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Omelie che non sfamano: qualche modesta
proposta creativa

 Omelie che non sfamano: qualche modesta proposta creativa  DCM-003
01 marzo 2025

Per i cristiani l’Eucarestia domenicale è il centro propulsivo della settimana, ma, mentre il nutrimento che viene dal corpo di Cristo è un dono certo, il sostentamento che dovrebbe venire, invece, dal "ruminare" (immagine molto cara alla spiritualità monastica) la liturgia della Parola, spesso lascia i fedeli affamati, se non con qualche problema di digestione.

C’è un’aspettativa sull’omelia in chi ha fame, che porta alcuni persino a cambiare parrocchia. D'altronde, chi vuole mangiare a lungo ciò che non ha sapore o che persino è amaro?

Il primo problema è che le omelie sono ancora troppo infarcite di moralismi e prescrizioni che allontanano al posto di avvicinare e non favoriscono una libera crescita personale. Il Vangelo, col suo messaggio rivoluzionario e liberante, rischia di essere ridotto a una serie di norme di comportamento, perdendo così la sua carica profetica e trasformativa.

Il secondo problema è la mancanza di dialogo. Le omelie sono quasi sempre monologhi, in cui il sacerdote parla e i fedeli ascoltano passivamente. Non è tenuto in conto il valore del confronto e di una partecipazione attiva che potrebbe arricchire molto la riflessione comune sulla Parola. Non di rado ci si limita a trasmettere un messaggio precostituito senza spazio per il dubbio e la ricerca condivisa.

Troppo spesso, inoltre, mancano elementi esegetici, interpretativi, di qualità e la capacità di saperli leggere e collegare alla luce del tempo presente.

Seguendo il pensiero pedagogico di Bruno Munari, che proponeva materiali di qualità per stimolare la creatività nei bambini, si potrebbe adottare un metodo simile per le omelie. Munari affermava: «La creatività si scopre, si libera, non si insegna». Credeva che offrire materiali e spunti di qualità senza imporre interpretazioni univoche permettesse di esplorare e far proprie le conoscenze. E che lasciar sperimentare liberamente con forme, colori e materiali, stimolasse pensiero critico e creatività. E allora: nelle omelie, non si potrebbe iniziare con una introduzione esegetica di qualità, seguita da uno spazio di silenzio per la riflessione personale e, perché no, da un breve momento di condivisione tra fedeli o di domande rivolte all’assemblea? Emergerebbero così letture creative capaci di rendere la liturgia stimolante e vissuta.

Infine, immaginiamo quanto arricchente sarebbe ascoltare, oltre alle voci dei sacerdoti, anche quelle di laici – donne e uomini – altrettanto preparati. Quante nuove preziose chiavi di lettura per l’intera comunità potrebbero scaturirne?

di Miriam Francesca Bianchi
Laureata in Scienze Filosofiche, dottoranda in Teologia, docente