· Città del Vaticano ·

«Amiamoli e proteggiamoli»

 «Amiamoli  e proteggiamoli»  ODS-029
01 marzo 2025

di Guglielmo Gallone

Intimorito, ma incuriosito, accovacciato in un angolo, circondato da un terreno arido e dimenticato, un bambino si nasconde dietro il busto di un adulto che gli indica il vecchio mondo e, così facendo, gli annuncia quello nuovo. Di fronte a loro, il pianeta Terra, rappresentato come un uovo perché simbolo di perfezione e purezza, è tagliato in due da un individuo che si sbraccia per uscire, facendo leva su due Oceani, l’Artico e l’Atlantico. L’Europa, tanto piccola quanto debole, è schiacciata. Il Sud America e l’Africa, ingigantiti. Il Nord America è lui, l’individuo che, in quell’intercapedine, esce ed entra, guarda ed è guardato, nasce. È l’uomo nuovo, così come Salvador Dalì lo aveva pensato e rappresentato, nel 1943, nel suo dipinto Geopoliticus Child Watching the Birth of the New Man.

Siamo partiti dal surrealismo e in particolare da questo quadro per ricordare come, anche di fronte a una situazione che di reale ha ben poco, si può alzare un primo, flebile vagito. Persino quando avvengono cambiamenti d’epoca, quando una pandemia imperversa oppure quando i popoli si fanno la guerra, un bambino nasce. E, dove per tutti la speranza sembra perduta, lui s’affanna per respirare, piange per essere accolto, scalcia per manifestare la sua esistenza. Lungi dall’essere contraddizione, questa situazione è pura testimonianza di vita perché, come ha ricordato Papa Francesco nel discorso al summit sui diritti dei bambini tenutosi in Vaticano lo scorso 3 febbraio, «nulla vale la vita di un bambino» (il testo integrale è riportato a pagina 2). Né gli interessi economici, né la ricerca della felicità personale, né le crisi, né tantomeno le guerre. Dunque, riprendendo ancora le parole del pontefice, «ascoltare i bambini che oggi vivono nella violenza, nello sfruttamento o nell’ingiustizia serve a rafforzare il nostro “no” alla guerra, alla cultura dello scarto e del profitto, in cui tutto si compra e si vende senza rispetto né cura per la vita”, soprattutto quella piccola e indifesa».

Per farlo, ci siamo affidati a chi il grido dei bambini lo ascolta ogni giorno, nonostante il rumore delle armi che imperversa e il timore che avvolge un’intera comunità spesso incapace di sperare. Valentina Sala è una suora di San Giuseppe dell’Apparizione, con anni di esperienza nell’ospedale di St. Joseph a Gerusalemme est, dove nascono bambini di ogni fede in un contesto di tensioni e conflitti. Padre Enwan, invece, opera come medico nell’ospedale di Foyer Bethléem di Port au Prince, Haiti, vecchia residenza dei padri camilliani trasformata in casa di accoglienza per bambini disabili, abbandonati o portatori di handicap rifiutati dai familiari.

Due scenari accomunati dalla complessità e da numeri tragici, eppure trattati in modo troppo diverso dai mezzi di comunicazione, che tendono a dare priorità all’uno anziché all’altro, come se esistesse una classifica delle guerre. Il concetto di «terza guerra mondiale a pezzi», coniato ed evocato spesso da Papa Francesco, va nella direzione totalmente opposta e, ricordando come tanti singoli conflitti possono costituirne uno più grande, trova purtroppo conferma nei dati.

Nel 2024 ci sono stati almeno 56 conflitti nel mondo, una delle cifre più alte dal periodo della seconda guerra mondiale. Dal 2021 ad oggi, secondo i dati della fondazione Cooperazione e sviluppo Cesvi, le aree di conflitto sono aumentate del 65 per cento. È all’interno di questi quadri che, oggi, si fa largo l’uomo nuovo, con tutte le sue contraddizioni e necessità, stremato quanto desideroso di comprendere il «cambiamento d’epoca» che stiamo attraversando. Ed è qui che un bambino, sì incuriosito e intimorito, ma non più accovacciato in un angolo, anzi messo al centro da eventi ingiustificabili, s’affaccia al mondo nuovo.