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Videoconferenza del cardinale prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede alla Facoltà di Teologia Cattolica di Colonia

La dignità ontologica
della persona
in «Dignitas infinita»

 La dignità ontologica della persona  in «Dignitas infinita»  QUO-051
03 marzo 2025

«La dignità ontologica della persona in “Dignitas infinita”. Alcuni chiarimenti» è il tema della videoconferenza tenuta di recente, in collegamento con la Facoltà di Teologia Cattolica di Colonia, dal cardinale prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede. Pubblichiamo di seguito il testo integrale dell’intervento del porporato.

di Víctor Manuel Fernández

Nessuna realtà creata è infinita, se intendiamo la parola “infinita” in senso quantitativo. Perché, dunque, provocare e dire che la dignità umana è “infinita”? Poiché alcuni hanno criticato questa espressione, penso sia utile dare alcuni chiarimenti al riguardo.

1. Due sensi precisi dell’aggettivo “infinita”


L’aggettivo “infinita”, attribuito alla dignità umana, può essere inteso in due sensi:

1.1. Oggetto di un amore infinito


L’espressione è tratta da un discorso di san Giovanni Paolo ii, che la usò appositamente in un’occasione molto particolare: l’incontro a Osnabrück con persone disabili. Di fronte a loro, voleva mostrare come la dignità di tutti gli esseri umani va al di là di ogni apparenza esteriore o di ogni caratteristica della vita concreta delle persone. Ma in quell’occasione egli stesso ha spiegato in che senso la nostra dignità può definirsi “infinita”. Così si espresse: «loderemo Dio e lo ringrazieremo per il grande dono del suo amore. Questo amore è il fondamento della vostra speranza e del vostro coraggio di vivere. Dio ci ha mostrato con Gesù Cristo in maniera insuperabile come egli ama ciascun uomo e gli conferisce con ciò una dignità infinita». (1)

L’amore di Dio, essendo infinito, conferisce ad ogni essere umano una dignità infinita, e questo amore per l’essere umano si è manifestato in Cristo, che si è fatto uomo ed è diventato il nostro redentore. L’amore infinito di Dio non conferisce un valore infinito alle pietre o agli insetti, ma all’essere umano, capace di conoscenza e di amore.

Il fatto sorprendente è che l’Infinito ha assunto la natura umana e l’ha redenta in Cristo, e in questo modo ha offerto all’essere umano la possibilità di essere elevato al di sopra della natura per entrare in amicizia con Lui. In questo senso l’essere umano è descritto come “capax Dei”: un essere capace di conoscere e di amare, capace di essere elevato allo stesso tempo a una situazione sproporzionata rispetto alle sue capacità naturali. San Tommaso d’Aquino diceva che questo dono della grazia santificante può essere effuso solo da Dio, poiché «supera ogni proporzione della nostra natura». (2)

A differenza degli altri esseri su questa terra, noi siamo aperti all’elevazione infinita, siamo chiamati ad essere figli nel Figlio. C’è in noi una “dispositio”, ma il cuore umano non è soltanto disposto naturalmente ad essere elevato in questo modo. Va aggiunto che questa chiamata interiore non è vana, perché questa possibilità è stata veramente aperta attraverso l’incarnazione e la redenzione di Cristo. È in questo senso profondamente teologico che va compresa l’affermazione di san Giovanni Paolo ii, cioè che l’amore infinito di Dio conferisce a ogni essere umano una dignità infinita.

1.2. Assolutamente incondizionata


Nella dichiarazione troviamo una seconda spiegazione di questa qualità — “infinita” — che ha ogni persona umana. In essa si afferma che «una dignità infinita, inalienabilmente fondata nel suo stesso essere, spetta a ciascuna persona umana, al di là di ogni circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi» (DI 1).

Potremmo cioè cercare all’infinito e comunque non troveremo mai niente che possa limitare, condizionare o negare questa dignità. “Infinita”, vuol dire “assolutamente incondizionata”: non c’è situazione in cui non possa verificarsi, è assolutamente inalienabile, non c’è ragione immaginabile che possa negarla e non ha fine nel tempo. Insomma, è completamente incondizionata. Tutto questo si esprime nell’espressione “al di là di ogni circostanza”, che percorre tutto il documento e che costituisce l’apporto specifico del pensiero di Papa Francesco su questo tema.

