Come un’unica grande famiglia vicini e uniti

di Lorena Leonardi
«Caro Francesco, voglio che guarisci presto ed esci dall’ospedale». È l’augurio di una bimba, corredato da un disegno che raffigura il Papa su un prato fiorito in una bella giornata di sole. Un’altra bambina — «Spero che guarirai presto perché così ti potrò abbracciare» — si ritrae accanto al Pontefice a braccia tese, circondata da cuoricini e uccellini. Un maschietto spera possa «passare presto tutta questa tosse» che costringe il Santo Padre al ricovero. E una piccola di 8 anni scrive: «Siamo tutti con te e ti stiamo aspettando».
Dopo i bambini del reparto di oncologia pediatrica del Policlinico Gemelli — i primi ad aver inviato al Pontefice messaggi e letterine — nuovamente un moto di affetto raggiunge Francesco, stavolta da parte degli alunni delle scuole italiane, che gli fanno recapitare disegni, bigliettini e preghiere. E mentre i più piccoli impugnavano matite e pennarelli per colorare il desiderio di avere di nuovo il Papa pienamente in salute, l’intera Chiesa italiana si è mobilitata in termini di vicinanza spirituale, organizzando veglie e celebrazioni.
Ieri, domenica 23 febbraio, la chiesa di San Domenico a Bologna era gremita in occasione del Rosario guidato dal cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo della città e presidente della Conferenza episcopale italiana. Un’occasione, ha sottolineato il porporato, per chiedere al Signore di sostenere Francesco «in questo momento di sofferenza, perché trovi sollievo, possa ristabilirsi al più presto» e «tornare al suo servizio per la Chiesa e per il mondo intero.
Farà piacere al Papa il fatto che, insieme a lui — ha proseguito Zuppi — ricordiamo tutti gli ammalati, anche quelli dimenticati: le persone sole, quanti vivono la malattia segnati dalla violenza e dalla guerra».
A partire dall’iniziativa concretizzatasi a Bologna, sono state rinnovate al Pontefice «la vicinanza e l’affetto» di tutte le comunità ecclesiali italiane: quello di ieri sera, infatti, è stato il primo atto della preghiera corale per la stessa intenzione, che proseguirà anche nei prossimi giorni. «È la scelta che si fa nelle famiglie, quando c’è il papà o la mamma che stanno male. Ci si ritrova insieme e si prega, perché come cristiani questo possiamo fare e questo siamo chiamati a fare», ha detto da parte sua il cardinale Baldassare Reina nel saluto introduttivo alla messa con una speciale intercessione per la salute di Papa Francesco, che il vicario di Roma ha presieduto ieri pomeriggio nella basilica papale di San Giovanni in Laterano.
Dalla cattedrale fino alla parrocchia più periferica della città, la supplica si è levata unanime, in comunione di fede, in tutte le realtà diocesane, secondo l’invito del cardinale vicario: «Questa sera vorremmo in qualche modo far giungere al nostro vescovo il nostro affetto e il nostro abbraccio e soprattutto la nostra preghiera. Tutti insieme, come un’unica grande famiglia. I presbiteri, i diaconi, i seminaristi, i religiosi, le religiose e tutto il popolo santo di Dio. Vogliamo bene al nostro vescovo e vorremmo davvero che questo affetto si traducesse in preghiera, affidando tutto al Signore e chiedendo che il Signore gli doni tanta forza».
