· Città del Vaticano ·

Un webinar sulla comunicazione ai tempi di Sinodo e Anno Santo

Raccontare ascoltando tutti

 Raccontare ascoltando tutti  QUO-036
13 febbraio 2025

di Edoardo Giribaldi

Le storie di speranza e sinodalità, da raccontare negli inverni del mondo con fiducia, perché «al tempo giusto il fiore sboccerà». Ciascun germoglio con la sua dignità, in un giardino all’interno del quale non mancano le storie della Chiesa, che in un mondo oggetto di «crescenti polarizzazioni» e «perdita di fiducia» nelle istituzioni, ha saputo aprirsi a un «ascolto autentico» durante l’ultima Assemblea sinodale. Arrivando, talvolta, perfino a farsi «ferire» dal peso di certe parole, che tuttavia, quando non usate come «armi», diventano il preludio a discussioni di «speranza e vita» di cui oggi c’è più che mai bisogno. Sotto questi auspici si è tenuto ieri, 12 febbraio, il webinar “ComunicAzione per costruire comunità”.

A promuoverlo NetOne, associazione di professionisti dei media legati alla spiritualità del Movimento dei focolari, in collaborazione con la segreteria generale del Sinodo dei vescovi, i Dicasteri per la Comunicazione e per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale (Dssui), il Cammino sinodale della Chiesa in Italia e altre realtà. All’incontro — che segue quello del 7 marzo 2024 dal titolo Quale comunicazione per la sinodalità? — sono intervenuti, tra gli altri, Alessandro Gisotti, vice direttore editoriale dei media vaticani; Kim Daniels, membro del Dicastero per la Comunicazione, coordinatrice del Gruppo di studio “La missione nell’ambiente digitale del Sinodo” e docente alla Georgetown University di Washington D.C.; ed Erica Tossani, della presidenza della Prima assemblea sinodale della Chiesa in Italia.

«Comunicazione, azione e comunità», sono stati i tre termini individuati da Gisotti, prendendo spunto dal titolo del webinar, per auspicare una divulgazione che unisca la speranza giubilare alla sinodalità, valore cardine della recente Assemblea sinodale: «Mettersi in cammino», accompagnando «la gente che verrà». Ma come? Gisotti ha richiamato le parole di Giorgio Gaber, «la libertà è partecipazione», per una comunicazione che sappia «consumare la suola delle scarpe» facendosi prossima soprattutto a quelle «periferie esistenziali» tanto care a Papa Francesco.

Libertà, troppo spesso negata ai professionisti della comunicazione — ad oggi oltre 500 giornalisti si trovano in carcere —, rappresentati idealmente dalla filippina Maria Ressa durante il recente Giubileo della Comunicazione. Il modo di fare informazione, ha notato Gisotti, è cambiato e continuerà a farlo, «ma i valori che dovrebbero guidare l’informazione restano gli stessi: la ricerca della verità, l’onestà, la responsabilità». Essi a loro volta si incarnano in una delle «grandi forze» della «comunicazione di speranza»: le storie. Semi piantati negli inverni del mondo, con la certezza «che al tempo giusto il fiore sboccerà». Lo stesso Papa Francesco lo affermò nel febbraio 2019, di ritorno da Abu Dhabi, dopo aver firmato il Documento sulla Fratellanza Umana. «Un evento storico», lo aveva definito Gisotti, all’epoca portavoce della Santa Sede, prima della consueta conferenza stampa sul volo di ritorno. «Ogni viaggio è storico», aveva aggiunto Francesco, «ogni storia è grande e degna, e anche se è brutta, se la dignità è nascosta, sempre può emergere».

L’esperienza maturata da Daniels come coordinatrice del Gruppo di studio sinodale sulla missione della Chiesa negli ambienti digitali ha fatto da sfondo al suo intervento. La comunità ecclesiale «spesso vista come bloccata nel passato», ha intrapreso un «processo di ascolto globale» per comprendere la propria missione nei tempi e negli spazi contemporanei, ha spiegato la relatrice, osservando la realtà statunitense «ferita» dalla crescente polarizzazione comune a tanti contesti e fonte di una «perdita di fiducia» nelle istituzioni, Chiesa compresa.

