deciso di dedicare un po’ del loro tempo a questo anno giubilare e ai pellegrini che sono arrivati e continuano ad arrivare nella Città eterna.
«Abbiamo ricevuto tredicimila candidature», spiega Marco Lucente, coordinatore del servizio dei volontari —. Abbiamo persone che sono venute da Singapore, Taiwan, Sud America e Nord America». In media, ci sono 45 volontari mobili, che arrivano a Roma per brevi periodi di almeno una settimana, e 55 fissi, che hanno dato una disponibilità più lunga, pari ad almeno tre mesi.
La giornata alla Domus Spei inizia presto con la colazione nella mensa, il servizio mattutino in via della Conciliazione dalle 7.30 alle 13.30, e poi quello pomeridiano. Alcuni giovani si occupano dell’accoglienza anche in altre zone di Roma, come l’aeroporto di Fiumicino o la stazione Termini. La sera, poi, rientrando alla Domus Spei, i volontari cenano e si riuniscono per parlare e confrontarsi.
Tra gli operatori di volontariato che prestano servizio per lungo periodo e che hanno fatto della Domus la loro “casa», c’è José Maria Ignacio: informatico, 25 anni, originario di Lisbona e membro di Comunione e liberazione (Cl), si è messo a disposizione della Chiesa da dicembre 2024 fino alla fine dell’Anno Santo 2025, dopo aver fatto il volontario nella sua città d’origine durante la Giornata mondiale della gioventù svoltasi due anni fa. José spiega, sorridendo, di aver fatto domanda tra i volontari del Giubileo perché «avevo pensato che un periodo nella Città eterna potesse essere una bella fuga» dalle «insoddisfazioni» che viveva nella sua vita. Piano piano, racconta il giovane, la fede «ritrovata» grazie a Cl ha cambiato la sua prospettiva ed egli ha capito che «Dio è anche nel mio lavoro» e quindi ora affronta «con gratitudine» questo servizio. «Qui abbiamo l’opportunità di vedere Cristo manifestato nei volti delle persone», conclude. Ad esempio in pellegrini come Samuel, giovane romano che canta tutti i giorni in piazza San Pietro, o in altri volontari, come Savio, ragazzo brasiliano dalla «gioia travolgente».
Condivide un’esperienza simile Maria, liceale di 18 anni, originaria di Gambolò, in provincia di Pavia, che ha deciso di trascorrere a Roma, come volontaria mobile, la settimana di vacanze prevista dal calendario scolastico. Da sempre dedita ai bisognosi attraverso il servizio volontario presso l’Opera federativa trasporto ammalati a Lourdes (Ofta) e la Croce rossa, Maria spiega che dietro a tutte queste esperienze «c’è sempre un amore, un bisogno di stare accanto a chi ha necessità, in oggni forma possibile o praticabile». Riconosce, la giovane studentessa, che spendere questa settimana di vacanze come volontaria per il Giubileo «non è una scelta molto comune tra i miei compagni di classe o amici», ma racconta che ha voluto farlo dopo aver parlato con alcune persone che avevano svolto questo servizio durante il Giubileo straordinario della misericordia, nel 2016.
Maria spera ora di poter riportare ai suoi compagni di classe l’entusiasmo che ha vissuto e magari convincerne qualcuno a vivere la stessa esperienza. Nonostante le giornate siano «impegnative», conclude: «Penso di tornare a Roma per il Giubileo dei giovani, tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, dopo l’esame di maturità».
E non sono solo giovani a mettersi a disposizione dei pellegrini. «Mi ricordo di una signora che avrà avuto circa 85 anni, che ci raccontò di aver fatto già la volontaria, insieme al marito, nel Giubileo del 2000. L’esperienza era piaciuta a entrambi e allora si erano promessi ripterla anche nel 2025. Purtroppo il marito è venuto a mancare, ma lei, fedele a quella promessa, è tornata a fare la volontaria, anche se da sola», racconta ancora Marco Lucente.
Come il Giubileo del 2000 ha toccato le vite di molti, si spera che anche questo Anno Santo possa avere effetti duraturi nel tempo. «Il volontario che viene qui è chiamato, al ritorno a casa, ad essere pellegrino di speranza — prosegue — quindi a testimoniare che, sì, ha permesso a molti di vivere in maniera profonda il pellegrinaggio, ma anche lui stesso ha vissuto un’esperienza di speranza da portare indietro».