· Città del Vaticano ·

La buona notizia
Il Vangelo della I domenica di Quaresima (Lc 4, 1-13)

Il rischio della tentazione

 Il rischio della tentazione  QUO-052
04 marzo 2025

di Jonathan Safran Foer

Gesù è capace di resistere a tre diversi tentativi da parte del diavolo di tentarlo. Molto si potrebbe dire sui metodi di tentazione, come pure sui metodi di resistenza, ma, mentre riflettevo sul Vangelo, nel quadro di questo momento storico unico, ad attirarmi maggiormente è stata l’idea che Gesù sia stato capace di farsi tentare. Senza, perlomeno, curiosità, le offerte non avrebbero significato nulla per lui. Non ci sarebbe stata una storia da raccontare, una lezione da imparare.

La tentazione non è un sintomo d’impurità ma di apertura. Questo vale anche quando si cambia idea, sebbene sia visto spesso come una debolezza. Non ci si può chiudere alle possibilità — generative e distruttive — senza chiudersi alla crescita. Il motivo per cui la Terra non è segnata da crateri, come la Luna, è che il nostro pianeta è geologicamente attivo, in costante cambiamento. Le placche tettoniche e l’erosione (dovuta al vento, alla pioggia, ai vulcani) lo rendono dinamico. La mutevolezza del nostro pianeta, che può essere spaventosa e a volte imprevedibile, permette la sua perpetua rinascita.

Sotto molti aspetti, noi abbiamo bisogno di rinascere, come pianeta, come nazioni e comunità locali, e come individui. Eppure non siamo mai stati più rigidi nelle nostre prospettive. Nel nostro mondo dominato dai social media, nulla è più premiato della certezza e del volume. Parliamo del bisogno di tollerare i punti di vista altrui ma ciò che serve è qualcosa di più radicale: un’apertura a essere tentati dagli altri. Nonostante il mondo invochi riparazione, quanti di noi possono affermare di aver cambiato in modo significativo anche una delle proprie opinioni negli ultimi dieci anni?

«Non di solo pane vive l’uomo» è la risposta di Gesù al diavolo, quando lo tenta chiedendogli di cambiare la pietra in cibo. Ciò viene erroneamente inteso come “l’uomo non può” e tale distinzione fa la differenza. In realtà, possiamo vivere di solo pane. Come possiamo vivere senza abbandonare mai i confort delle nostre convinzioni radicate, delle nostre comunità auto-selezionate, dei nostri partiti politici, dei nostri quartieri letterali e metaforici. Sembra che, sebbene smarriti nel deserto, molti di noi stiano ora costruendo muri attorno a sé. Sì, l’uomo può vivere di solo pane, ma non può crescere.