Giubileo “in esilio”

di Paolo Affatato
È un Giubileo lontano da casa, trascorso nella precarietà di una vita da sfollati, un Giubileo in tempo di guerra, dove si avvertono i morsi della fame, del freddo, della paura. È, allora, un Giubileo in cui è ancora più necessaria e forte la speranza perché vissuto in una situazione di grave difficoltà e sofferenza. Nella diocesi di Loikaw, nella parte centro-orientale del Myanmar, l’Anno santo della speranza è un tempo che permette di alzare gli occhi al cielo e ritrovare consolazione. Il territorio della diocesi si trova nello stato birmano di Kayah, una di quelle aree segnate da scontri e combattimenti tra l’esercito regolare e le forze di difesa popolare, le milizie che si oppongono alla giunta militare al potere con un golpe dal febbraio 2021.
Gli intensi bombardamenti dell’aviazione birmana che, negli ultimi due anni, hanno regolarmente martellato la zona, considerata dall’esercito una di quelle più “sensibili” e meglio organizzate della resistenza, hanno generato il completo svuotarsi della città di Loikaw e di decine di piccole municipalità e villaggi. La popolazione non ha potuto fare altro che rifugiarsi nella foresta, costituendo improvvisati agglomerati di tende e capanne, oppure ha trovato rifugio in piccoli campi profughi organizzati da istituzioni come la Chiesa cattolica. La comunità della diocesi di Loikaw (90.000 battezzati dispersi nel territorio) si è ritrovata a celebrare un Giubileo “in esilio” in quanto la cattedrale di Cristo Re e il complesso pastorale del capoluogo sono stati sequestrati e occupati nel novembre 2023 dai soldati dell’esercito birmano che ne ha fatto un campo base da cui coordinare le operazioni militari nell’area.
Si tratta di una ferita profonda per la Chiesa locale che però «non perde la speranza ma confida nel Signore», riferisce padre Paul Pa, rappresentante diocesano designato per la celebrazione dell’Anno santo 2025. Il sacerdote racconta che, non avendo la possibilità di designare la cattedrale come chiesa giubilare, «abbiamo individuato come con-cattedrale la chiesa della parrocchia della Madre di Dio a Sondu, dove attualmente risiede il nostro vescovo Celso Ba Shwe, dopo essere stato costretto ad abbandonare il centro pastorale» a Loikaw. La chiesa è uno dei centri di pellegrinaggio giubilare, insieme con il santuario di Nostra Signora di Lourdes a Yusamoso, la chiesa di San Giuseppe a Hoya, la chiesa del Sacro Cuore di Gesù a Dorokhu e la chiesa nell’area di Mese: sono tra le poche ancora aperte e funzionanti, dislocate in diverse zone, dove i fedeli possono recarsi. Sono i “preti itineranti” di Loikaw — quei sacerdoti che, una volta svuotatesi le parrocchie, hanno cominciato a muoversi di continuo nel territorio, visitando e consolando gli sfollati — a istruire i fedeli su come celebrare il Giubileo, con il pellegrinaggio e la richiesta di indulgenze.
La celebrazione di apertura dell’Anno santo, ha riferito l’agenzia Fides, è stata presieduta da monsignor Ba Shwe che ha incoraggiato i fedeli a «tenere salda speranza» perché «il Signore è con noi, ci sostiene, è Lui la fonte della nostra speranza». Inoltre, ha proseguito il presule, «la speranza viene dalla solidarietà e dalla carità reciproche in questo tempo di deserto, di buio, di sofferenza, di sfollamento», un tempo «di esilio in cui tutti desiderano ardentemente tornare a casa ma non possono a causa della violenza diffusa».
Padre Paul, come gli altri presbiteri e religiosi della diocesi, gira e visita costantemente le chiese giubilari e i campi profughi, notando la devozione dei pellegrini che si stanno organizzando per «lunghe marce compiute con fede, per pregare e chiedere l’aiuto di Dio, per accostarsi ai sacramenti e ricevere l’indulgenza». Il popolo di Dio a Loikaw è un popolo che, in una condizione di estrema fatica e sofferenza, sa comunque lodare il Signore: ai fedeli sono stati forniti un “canto del Giubileo” e una preghiera giubilare che la gente recita con fede e devozione. Racconta Pa che oggi quello dei preti a Loikaw «è soprattutto un ministero di consolare gli afflitti». Accanto al conforto umano e spirituale vi è la solidarietà per fornire aiuti umanitari ai più bisognosi, oggi soprattutto bambini senza istruzione, anziani e malati.