· Città del Vaticano ·

Bailamme

Quale Achille
vogliamo essere?

 Quale Achille vogliamo essere?  QUO-049
28 febbraio 2025

di Andrea Monda

A leggere i giornali a volte può venire lo sconforto, perché sembra che l’ingiustizia sia la dominatrice della storia e che la barbarie prevalga sull’umanità. La violenza e la crudeltà hanno sempre accompagnato le vicende degli uomini ma ultimamente abbiamo assistito a veri e propri show macabri in cui viene esibito come un vanto il potere sull’altro, sul corpo dell’altro, vivo, imprigionato, incatenato o, peggio ancora, già morto, quando invece proprio il culto dei morti è stato ed è l’inizio dell’affermazione dell’umano e di ciò che chiamiamo civiltà.

Si tratta insomma di scegliere quale Achille vogliamo essere: quello del libro 22 dell’Iliade che fa scempio del cadavere del nemico sconfitto o quello del libro 24 che, commosso dalla richiesta del vecchio padre Priamo, gli restituisce il corpo di Ettore?

L’Achille dell’ira superba o l’Achille che si disarma arrendendosi alla tenerezza? La tenerezza, questo è il punto. È quella forza rivoluzionaria che dovremmo liberare per sanare ferite di un mondo lacerato come ha auspicato tante volte Papa Francesco.

«Credo che quando la barbarie diventa normalità, la tenerezza è l’unica insurrezione» ha affermato il cantautore Simone Cristicchi. Di questa insurrezione ha fame il cuore umano come ha ricordato la poetessa Ada Merini: «Abbiamo fame di tenerezza in un mondo dove tutto abbonda».

Un’abbondanza che rischia di rivelarsi un deserto dove inaridisce ogni germoglio di stupore e quindi di speranza. Lo esprime efficacemente Albert Camus nei suoi Taccuini: «Dovessi scrivere io un trattato di morale, avrebbe cento pagine, novantanove delle quali assolutamente bianche. Sull’ultima poi scriverei: Conosco un solo dovere ed è quello di amare. A tutto il resto dico no... Questo mondo senza amore è un mondo morto e giunge sempre un’ora in cui ci si stanca delle prigioni, del lavoro, del coraggio per reclamare il volto di un essere e il cuore meravigliato della tenerezza».