Tale espressione era già presente in molti paragrafi dell’Enciclica Fratelli tutti. Ad esempio: «L’essere umano possiede la medesima dignità inviolabile in qualunque epoca storica e nessuno può sentirsi autorizzato dalle circostanze a negare questa convinzione o a non agire di conseguenza». (3)

È un nuovo modo di dire che si tratta di un valore universale, che deve essere accettato da tutti, ovunque e in ogni situazione. È vero che la Rivelazione ci ha permesso di arrivare a questa convinzione, ma è pure una convinzione alla quale la ragione umana può arrivare attraverso la riflessione e il dialogo, dato che «se bisogna rispettare in ogni situazione la dignità degli altri, è perché noi non inventiamo o supponiamo tale dignità, ma perché c’è effettivamente in essi un valore superiore rispetto alle cose materiali e alle circostanze, che esige siano trattati in un altro modo. Che ogni essere umano possiede una dignità inalienabile è una verità corrispondente alla natura umana al di là di qualsiasi cambiamento culturale». (4) Infatti, la Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1948, parla «della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili». (5)

Questo fatto di essere incondizionata rende il pensiero cattolico estremamente sensibile di fronte alla dignità umana che va sempre rispettata, “in ogni circostanza”. È un modo diverso di esprimere che si tratta di una verità che non è né condizionata né mutevole, in modo che, ad esempio, una vita innocente non possa mai essere eliminata e non si possa trovare alcuna scusa o ragione per giustificarlo. Ma non solo la vita innocente, qualsiasi vita umana dal concepimento alla morte naturale, sempre. Pensa, quanto vali, ammira quanto vali e riconosci dietro questo valore l’amore infinito.

2. L’importanza della nozione di persona e la dignità ontologica


Si parla sempre della dignità della “persona”. Ad esempio, Papa Francesco parla «sul primato della persona umana e sulla difesa della sua dignità al di là di ogni circostanza». (6) Che cosa si intende per persona, alla quale si riconosce questa infinita dignità? La spiegazione è sufficientemente sviluppata al punto 9 del documento: «Giova qui, infine, ricordare che la definizione classica della persona come “sostanza individuale di natura razionale” esplicita il fondamento della sua dignità. Infatti, in quanto “sostanza individuale”, la persona gode della dignità ontologica (cioè a livello metafisico dell’essere stesso): essa è un soggetto che, ricevendo da Dio l’esistenza, “sussiste”, vale a dire esercita l’esistenza in modo autonomo. La parola “razionale” comprende in realtà tutte le capacità di un essere umano: sia quella di conoscere e comprendere che quella di volere, amare, scegliere, desiderare. Il termine “razionale” comprende poi anche tutte le capacità corporee intimamente collegate a quelle sopradette. L’espressione “natura” indica le condizioni proprie dell’essere umano che rendono possibili le varie operazioni ed esperienze che lo caratterizzano: la natura è il “principio dell’agire”. L’essere umano non crea la sua natura; la possiede come un dono ricevuto e può coltivare, sviluppare e arricchire le proprie capacità. Nell’esercitare la propria libertà per coltivare le ricchezze della propria natura, la persona umana si costruisce nel tempo. Anche se, a causa di vari limiti o condizioni, non è in grado di mettere in atto queste capacità, la persona sussiste sempre come “sostanza individuale” con tutta la sua inalienabile dignità. Questo si verifica, per esempio, in un bambino non ancora nato, in una persona priva di sensi, in un anziano in agonia» (DI 9).

San Tommaso d’Aquino lo ha detto in modo sintetico quando ha affermato che «la persona significa quanto di più nobile c’è in tutto l’universo, cioè il sussistente di natura razionale». (7) In questo senso, possiamo dire che la nozione di “persona”, che si applica all’essere umano come agli angeli o alle Persone della SS.ma Trinità, ha un costituente formale, comune a tutte le persone: la “sussistenza”. (8) Questo essere razionale che sussiste, e sussiste anche se non può pensare, anche se non può parlare, anche se è incosciente o non può comunicare e relazionarsi. C’è una realtà ontologica che è la radice della sua inalienabile dignità, al di là di ogni circostanza.

