· Città del Vaticano ·

Intervista alla direttrice dell’Unrwa per l’Europa

A Gaza serve tutto
ma la speranza resta

Palestinian children wait to receive food cooked by a charity kitchen, during the Muslim holy month ...
10 marzo 2025

di Stefano Leszczynski

Cresce la preoccupazione delle Nazioni Unite per l’aggravarsi delle emergenze umanitarie in tutto il Medio Oriente. L’accavallarsi delle crisi in Siria, Libano, Cisgiordania e — naturalmente — la Striscia di Gaza richiedono sempre maggiori risorse finanziarie e un sempre maggiore impegno operativo per essere fronteggiate. A livello regionale si stima servano almeno 464 milioni di dollari per assistenza umanitaria primaria e progetti di cooperazione. La situazione si va inoltre aggravando nella Striscia di Gaza, rimasta completamente isolata da qualsiasi forma d’aiuto nonostante gli accordi di tregua e senza elettricità. A descrivere le condizioni drammatiche in cui versa la popolazione palestinese della Cisgiordania è stato recentemente il capo dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, che ha definito l’area «un campo di battaglia».

«Una valutazione assolutamente corretta — dice parlando con i media vaticani Marta Lorenzo, direttrice dell’ufficio Unrwa per l’Europa con base a Bruxelles — anche perché in questo momento tutti sono concentrati su quello che avviene a Gaza e sui negoziati per il rilascio degli ostaggi, ma nessuno vede il livello di violenza e gli sfollamenti forzati in Cisgiordania, una cosa che non si vedeva dal 1967». Almeno 40.000 persone hanno dovuto abbandonare le proprie case, riferiscono gli operatori di Unrwa che parlano di una distruzione sistematica e su ampia scala delle abitazioni dei palestinesi. Anche le scuole gestite dall’agenzia Onu per i palestinesi sono state chiuse. «Abbiamo dovuto ripensare le nostre operazioni anche nel settore sanitario facendo ricorso a cliniche mobili — spiega Marta Lorenzo — perché i nostri pazienti non avevano più strutture di riferimento. Lo stesso avviene per l’assistenza d’emergenza per cui distribuiamo materassi, cuscini, kit per la cucina. Tutti hanno bisogno di tutto».

Giovedì 30 gennaio in Israele sono entrate in vigore delle leggi che vietano all’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di fornire assistenza umanitaria ai profughi palestinesi, di operare nel Paese. Le leggi erano state approvate nell’ottobre del 2024 a larga maggioranza dalla Knesset, il Parlamento israeliano, e vietano a tutti gli enti israeliani di collaborare in qualunque modo con l’agenzia. Si applicano al territorio israeliano, ma hanno effetti anche sui territori che Israele occupa militarmente, come buona parte della Cisgiordania e Gerusalemme Est. «Il primo effetto dell’entrata in vigore delle leggi della Knesset è stato quello della revoca dei visti per il nostro personale internazionale che operava a Gerusalemme Est e che abbiamo dovuto evacuare», spiega la direttrice Unrwa per l’Europa. «Di conseguenza il nostro quartier generale a Gerusalemme Est non è più operativo, è stato svuotato e il nostro staff se n’è dovuto andare. Tuttavia, la buona notizia è che abbiamo comunque deciso di tenere aperte le nostre attività per quanto riguarda le scuole e i presidi sanitari a meno che non ci costringano a chiuderli con la forza».

Nonostante il divieto di operare in territorio israeliano, l’agenzia Onu per i palestinesi è riuscita a garantire un minimo di presenza internazionale nella Striscia di Gaza dove i bisogni umanitari della popolazione civile sono enormi. «La situazione è un po’ paradossale, in verità — dice Marta Lorenzo —, perché durante i primi giorni della tregua e immediatamente dopo, siamo riusciti a far entrare circa 200 camion di aiuti umanitari e a distribuirli. Abbiamo fornito aiuti alimentari a circa 2 milioni di persone e abbiamo proseguito le operazioni con il nostro personale sul posto per la maggior parte composto da impiegati locali». A Gaza l’Unrwa è riuscita a distribuire tende per oltre 64.000 persone, ma non basta e molte famiglie sono costrette a condividere spazi ristretti senza acqua potabile né elettricità.

«Nonostante la situazione umanitaria sia gravissima, il poco che riusciamo a fare serve a mantenere un minimo di speranza per il futuro», dice Marta Lorenzo. «E voglio davvero sottolineare questo aspetto positivo, perché siamo stati in grado di riattivare un minimo di attività educativa per i bambini, soprattutto per i più piccoli che ancora non hanno avuto l’occasione di imparare a leggere e scrivere. E questo è un qualcosa che restituisce speranza alla gente». Per fronteggiare l’emergenza umanitaria di Gaza l’Unrwa ha stimato che servano almeno 1,7 milioni di dollari e il problema dei finanziamenti diventa sempre più pressante. «Le campagne di misinformazione e disinformazione ci hanno colpito, hanno sicuramente contribuito a scoraggiare parte dei nostri duramente, ma l’aspetto più grave delle accuse che ci sono state rivolte, definendoci addirittura un’organizzazione terroristica, è stato quello di mettere in percolo di vita i nostri operatori sul campo».

«Le difficoltà sono immense e c’è tanta gente che soffre. Ma – dice la direttrice Lorenzo – riceviamo un grande incoraggiamento da persone come Papa Francesco. Con le sue parole e i continui appelli in favore della pace penso che Sua Santità abbia risvegliato l’umanità circa la necessità di proteggere le persone in difficoltà. Quello di cui abbiamo bisogno è la determinazione e il coraggio di persone come Sua Santità per contrastare questo circolo di violenza che va avanti da decenni in Medio Oriente. Siamo estremamente grati per quello che sta facendo, anche in questo momento di grande sofferenza per lui».