· Città del Vaticano ·

Una campagna dell’Unhcr per il diritto all’istruzione dei bambini rifugiati

Coloriamo il futuro

Palestinian children play at a United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees (UNRWA) ...
17 febbraio 2025

di Valerio Palombaro

Guerre, violenze, fenomeni climatici estremi e povertà rendono incerto il futuro di tanti bambini nel mondo, costretti ad abbandonare le proprie case per adattarsi a nuovi contesti. Quasi la metà dei 14,8 milioni di bambini rifugiati in età scolare nel mondo sono esclusi dal sistema educativo. Come emerge dall’ultimo rapporto dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), sono 7,2 milioni i bambini rifugiati che non hanno accesso a scuola. Numeri particolarmente allarmanti, che sono stati recentemente oggetto dell’attenzione di Papa Francesco: «Tutti i bambini e i giovani hanno diritto a frequentare la scuola, indipendentemente dalla loro situazione migratoria», ha affermato il pontefice nel video con l’intenzione di preghiera per il mese di gennaio 2025.

La scuola, soprattutto durante le guerre e le crisi umanitarie, è un presidio per i bambini contro i rischi di reclutamento forzato in gruppi armati, lavoro minorile, sfruttamento, violenza sessuale, gravidanze e matrimoni precoci. Garantire accesso all’istruzione, per portare colore e speranza nella vita di milioni di bambini in fuga da guerre e violenze, è l’obiettivo di “Coloriamo il futuro dei bambini rifugiati”, la campagna dell’Unhcr aperta a tutti fino al 23 febbraio tramite l’invio di un sms al numero solidale 45588 o chiamando da rete fissa. I fondi raccolti sosterranno il programma “Primary Impact” in 26 Paesi — tra cui Sudan, Siria, Yemen, Etiopia, Burkina Faso e Niger — al fine di garantire l’accesso alla scuola primaria a 250.000 bambini entro il 2027 e ad assicurare che altri 500.000 iscritti non abbandonino l’istruzione.

«Lo status giuridico dei bambini rifugiati può incidere sui diritti e limitare l’accesso a servizi essenziali come l’istruzione», sottolinea ai media vaticani Chiara Ghisi, esperta di protezione internazionale e coordinamento in contesti di emergenza per l’Unhcr. «Altri ostacoli — prosegue — includono le barriere linguistiche e il mancato riconoscimento delle qualifiche pregresse. A queste difficoltà si aggiungono quelle psico-emotive: il trauma vissuto durante la fuga e la separazione dalla famiglia e dalla comunità rendono i bambini rifugiati particolarmente vulnerabili». Spesso privi di un sostegno adeguato, questi fattori ostacolano non solo l’inserimento in un nuovo contesto educativo, ma anche il processo di integrazione a lungo termine. «Inoltre — osserva Ghisi — le migrazioni forzate spesso comportano la perdita dei mezzi di sussistenza, rendendo più difficile per le famiglie rifugiate sostenere l’istruzione dei propri figli. Anche i costi per i libri, gli zaini e le uniformi, possono essere per loro inaccessibili».

Secondo l’esperta dell’Unhcr, «in un contesto in cui il 75% delle persone costrette alla fuga è ospitato in Paesi a basso e mezzo reddito, la sfida è legata alle risorse e alla capacità dei sistemi educativi di rispondere alla crescente domanda di istruzione». In questi Paesi, spesso i bambini rifugiati e delle comunità locali affrontano sfide comuni, tra cui la mancanza di infrastrutture adeguate, classi sovraffollate, carenza di materiali didattici, di insegnanti e un sistema che fatica a rispondere alle esigenze di tutti e spesso lascia indietro i più vulnerabili. «L’Africa subsahariana, ad esempio, conta un alto numero di bambini non scolarizzati, con una grave carenza di scuole e risorse, condizioni che svantaggiano in particolare i bambini rifugiati», conclude Ghisi.

L’Unhcr, in Africa, è al fianco dei diritti dei bambini ad esempio in Etiopia. Un Paese dove solo la metà dei minori rifugiati frequenta la scuola. «Poiché la maggior parte dei bambini rifugiati vive in aree remote del Paese, molte di queste località spesso non hanno strutture scolastiche adeguate sia per i rifugiati che per i bambini delle comunità ospitanti», ci racconta Lucrezia Vittori, associate communications officer per Unhcr in Etiopia. «Quei bambini che sono in grado di andare a scuola, spesso finiscono per studiare in aule sovraffollate con circa 100 studenti per classe, rispetto allo standard nazionale di 50 studenti per classe», afferma Vittori, facendo notare che, con l’avanzare dell’età, l’abbandono scolastico «aumenta esponenzialmente».

Ma l’Unhcr lavora in collaborazione con le autorità locali per superare questi limiti, nell’ottica di dare un futuro ai minori e di favorire l’accesso dei rifugiati alle opportunità di lavoro. Il governo etiope lavora per ampliare l’accesso dei rifugiati ai servizi nazionali, comprese le opportunità di istruzione. «Sta lavorando per migliorare la capacità di includere i rifugiati nei programmi di istruzione e formazione tecnica e professionale, poiché sono fondamentali per creare opportunità di occupazione», osserva Vittori, spiegando che l’obiettivo è «offrire una formazione professionale inclusiva di qualità e accreditata che soddisfi la domanda del mercato del lavoro sia per le comunità ospitanti che per quelle di rifugiati entro il 2027».

Nel 2024 già sono stati ottenuti alcuni risultati: oltre 2.470 rifugiati hanno avuto accesso all’istruzione superiore nelle università pubbliche in Etiopia e alla formazione tecnica e professionale. Nella capitale Addis Abeba, solo a dicembre 2024, 146 rifugiati che vivono in contesti urbani si sono diplomati in un anno di formazione tecnica e professionale in fabbricazione di mobili, lavorazione della pelle, grafica, installazione elettrica, assistenza, fashion design, fotografia e installazioni solari. Storie di riscatto che lasciano sperare in un futuro “a colori” per tanti bambini oggi lontani dalle loro case e senza punti di riferimento.