Ecco perché il documento si ferma a mostrare che quando si parla di dignità ci si riferisce proprio a quella dignità ontologica che sussiste sempre, mentre nel linguaggio comune l’espressione “dignità” ha solitamente altri usi che non hanno lo stesso livello e possono creare confusione: «Tutto questo ci porta a riconoscere la possibilità di una quadruplice distinzione del concetto di dignità: dignità ontologica, dignità morale, dignità sociale ed infine dignità esistenziale» (DI 7).

Vivere senza dignità


Se ogni essere umano non perde mai la sua dignità ontologica, che sussiste in qualsiasi situazione, può condurre tuttavia una vita indegna in senso morale: «si comporta in un modo che “non è degno” della sua natura» (ibid.). Spesso si dice anche che qualcuno vive indegnamente in senso sociale: «ci riferiamo alle condizioni sotto le quali una persona si trova a vivere. Nella povertà estrema, per esempio, quando non si danno le condizioni minime perché una persona possa vivere secondo la sua dignità ontologica» (DI 8). Infine, anche in senso esistenziale, si è soliti dire che qualcuno non conduce una vita dignitosa riferendosi «per esempio, al caso di una persona che, pur non mancando apparentemente di nulla di essenziale per vivere, per diverse ragioni fa fatica a vivere con pace, con gioia e con speranza. In altre situazioni è la presenza di malattie gravi, di contesti familiari violenti, di certe dipendenze patologiche e di altri disagi a spingere qualcuno a sperimentare la propria condizione di vita come “indegna” di fronte alla percezione di quella dignità ontologica che mai può essere oscurata» (DI 8).

3. Conseguenze pratiche


Rifiutando la pena di morte, Papa Francesco ha voluto mostrare la portata delle nostre convinzioni sulla dignità inalienabile della persona umana: «Il fermo rifiuto della pena di morte mostra fino a che punto è possibile riconoscere l’inalienabile dignità di ogni essere umano e ammettere che abbia un suo posto in questo mondo. Poiché, se non lo nego al peggiore dei criminali, non lo negherò a nessuno, darò a tutti la possibilità di condividere con me questo pianeta malgrado ciò che possa separarci». (9)

San Paolo vi ebbe a dire che «nessuna antropologia eguaglia quella della Chiesa sulla persona umana, anche singolarmente considerata, circa la sua originalità, la sua dignità, la intangibilità e la ricchezza dei suoi diritti fondamentali…». (10) E Benedetto xvi ha affermato che la dignità della persona è «un principio fondamentale che la fede in Gesù Cristo Risorto ha da sempre difeso, soprattutto quando viene disatteso nei confronti dei soggetti più semplici e indifesi». (11) 

Questa convinzione della dignità umana universale, come ha insistito Papa Francesco, è a sua volta il fondamento saldo e stabile di un’autentica fraternità universale in cui siano riconosciuti i diritti sociali: «Riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far rinascere fra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità». (12) Ecco perché la dichiarazione Dignitas infinita include temi come: i poveri, i migranti, i diversamente abili, le donne che soffrono violenza o la tratta di persone. Non dimentichiamo, come insegnava san Giovanni Paolo ii, che la Chiesa «si rende presente nella difesa o nella promozione della dignità dell’essere umano, lo fa in conformità con la sua missione, che, pur essendo di carattere religioso e non sociale o politico, non può fare a meno di considerare l’uomo nel suo essere integrale». (13)

Dignitas infinita, includendo insieme sia l’opposizione all’aborto e all’eutanasia, sia la difesa dei diritti sociali, permette di percepire meglio l’armonia complessiva per una più profonda comprensione della visione cattolica. Ma proprio per questo, include anche una riflessione sulla dignità del corpo umano con tutte le sue conseguenze.