Divisioni, individualismi, che non hanno prevalso nell’assemblea sinodale dell’ottobre scorso, dove l’intera comunità ecclesiale ha cercato la via migliore per «camminare insieme nonostante le differenze». Tra i momenti chiave ricordati, l’apertura alla partecipazione di donne e laici nelle decisioni della Chiesa, raccontata con entusiasmo dalla giovanissima squadra addetta ai social media.

Il Sinodo ha riconosciuto gli spazi digitali come una nuova «pagina missionaria», un’opportunità per coinvolgere le nuove generazioni, non «intrappolandole» negli spazi virtuali, ma guidandole «verso autentiche relazioni umane radicate in Cristo». L’orizzonte, ha concluso Daniels, è quindi quello di una Chiesa «veramente sinodale nell’era digitale», capace di «ascoltare, accompagnare e aiutare le persone a maturare una relazione più profonda con Dio e con il prossimo».

Non solo il «come» ma anche il «cosa» comunicare è stato il fulcro della riflessione di Tossani. Una «postura» aperta e nutrita dall’ascolto, ancora una volta delle «storie», senza le quali «non può esserci comunicazione vera». Rapportarsi alla realtà significa cambiare il linguaggio con cui essa viene raccontata. Non uno strumentale «adattamento», quanto il riconoscimento del vissuto umano «come luogo teologico per eccellenza». L’auspicio è quindi di una Chiesa che parli con «il sapore della vita».

Il cammino sinodale ha aiutato la comunità ad adottare uno stile comunicativo lontano dall’imperante «botta e risposta», dove ogni affermazione passa inascoltata perché già pronta ad essere ribattuta. Al contrario «l’ascolto autentico» dissesta, mette in discussione, talvolta «addirittura ferisce», ma lo fa sempre in maniera attiva, aprendo, alla lunga, ad una conversazione più proficua. Rifiutare questa visione significa ridurre le parole ad «armi», proprio nel momento storico in cui Papa Francesco invita a essere «disarmati, anzitutto nel cuore, prima che nelle parole».

Dall’Ungheria, Pál Tóth, docente emerito presso l’Istituto Universitario Sophia, ha rimarcato come la Chiesa locale sia ancora troppo spesso ancorata alla cosiddetta «cultura del silenzio», un atteggiamento che contrasta con il valore della comunicazione e porta a tacere «per paura di disturbare qualche armonia, magari finta». Tóth ha quindi chiesto una divulgazione sinodale radicata nella comunità, aperta all’incontro e alle «relazioni attive» con i fatti che la riguardano, superando le «bolle», le nuove e chiuse forme di aggregazione sociale.

Muriel Fleury e Beatrice Binaghi, rispettivamente responsabile della comunicazione e incaricata dei social media presso il Dssui, hanno riflettuto sui ritmi «frenetici» dell’informazione odierna e sulla necessità di creare legami duraturi tra le «storie di chi soffre» e il resto del mondo. A tal proposito, è stato citato l’esempio di un incontro svoltosi a Panamá, organizzato dal Dicastero con i vescovi di frontiera, responsabili della pastorale migratoria per coloro che ogni giorno attraversano il Darién, la regione che separa il Paese dalla Colombia.

Paolo Balduzzi, inviato del programma Rai A sua immagine, ha definito la trasmissione «sinodale», sottolineando come le storie raccontate nascano dal dialogo condiviso con l’intera redazione e siano il frutto di «dialoghi corali».

Da WLSpaces alle nuove piattaforme, la storia di Mariella Matera racconta il percorso di una comunicatrice affascinata dall’idea di un mondo «senza frontiere», reso possibile dall’avvento di internet. Dal 2019 è protagonista di Alumera, uno spazio di evangelizzazione sui social.

Ana Tano, responsabile della comunicazione per United World Project-NetOne Argentina, ha infine raccontato l’esperienza del Genfest, l’evento giovanile dei Focolari dal tema Together to Care. Tra scambi culturali, arte e workshop, l’obiettivo era riconoscere la comunicazione come uno strumento per prendersi cura della «vita di sé stessi, degli altri e del pianeta».