
«Cristo non è l’annunciatore di una nuova religione, ma l’annunciatore di Dio, quindi la religione cristiana sta accanto alle altre religioni come la via impossibile dell’uomo a Dio; il cristiano non si vanta mai della sua cristianità, che rimane, infatti, umana, troppo umana. Egli vive però della grazia di Dio, la quale giunge a ogni uomo che si apre a essa e impara a comprenderla nella croce di Cristo; quindi, non la religione cristiana ma la grazia e l’amore di Dio, che culmina sulla croce, sono il dono di Cristo»
(conferenza dell’11.12.1928).
Solo due brevi chiose a queste parole tanto limpide quanto vere. Dove sta la novità del cristianesimo? Rispondiamo con Ireneo di Lione (ii secolo): «Gesù ha portato ogni novità portando sé stesso». Una novità che si è manifestata in una vita nel segno dell’amore donato (la grazia fatta carne), fino alla fine: la croce, paradossalmente, è appunto il segno di questo amore vincitore perché in perdita, non un vessillo “doloristico” né un destino crudele che incombeva sulla vita di Cristo. (Ludwig Monti)