· Città del Vaticano ·

L’arcivescovo Vincenzo Paglia presenta i lavori

La salvezza dell’uomo passa attraverso il confronto
e la collaborazione dei saperi

 La salvezza dell’uomo  passa attraverso  il confronto e la collaborazione dei saperi  QUO-051
03 marzo 2025

di Federico Piana

Quello scelto per la 30ª assembla plenaria della Pontificia Accademia per la vita (Pav), che si è aperta oggi al centro conferenze dell’Augustinianum di Roma e che si concluderà il prossimo 5 marzo, è un titolo più attuale che mai: “Fine del mondo? Crisi, responsabilità e speranze”. Un interrogativo non proprio fuori luogo — viste le gravi crisi internazionali, politiche e sociali che scuotono il pianeta — al quale stanno tentando di dare una risposta numerosi accademici ed esperti, come premi Nobel, planetologi, fisici, biologi, paleoantropologi, teologi e storici, nell’ambito di un convegno internazionale ospitato proprio all’interno degli stessi lavori assembleari.

E non deve stupire che l’approccio al grande tema della salvezza dell’uomo e del pianeta passi attraverso il confronto tra saperi scientifici e culturali profondamente diversi: senza che essi entrino in collisione l’uno con l’altro, ma al contrario possano contribuire alla definizione di un orizzonte condiviso e accettato.

«Abbiamo la crescente consapevolezza che la crisi che stiamo vivendo interessa contemporaneamente diverse dimensioni dalla nostra vita personale e sociale. È quella che anche il Santo Padre ha citato utilizzando un termine coniato dal filosofo Edgar Morin: policrisi» ha detto questa mattina l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pav, durante il suo intervento di presentazione della plenaria nella Sala stampa della Santa Sede. E proprio Papa Francesco, nel messaggio rivolto ai partecipanti all’assemblea, diffuso oggi, ha sottolineato come questa policrisi, che riguarda guerre, cambiamenti climatici, fenomeni migratori e problemi energetici, debba essere risolta valorizzando ancor di più il multilateralismo. «Sta a noi — ha spiegato monsignor Paglia — lavorare alla costruzione di un’arca comune con tutti dentro: un nucleo ordinato secondo la parola di Dio che Noè ha ascoltato attentamente per realizzare il suo artefatto, in modo da custodire la logica della creazione realizzando il proprio percorso grazie alla capacità di stare a galla nel mare che sommerge ogni altra realtà. In questo modo, l’arca diventa simbolo di uno spazio in cui il progetto di vita di Dio può navigare, attraverso la morte e la distruzione, verso un nuovo inizio».

Sul ruolo essenziale della scienza per tentare di salvare il mondo, Katalin Karikó, premio Nobel 2023 per la medicina, ha spiegato ai giornalisti come le opinioni dei ricercatori siano diverse ma se essi riescono a «lavorare insieme e si rispettano a vicenda è possibile realizzare una nuova invenzione. Questo è ciò che ritengo importante, quindi cerco di sottolineare che le donne sono importanti per la scienza e che la scienza ha bisogno di più donne».

Durante la conferenza stampa, anche il professor Guido Tonelli, fisico, professore emerito all’Università di Pisa, ha voluto sottolineare che senza il contributo della scienza si potrebbero fare solo pochi e inutili passi: Essa — ha detto — «è ancora oggi, in qualche modo, la base della nostra visione del mondo e ne abbiamo ancora bisogno, non solo per produrre tecnologie e strumenti necessari alla sopravvivenza della specie: il cambiamento profondo che produce un salto di paradigma sul piano scientifico produce anche un cambiamento ancora più radicale sul piano culturale».

Secondo Tonelli, gli uomini si organizzano «in una maniera diversa, l’umanità costruisce relazioni diverse rispetto a quelle che aveva in precedenza. Questo è un punto fondamentale perché ancora oggi la scienza continua a produrre cambiamenti. E il meccanismo per cui la scienza cambia la visione del mondo è un fenomeno che è ancora in corso ed è necessario prenderne coscienza perché da essi prenderà forma il futuro».

Il convegno internazionale sul destino del mondo si concluderà domani quando verrà consegnato il premio “Difensore della Vita”. Quest’anno, il consiglio direttivo della Pav ha scelto suor Giustina Olha Holubets, della congregazione delle Suore Serve di Maria Immacolata, ucraina, genetista, psicologa, fondatrice e presidente della Ong “Perinatal Hospice. Imprint of Life”. «Qualsiasi minaccia alla vita e alla dignità della persona colpisce la Chiesa profondamente nel suo cuore. In particolare, diventa attuale al giorno d’oggi quando assistiamo a molti attacchi, in particolare verso quella fragile e indifesa» ha detto la religiosa. Che ha voluto anche ricordare come la sua associazione sia stata fondata nella città ucraina di Lviv nel 2017 con gli obiettivi di «diffondere l’informazione riguardo il lutto prenatale e perinatale, sostenere le mamme e le coppie che durante la gravidanza affrontano situazioni di grave patologia o malformazione del bambino concepito, sostenere la vita ancora non nata e accompagnare i genitori che hanno perso i loro figli durante la gravidanza o dopo il parto».