
da Izmir
Roberto Paglialonga
«Siamo una Chiesa che qui ha la possibilità di crescere nel dialogo con chi non è cristiano, oltre che naturalmente con le altre piccole comunità cristiane, come ortodossi o anglicani, con cui ci sono già eccellenti relazioni. Paradossalmente possiamo farlo con maggiore intensità e disponibilità proprio perché affrontiamo tutti la sfida di essere minoranze: tra noi è più facile trovarsi». Anche con le istituzioni del mondo islamico «c’è un rapporto positivo di collaborazione». Alla fine, come in tutte le cose, «è una questione di umanità e intelligenza». Incontriamo padre Alessandro Amprino, cancelliere dell’arcidiocesi di Izmir, a margine di una giornata che — in occasione di un viaggio organizzato dall’Opera romana pellegrinaggi, con la collaborazione dell’Ufficio cultura e informazioni dell’ambasciata di Turchia, per i 1700 anni del Concilio di Nicea — ci ha portato in diversi “luoghi santi” per il cristianesimo situati sulla costa ovest della penisola anatolica.
Il sacerdote, originario di Torino, racconta ai media vaticani che, «pur con alcune limitazioni, all’interno delle nostre comunità e parrocchie possiamo fare quasi tutto, abbiamo una capacità di agire nella quotidianità con le normali attività che caratterizzano la nostra vita cristiana». Naturalmente ci sono poi le sfide, perché «chiaramente tutta la parte esterna è più complicata», ma «noi siamo qui a vivere una vita ispirata al Vangelo, esprimendo dei valori umani. Il rispetto e la curiosità creano la relazione con l’altro».
Ciò che colpisce percorrendo da sud a nord la costa dell’attuale Turchia che affaccia direttamente sul Mar Egeo è «la dimensione storica della Chiesa», che da qui è diventata veramente universale, «ed è ciò che mi ha conquistato — confida — la prima volta che sono venuto a Izmir, nel 2017, chiamato da un amico che mi aveva chiesto di aiutarlo per il periodo di Natale. Dico sempre, parlando della mia storia personale, di essere stato invitato una prima volta; mi sono poi sentito chiamato, e in forza di quello infine accolto». In effetti, da Antiochia sull’Oronte a Efeso, fino a Nicea, tutto parla delle dimensioni originarie del cristianesimo, i cui punti essenziali in queste terre sono stati in qualche modo chiariti o definiti (la consustanzialità tra il Padre e il Figlio, la divinità di Maria, il Credo niceno-costantinopolitano), fino a diventare le colonne su cui poggia la fede in Cristo oggi. Un patrimonio religioso, teologico, storico, artistico, unico per il suo valore.
I 1700 anni del Concilio tenutosi a Nicea per volontà dell’imperatore Costantino (325 dopo Cristo) offrono ai giorni nostri una serie di sfaccettature su cui riflettere: «Anzitutto — osserva padre Amprino — la solidità e la bellezza della nostra fede, che è profondamente radicata in Cristo e nella riflessione della Chiesa. Con questo anniversario possiamo riscoprire le radici per crescere oggi. È una riscoperta che tutti possono fare, in particolare coloro che vivono fuori da questa terra. Per noi che siamo qui, significa tenere viva la fiamma delle origini ed essere porta aperta per tutti. Secondo, la testimonianza per tutti i cristiani che proprio in queste radici si può essere uniti: il tronco è lo stesso, e così dunque la linfa vitale, e poi ci sono i rami», diversi ma accomunati dall’unico centro. «Da qui, altro punto, il valore che riveste il dialogo ecumenico, per il quale la Turchia può essere un laboratorio». Senza dimenticare «naturalmente le importanti decisioni successive, prese nel Concilio di Efeso del 431 dopo Cristo che stabilì la divinità di Maria, Madre di Dio».
L’anniversario del primo Concilio di Nicea cade proprio nell’Anno santo dedicato alla speranza, tanto che anche Papa Francesco, nella bolla di indizione del Giubileo, lo ha voluto menzionare, esprimendo l’auspicio di poter essere qui nel mese di maggio per le sue celebrazioni. «In tal senso — spiega Amprino, che è anche il referente della Conferenza episcopale turca per il Giubileo — soprattutto aiutiamo i fedeli a capire che cos’è un Anno santo, perché lo si festeggia. Sembrano informazioni scontate, ma non lo sono. In questo periodo abbiamo poi lavorato per identificare le chiese giubilari, presso le quali si può acquistare l’indulgenza plenaria come a Roma o in Terra Santa». Esse sono: a Istanbul la cattedrale e la chiesa della Natività di Nostra Signora a Büyükdere (dove nel 2024 si verificò un attentato); la parrocchia di Bursa; a Izmir la cattedrale e la chiesa di San Policarpo; il santuario di Meryem Ana (la Casa di Maria a Efeso); la chiesa di Konya, nella parte centro-meridionale del paese, città visitata anche da san Paolo, secondo gli Atti degli Apostoli, e che dal 1097 al 1243 fu capitale del sultanato di Rûm (o sultanato di Iconio), creato dalla dinastia dei selgiuchidi che si erano impadroniti dell’Anatolia; infine, la chiesa dei Santi Pietro e Paolo ad Antiochia. Insomma, «cerchiamo di mettere le basi affinché il Giubileo sia accessibile a tutti e il suo messaggio arrivi: desideriamo che ciascuno, nel suo piccolo, si interroghi sulla propria responsabilità per fare in modo che un evento così porti frutto».