
di Isabella Piro
«L’artista ha una luce che brilla attraverso di lui, ma non sa da dove viene»: lo diceva Michael Lonsdale, attore ma anche presidente, negli ultimi nove anni della sua vita, della Diaconia della bellezza, movimento nato a Roma nell’ottobre 2012, in occasione del Sinodo sulla nuova evangelizzazione, come servizio per restituire gli artisti alla bellezza e la bellezza agli artisti, affinché possano diventare a loro volta testimoni della bellezza di Dio.
In questi giorni, una rappresentanza di circa trenta membri della Diaconia, guidati dalla fondatrice Anne Facérias, ha preso parte al Giubileo degli artisti e del mondo della cultura. Il pellegrinaggio dell’Anno Santo è coinciso con il Simposio che il movimento tiene ogni anno intorno al 18 febbraio, memoria liturgica del Beato Angelico, proclamato patrono universale degli artisti nel 1982 da san Giovanni Paolo ii.
«Il Giubileo — afferma ai media vaticani Facérias — è un momento di ringraziamento per i nostri talenti, un modo per metterli nelle mani di Dio in uno spirito di umiltà e di servizio». Il tema giubilare della speranza, prosegue, «è al centro di ogni creazione artistica. A volte, anche nel buio della fede, l’artista vive di speranza per ritrovare la luce di Dio. E la speranza passa attraverso i santi, che sono certamente i più grandi artisti di Dio». Non a caso, il Simposio in programma in questi giorni è incentrato sulla figura del beato Pier Giorgio Frassati, che sarà canonizzato il 3 agosto e che è tra i protettori della Diaconia.
La sera del 16 febbraio i membri del movimento hanno attraversato la Porta Santa, in occasione della “Notte bianca” degli artisti, organizzata dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione. «Compiere questo passaggio — racconta Facérias — ci ha fatto sentire di appartenere veramente alla Chiesa. Abbiamo potuto sperimentare il nostro ministero di artisti e creatori e ci siamo rinnovati interiormente. Il viaggio che abbiamo fatto nella penombra di San Pietro è stato di rara intensità. La musica di un violoncello, l’illuminazione ridotta e il silenzio ci hanno uniti: è stato un momento indimenticabile di bellezza, semplicità e grande sobrietà».
Soffermandosi, poi, sugli obiettivi della Diaconia, la fondatrice sottolinea che essi sono un invito agli artisti e ai non artisti a «seguire la via della bellezza nella sequela di Colui che è la via, la verità e la vita».
«Le nostre società — evidenzia la donna — soffrono di una mancanza di bellezza, di significato e di spiritualità. E in una società individualista, priva di punti di riferimento e tagliata fuori dalle sue radici, l’artista è in crisi di soggetto, identità e messaggio. Perché l’arte non è autosufficiente; la sua unica ragion d’essere è esprimere la trascendenza e la verticalità dell’essere umano, credente o meno».
Ricordando, poi, il grande contributo della Chiesa nella «creazione di un patrimonio sacro e culturale unico», Facérias mette in luce che, all’interno del movimento da lei fondato, «gli artisti cercano di vivere insieme la loro ricerca della verità e la loro passione. La Diaconia può aiutarli ripristinando il ruolo dell’artista come mediatore tra “cielo” e “terra”».
Un compito quanto mai importante, soprattutto in un’epoca come quella contemporanea, in cui trovare la bellezza sembra una “missione impossibile”, nascosta come è da guerre, conflitti e crisi di ogni genere. Eppure, chiarisce Facérias, si può ancora incontrare la bellezza, soprattutto «nella speranza che abita i nostri cuori. Prima di essere percepibile ai nostri sensi, infatti, la bellezza è innanzitutto interiore, specchio della purezza e della disposizione del cuore, riflesso dell’amore per Dio e per il prossimo. L’esperienza della bellezza è infatti complementare all’amore per il prossimo».
La Diaconia mette in pratica questo insegnamento in diversi modi: con incontri mensili di preghiera e testimonianza; con simposi annuali incentrati su arte fede; con festival della bellezza ospitati da molti Paesi del mondo, dalla Francia all’Italia al Madagascar alle isole Mauritius; e con le residenze per artisti in difficoltà, presenti soprattutto in Francia e attraverso le quali si organizzano seminari e corsi specifici.
Anne Facérias si dice, infine, rammaricata di non aver potuto incontrare, in occasione del Giubileo degli artisti, Papa Francesco, a causa del suo ricovero in ospedale. Al contempo, la donna ricorda l’udienza svoltasi un anno fa, nel febbraio 2024, durante la quale il vescovo di Roma ha esortato i membri del movimento ad essere «cantori dell’armonia tra i popoli, cantori dell’armonia tra le culture e le religioni», perché in un momento storico in cui l’umanità «è scossa da ogni tipo di violenza, guerre e crisi sociali», c’è bisogno di «uomini e donne che ci facciano sognare un mondo diverso, un mondo bello, una nuova civiltà dell’amore».