4. Il corpo


Non ci riferiamo al corpo in sé, ma al corpo di una persona, e non a quello di un cadavere, ma al corpo che appartiene alla persona, la esprime, le permette di entrare in relazione. Il “corpo” nella Bibbia, infatti, comprende la materia di questo corpo, ma è più di quella materia, perché è stato trasfigurato per diventare mezzo di espressione, di comunicazione, di incontro, di relazione. La corporeità è il nostro modo di riflettere le relazioni trinitarie in questo mondo. D’altra parte, senza il corpo non c’è in senso stretto una persona umana. Nella Somma Teologica si sostiene che per lo spirito umano, l’essere separato dal corpo «è fuori della sua natura». (14) E Dignitas infinita ricorda, citando il Catechismo, che «il corpo dell’uomo partecipa alla dignità di “immagine di Dio”». (15)

Il documento ci invita a riconoscere le conseguenze di questa convinzione quando rifiuta l’ideologia del genere e il cambiamento di sesso. Papa Francesco insegna che «il creato ci precede e dev’essere riconosciuto come dono. Al tempo stesso siamo chiamati a custodire la nostra umanità, e ciò significa anzitutto rispettarla e accettarla così come è stata creata». (16)

Il cambiamento di sesso non è un cambiamento meramente esterno o paragonabile a una chirurgia estetica normale o a un intervento per curare una malattia. Si tratta della pretesa di un cambio d’identità, di voler essere un’altra persona. In questo caso, la valutazione di se stesso, sotto l’influsso di un paradigma tecnocratico, ci porta a pensare che la libertà umana, resa onnipotente grazie alla tecnologia, può creare come vuole una realtà alternativa.

Non vogliamo essere crudeli e dire di non capire i condizionamenti delle persone e le profonde sofferenze che esistono in alcuni casi di “disforia” che si manifesta pure dall’infanzia. Quando il documento usa l’espressione “di norma”, non esclude che ci siano casi fuori della norma, come forti disforie che possono portare ad una esistenza insopportabile o persino al suicidio. Queste situazioni eccezionali si devono valutare con grande cura. Quello che diciamo è che l’ideologia che di solito accompagna tante decisioni di cambiamento di sesso includono la negazione della realtà data come dono, con l’idea che l’identità corporeo sessuale possa essere oggetto di un cambiamento radicale, sempre soggetta ai desideri e alle pretese della libertà di ognuno, alla stessa maniera della pretesa di onnipotenza che si trova dietro alle ideologie del genere.

Al termine di questo breve percorso riflessivo possiamo ribadire con sano orgoglio quanto disse San Paolo vi: «Nessuna antropologia eguaglia quella della Chiesa sulla persona umana». (17)


1
 S. Giovanni Paolo ii, Angelus con i disabili nella Chiesa Cattedrale di Osnabrück (16 novembre 1980): Insegnamenti iii/2 (1980), 1232.

2 S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae i-ii, q. 114, a. 5.

3 Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 213: AAS 112 (2020), 1045.

4 Ibid.

5 Nazioni Unite, Dichiarazione universale dei diritti umani (10.12.1948). Preambolo, URL: https://www.ohchr.org/en/human-rights/universal-declaration/translations/italian (accesso: 13.01.2025) (enfatizzazione dall’Autore).

6 Francesco, Esort. ap. Laudate Deum (4 ottobre 2023), n. 39.

7 S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, i, q. 29, a. 3, resp.: «persona significat id, quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in rationali natura».

8 Nel caso di una Persona divina, si tratta di una “relazione sussistente”. Nel caso di una persona umana si tratta della sussistenza di un essere razionale e di conseguenza “in relazione”, che realizza pienamente se stesso solo quando le sue relazioni sono trasfigurate dall’amore trinitario.

9 Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 269: AAS 112 (2020), 1065.

10 S. Paolo vi, Udienza generale (4 settembre 1968): Insegnamenti vi (1968), 886.

11 Benedetto xvi, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita (13 febbraio 2010): Insegnamenti vi/1 (2011), 218.

12 Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 8: AAS 112 (2020), 971.

13 S. Giovanni Paolo ii, Discorso alla iii Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano (28 gennaio 1979), iii.1-2: Insegnamenti ii/1 (1979), 202-203.

14 S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, i, q. 89, a. 2.

15 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 364.

16 Francesco, Esort. ap. Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 56: AAS 108 (2016), 344.

17 S. Paolo vi, Udienza generale (4 settembre 1968): Insegnamenti vi (1968), 886.