
di Elio Alfonsi e Piero Di Domenicantonio
Via Marsala la conoscono un po’ tutti, non solo i romani. Insieme con via Giolitti, dalla parte opposta, e ancor più con piazza dei Cinquecento — rimessa a nuovo in occasione del Giubileo — rappresenta una delle principali “porte” di Roma, attraversata ogni giorno da migliaia di persone che vanno e vengono dalla Stazione Termini.
Insieme a viaggiatori e turisti provenienti da tutto il mondo, lungo questa strada, che corre parallela al ventaglio dei binari dello scalo ferroviario, transitano e sostano anche molte persone in difficoltà, uomini e donne di tutte le età, senza dimora, che non sanno dove altro andare, che vivono di elemosine, di qualche espediente e di tanta solitudine.
I più preferiscono scansarle, far finta di non vederle. Altri vorrebbero cacciarle via, perché la povertà non è bella da vedere ed è meglio nasconderla sotto il tappeto. E poi c’è sempre qualche influencer palestrato che arriva gridando allo scandalo invocando decoro e sicurezza.
Ma, su questa strada, c’è anche chi cerca di prendersi cura di loro: schiere di volontari che portano cibo, coperte e una parola d’aiuto. E molto di più. Se camminate per via Marsala fino in fondo — e forse anche questo potrebbe essere un itinerario giubilare — vedreste tante strutture approntate proprio per offrire assistenza agli “ultimi” di questa città. Innanzitutto c’è l’Ostello della Caritas, intitolato a don Luigi Di Liegro, dove trovano un letto al coperto quasi duecento persone. Accanto, la mensa, aperta ogni sera per dare un pasto caldo a chiunque ne abbia bisogno. Ci sono, poi, il Poliambulatorio e il Centro d’ascolto, gestiti sempre dalla Caritas di Roma, dove chi ha difficoltà ad accedere al servizio sanitario nazionale può ricevere cure mediche e chi chiede aiuto per riprendere in mano la propria vita trova ascolto ed assistenza. E, ancora, ci sono i locali, da poco rimodernati, di Binario 95 dove ci si può fare una doccia, lavare la biancheria e anche semplicemente passare un po’ di tempo in compagnia. Infine, c’è una delle quattro tensostrutture messe in piedi dal Comune in occasione dell’Anno Santo perché, a Roma, il dramma delle persone senza casa è enorme e di posti letto al coperto non ce ne sono a sufficienza.
Sono piccole e grandi realtà che offrono una risposta d’emergenza a chi, per motivi diversi, si trova in una condizione di bisogno, a chi non ha nulla, a cominciare dal calore di una famiglia. È proprio per questo che ci piace chiamare via Marsala la via dell’accoglienza.
Su questa strada, da poche settimane, si è aggiunto un altro seme di speranza a quelli già presenti. È il Centro giovanile Don Bosco che, dopo alcuni mesi di chiusura, ha riaperto i battenti proprio di fronte all’ingresso della Stazione Termini, nei locali rinnovati della casa generalizia della congregazione dei salesiani. Siamo andati a visitarlo proprio il giorno della riapertura e lo abbiamo trovato già pieno di ragazzi e ragazze che chiedevano informazioni o si iscrivevano ai corsi di lingua italiana per stranieri. Ad accoglierci c’era don Javier Ortiz Rodríguez, il parroco della Basilica del Sacro Cuore — che si affaccia proprio accanto alle vetrine del centro e dove ogni mese distribuiamo il nostro giornale —, che ci ha presentato don Renato Di Furia, arrivato a Roma da pochi mesi proprio per prendere in mano l’organizzazione del centro giovanile.
«L’apertura del centro in questo luogo e in questi spazi — ci ha spiegato don Renato — è stata fortemente voluta dal nostro superiore generale. Questo posto, proprio di fronte a uno degli ingressi della Stazione Termini, faceva gola a molti. Ma lui è stato fermo, determinato e ha voluto che proprio qui, in bella vista, riprendesse vita questo luogo per farne casa, chiesa, scuola e cortile per i giovani. Prima l’attività era molto concentrata sui corsi di italiano per migranti e rifugiati. Ora vogliamo aprirci anche agli italiani e agli studenti delle facoltà universitarie che sorgono qui vicino. Insomma a tutti. L’idea è di fare di questi spazi un luogo d’incontro, un punto di ritrovo, di formazione e di socializzazione. Tutto nella semplicità dello stile che ci caratterizza, ma anche nella concretezza di dire: aiutiamo questi ragazzi a prendere consapevolezza della propria vita nei confronti degli altri, a mettersi a disposizione, al servizio».
Lo spirito di amicizia e di fraternità lo si percepisce subito dal sorriso delle ragazze e dei ragazzi che curano l’accoglienza. È bello pensare a una “casa dei giovani” dove non si fanno distinzioni di razza, di religione, di stato sociale. Dove si mescolano le idee, i modi di vivere e, nel confronto, si cresce insieme.
«Sto pensando a qualche attività da proporre — spiega don Renato —, ma in questo momento vorrei che ci mettessimo soprattutto in ascolto dei ragazzi per capire quali sono le loro esigenze, i loro desideri per poi poterli concretizzare. Sicuramente continueremo con i corsi di italiano per stranieri, ma anche con corsi di lingua straniera per gli italiani, corsi di informatica e anche per prendere la patente di guida. Il resto? Lo vedremo strada facendo, insieme con i giovani».
Elio, che ha fatto l’agente immobiliare per tutta la vita, si guarda intorno e poi sbotta. «Ho sempre pensato che un immobile commerciale potesse essere usato solo per fare soldi. Oggi ho scoperto che non è così. Questo grande locale a ridosso della Stazione Termini potrebbe essere affittato a cifre da capogiro. E, invece, è stato messo a profitto sì, ma a beneficio di tutti».
D’altra parte, via Marsala, la via dell’accoglienza , è capace anche di fare “miracoli”.