Nell’omelia, poi, Reina ha ricordato come Papa Francesco abbia insegnato che è possibile «scrivere pagine di Vangelo» con «le parole, i gesti e l’insegnamento magisteriale». Come a proposito del perdono, tema al centro della lettura del giorno: «Vivere il perdono, il Papa lo annuncia da tempo. E allora ai popoli che sono in guerra chiede di tendersi la mano, piuttosto che alzare l’uno il braccio contro l’altro. Chiede la misericordia. Sappiamo quanto ha insistito su questo tema. Chiede l’abbraccio fraterno tra tutti coloro che abitano la casa comune, al di là delle confessioni, delle religioni e delle diverse culture. Nel suo essere profeta in mezzo a noi — ha sottolineato il porporato —, davvero Papa Francesco ci ha insegnato che è possibile realizzare nella nostra carne e nella nostra vita una pagina così difficile come quella del perdono e della misericordia. Ed è con tutto l’affetto possibile che noi vogliamo sostenerlo. Vogliamo assicurargli la nostra preghiera, la nostra vicinanza, la nostra gratitudine. Le domande si affollano, i medici e quant’altro. Noi preferiamo seguire la via di Dio, che sa tutto e può tutto. E con grande forza e con grande fede vogliamo chiedere al Dio della vita — ha concluso il cardinale vicario — che doni vita e salute e forza al nostro vescovo, perché altre pagine di Vangelo continuino a vivere attraverso il suo insegnamento, attraverso la sua parola, attraverso quello che è stato, è e sarà capace di fare».
Racconta la «filiale devozione» dei fedeli e la voglia di «testimoniare» al Papa riconoscenza il cardinale Augusto Paolo Lojudice, presidente della Conferenza dei vescovi della regione Toscana: «La sua figura è un punto di riferimento importante e determinante per la nostra vita nella Chiesa», specialmente in un momento in cui i valori del Vangelo — «solidarietà, accoglienza, rispetto della vita in ogni sua forma» — sono «quasi esclusi dalla vita quotidiana».
Ma la Chiesa italiana non è la sola a porsi al fianco di Francesco in questo momento: ai media vaticani, l’arcivescovo di Homs dei Siri, Yagop (Jaques) Mourad, ha dichiarato che nelle 12 parrocchie della diocesi sono state celebrate messe e sgranati rosari ogni giorno da quando il Pontefice si trova al Gemelli: «Noi cristiani della Siria conosciamo molto bene quanto il Paese fosse nel cuore e nelle preghiere quotidiane del Papa. Quindi, questo è il minimo che possiamo fare per lui: pregare per la sua salute e la grazia che il Signore ha messo attraverso di lui per il rinnovamento della nostra Chiesa, che deve essere di tutti i popoli del mondo. La missione di Papa Francesco non è ancora completata, abbiamo ancora bisogno di lui».
Commozione e speranza hanno animato i pellegrini riuniti ieri mattina — nonostante la consapevolezza che non vi sarebbe stato l’Angelus — in piazza San Pietro, dove già nella serata di sabato si erano riversati spontaneamente soprattutto giovani per un momento di raccoglimento.
In tanti hanno affollato anche le piazze virtuali, quelle dei social network, in un pacifico controcanto alle fake news basato su post di incoraggiamento e supporto benevolo.
Anche quanti lo hanno in cura — cui più volte Francesco ha rivolto loro pensieri di gratitudine — si stringono attorno al Pontefice per esprimergli «in maniera ancora più forte» sostegno in questo momento di prova e di sofferenza. Il Policlinico Gemelli e la sede romana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore hanno infatti reso nota stamani l’adesione all’invito della Cei a intensificare la preghiera per il Papa. Dunque da oggi, 24 febbraio, e per tutto il tempo in cui si protrarrà la degenza del Santo Padre, nella cappella ospedaliera intitolata a San Giovanni Paolo ii ogni mattina si svolge, dalle 12 alle 13, un’ora di adorazione eucaristica seguita dalla celebrazione della messa. In entrambi i momenti si prega in modo speciale per il Papa e, con la stessa intenzione, alle 16.30 si svolge la recita del Rosario sotto la grande statua di Papa Wojtyła nel piazzale antistante il Policlinico. Anche la messa delle 17 viene celebrata con le medesime finalità. Alla messa odierna delle 13.05 presieduta dall’arcivescovo Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dell’Azione cattolica italiana, ha preso parte l’intero Consiglio di amministrazione della Fondazione Gemelli, con la rettrice Elena Beccalli.