· Città del Vaticano ·

Intervista del cardinale Parolin a «L’Eco di Bergamo»

Tutti possono
contribuire alla pace

 Tutti possono  contribuire alla pace  QUO-038
15 febbraio 2025

di Tiziana Campisi

La tregua fra Hamas e Israele, la guerra in Ucraina, la situazione in Siria, la presenza dei cristiani in Medio Oriente, la pace nel mondo, le problematiche della realtà contemporanea e la Chiesa, le speranze che animano il Giubileo: sono alcuni dei temi affrontati dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin nell’intervista concessa al direttore del quotidiano «L’Eco di Bergamo» Alberto Ceresoli e pubblicata oggi, 15 febbraio.

La prima domanda verte sul cessate-il-fuoco a Gaza e il porporato auspica che possa essere «permanente, che metta fine alla sofferenza del popolo palestinese» nella Striscia «e nel resto della Palestina». «Ora bisogna dare segni di speranza ad entrambi: sia agli israeliani che ai palestinesi».

Quanto alla Siria «c’è bisogno di comprendere verso quale direzione si sta andando» e serve un accompagnamento «lungo la strada dell’inclusività e della convivenza armonica». L’auspicio del segretario di Stato vaticano è che la comunità internazionale, e in particolare le nazioni vicine, aiutino il Paese a rimanere territorialmente integro, «soccorrendo la popolazione nelle povertà che la guerra ha generato in questi lunghi anni». Le difficili realtà socio-politiche nel Medio Oriente portano all’interrogativo sul ruolo che oggi lì possono avere i cristiani, non una minoranza, specifica il cardinale Parolin ma una «componente» essenziale e imprescindibile, che ha «sempre contribuito allo sviluppo e al progresso dei loro Paesi». Quanto alla Terra Santa, invece, «ogni cristiano dovrebbe potervisi recare liberamente e senza restrizioni», dice il porporato senza dimenticare gli altri luoghi santi in Egitto, Libano, Siria e Giordania.

A proposito dell’Ucraina, invece, Parolin afferma che «tutti possono contribuire alla pace» ma che «le soluzioni non devono essere mai perseguite attraverso imposizioni unilaterali», con il rischio «di calpestare i diritti di interi popoli, altrimenti non vi sarà mai pace giusta e duratura». Nella diplomazia occorre «un approccio che superi la logica dello scontro e favorisca il dialogo inclusivo — aggiunge —, la pazienza e la costruzione di fiducia tra le parti” e per questo «è fondamentale credere nel “multilateralismo” e rafforzare il ruolo delle istituzioni internazionali». Ma per «fare la pace», sottolinea il cardinale, occorre «coraggio», come insiste Papa Francesco, «giustizia e perdono, tre valori che sembrano sempre più assenti nella società contemporanea». All’Europa, poi, perché «sappia affrontare le grandi sfide», sia «culturali» che «commerciali», il cardinale segretario di Stato ripete «il monito di San Giovanni Paolo ii, ripreso anche da Papa Francesco: “Europa ritrova te stessa, sii te stessa!”, mentre di fronte, poi, ad «ateismo pratico, populismo, analfabetismo religioso e religione ‘fai da te’», se certamente c’è da preoccuparsi, bisogna anche guardare a fenomeni incoraggianti, come la richiesta di molti giovani, in Francia di essere battezzati. Ma i cattolici devono chiedersi se, con la propria testimonianza, fede, speranza e carità, il Vangelo continua «ad essere ‘sfidante’».

Ulteriore argomento approfondito nel colloquio con la testata bergamasca è la presenza dei laici, e in particolare delle donne, nella Chiesa. Per il porporato si tratta di un «protagonismo» che «deve trovare concreta applicazione in tutti gli ambiti ecclesiali, a cominciare dalla parrocchia», anche «nella promozione delle vocazioni sacerdotali». Infine il Giubileo: «è tempo di riconciliazione, in quanto richiama al pentimento dei propri peccati e alla conversione», ma per questo «forse un cammino quotidiano», suggerisce il cardinale, è «di riscoprire il senso del peccato e di fare l’esperienza liberante del perdono del Signore, soprattutto nel Sacramento della Penitenza».