· Città del Vaticano ·

Pellegrinaggi giubilari a Roma
Quasi duemila fedeli dalla diocesi di Ariano Irpino - Lacedonia

Esperienza di fraternità ecclesialità e amicizia

  Esperienza di fraternità ecclesialità e amicizia  QUO-063
18 marzo 2025

di Rosario Capomasi

«Una vera esperienza di fraternità, ecclesialità e amicizia»: queste le parole più frequenti pronunciate dai circa 1.800 pellegrini della diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia che sabato 15 marzo si sono messi in viaggio di buon mattino per vivere pienamente la loro giornata giubilare nella Città eterna. Volti pieni di speranza e di fervore religioso hanno percorso via della Conciliazione dietro la Croce del Giubileo, per poi attraversare la Porta Santa della basilica Vaticana guidati dal vescovo, Sergio Melillo, che ha presieduto la celebrazione eucaristica — insieme a molti sacerdoti della diocesi — all’altare della Confessione, sopra la tomba dell’apostolo Pietro.

Emozione nell’emozione per il presule, che tra due mesi celebrerà il decimo anno di episcopato nella diocesi che Papa Francesco gli ha affidato, nominandolo vescovo il 23 maggio 2015. La Chiesa universale e quella particolare di Ariano tornano così a incontrarsi: nell’aprile 2016 si era svolto il primo pellegrinaggio a Roma del novello vescovo con la sua diocesi, uno dei primi eventi vissuti dai fedeli con il loro pastore.

Dopo circa dieci anni, ha osservato monsignor Melillo, «il nuovo anno giubilare sta diventando l’occasione per essere confermati nel cammino iniziato tempo fa e ben motivati nella sua prosecuzione». Come la Chiesa universale, ha fatto presente, «vive quest’anno di grazia, anche in quella particolare lo si può avvertire in questo specifico dettaglio, espressione di un cammino che di misericordia in misericordia ci radica in Gesù, nostra speranza».

Numerosi i bambini e i giovani che, con le loro famiglie, hanno preso parte al pellegrinaggio, «segno di una Chiesa viva che ancora desidera incontrare il Signore, così da rinnovargli la sua fedeltà nonostante le tempeste o le notti buie», ha precisato uno dei partecipanti. «Occorre avere coraggio per lasciarsi abbracciare dall’amore di Dio — ha sottolineato ancora monsignor Melillo — così da poter costruire relazioni nuove fondate sul Vangelo».

Dopo il richiamo «alla speranza cristiana che nasce dall’incontro con la misericordia dell’Onnipotente e che si rafforza ogni qual volta a Lui ci si affida con cuore davvero sincero, consapevoli che senza Dio si è poca cosa», durante la celebrazione il presule ha rivolto un pensiero a Papa Francesco in questo tempo di malattia e ha chiesto preghiere per i sacerdoti e diaconi assenti o ammalati e per quelli che negli ultimi anni hanno concluso il pellegrinaggio terreno, anche a causa della pandemia.

Inoltre, si è implorata una nuova primavera vocazionale anche con l’approssimarsi dell’ordinazione diaconale del giovane Nico Santosuosso, il prossimo 23 marzo.

Nonostante l’assenza del Pontefice, ricoverato dal 14 febbraio al Policlinico “Gemelli”, e il conseguente cambio di programma del pellegrinaggio, le comunità della diocesi hanno risposto positivamente all’iniziativa mostrando il vero senso delle parole “fraternità”, con alcune comunità parrocchiali che si sono unite per pregare e visitare luoghi simbolo dell’Urbe, tra arte, storia e religiosità; “ecclesialità”, con i partecipanti all’evento che si sono stretti, come un’unica famiglia, intorno al vescovo Melillo «per varcare la Porta Santa che è Cristo stesso e rinnovare quel vincolo di affetto tra la chiesa particolare e quella di Roma, con il suo amato pastore Papa Francesco», ha detto il presule; e “amicizia”, soprattutto nella condivisione del pranzo prima del pellegrinaggio, tra una foto scattata nella semplicità e l’entusiasmo per essere al centro della cristianità.

Nel viaggio di ritorno era sì percepibile la stanchezza, ma anche la gioia di un tempo bello trascorso insieme, nonostante la nostalgia del mancato incontro con il Papa, che aveva comunque lasciato spazio a una preghiera sincera per la sua salute.