Guardare all’essenziale

«La speranza trasforma la vita» è il titolo di un volumetto dell’arcivescovo pro prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, al quale il Papa ha affidato l’organizzazione del Giubileo 2025, incentrato proprio su questo tema. Di seguito stralci dell’introduzione dell’autore della pubblicazione, edita da San Paolo (pp. 128, euro 12).
di Rino Fisichella
Ogni giorno siamo chiamati a inseguire delle “speranze” e dimentichiamo la “speranza” che tutto sostiene. È un fatto. Il progresso scientifico e la tecnologia riempiono di speranze i nostri discorsi. L’attesa di una soluzione positiva fornita dalla medicina entra con spavalderia nei nostri pensieri, illudendoci che la cura sia già stata trovata. Le speranze che quotidianamente facciamo nostre, purtroppo, possono andare facilmente incontro alla delusione, si infrangono contro l’impossibilità di essere realizzate, perdendo il significato e la forza che si era posta in loro. È in questo contesto che sorge più urgente che mai l’esigenza della speranza che consente di toccare con mano quanto le speranze in cui si è confidato fossero effimere e pronte a illudere.
Legato al tema della speranza c’è quello dell’illusione e della delusione. L’una e l’altra non fanno altro che riproporre l’importanza di mettere al centro la vera speranza oltre le speranze. L’illusione di possedere ciò che è impossibile, d’altronde, rincorre la storia dell’umanità. Dal giardino dell’Eden Passando per la torre di Babele per giungere fino ai nostri giorni, permane l’illusione di poter essere onnipotenti ed eterni come Dio. Non è così. La delusione che segue ogni irrealizzata illusione diventa lo strumento utile e necessario per orientare lo sguardo verso ciò che realmente offre la speranza. Non è guardando all’effimero che si può pretendere di raggiungere la felicità. La vera sfida è quella di tenere lo sguardo fisso sull’essenziale per poter compiere un vero cammino che introduca alla speranza. È quanto scrive Papa Francesco nella Bolla di Indizione del Giubileo Spes non confundit... La vera speranza non delude...
Speranza e amore si rincorrono costantemente e permettono di comprendere il limite stesso del nostro linguaggio. Chi potrebbe definire l’amore? E chi la speranza? Ambedue vivono di ciò che è invisibile eppure è reale. Ritorna con forza la profonda considerazione di Antoine de Saint-Exupéry nel suo Piccolo principe: «Si vede bene solo con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi». È proprio così: l’amore come la speranza non si toccano, si vivono; non si vedono, ma esistono. Il “vedere”, che è una caratteristica fondamentale dell’esistenza personale e una posizione dominante nella sensorialità, deve cedere il posto all’invisibile per consentire che altre forme di conoscenza possano sostenere quella razionale e andare maggiormente in profondità nell’esperienza del reale...
La speranza è un grido per la vita. Non si spera per la morte né per il male, ma per la vita, la sua difesa. Chi potrebbe iniziare qualsiasi attività senza portare dentro di sé la speranza della sua riuscita e promozione? E chi potrebbe affrontare il futuro con la sua imprevedibilità privo di speranza? È facile seguire le varie fasi dell’esistenza per verificare i differenti modi di sperare sempre puntati alla vita. Se ne fa interprete l’amico Vittorino Andreoli quando da psichiatra scrive: «Nel bambino la speranza si realizza nel “gioco”; nell’adolescente si consuma attraverso progetti e sforzi di cambiamento... riporta prevalentemente al corpo ma si rivolge ben presto alla personalità... Nell’adulto la speranza diventa un personaggio di grande rilievo. In questa fase della vita la dimensione sociale e del successo si esprime nei desideri che promuovono progetti che, pur spostati nel tempo, si ritengono “possibili” e per i quali si lavora con una modalità talora efficiente, talora disordinata... Nella vecchiaia, la speranza diventa la funzione principale per continuare a vivere. Anche seduti su una sedia, con gli occhi fissi forse nel vuoto, circondati da una società che fa solo rumore, la relazione con la morte fa scattare la speranza, e così si riesce ad attendere, non avendo più né il coraggio di vivere né quello di morire. L’attesa nella speranza, però, è ancora vita».
La speranza vista con gli occhi della scienza medica non può mai venire meno, ma accompagna permanentemente l’esistenza personale. Per il contemporaneo, che ama avere tutto programmato, il tema della speranza potrebbe risultare indigesto. La speranza, infatti, non fa programmi come noi vorremmo e non è intenta a pianificare i piani pastorali da attuare nel corso degli anni... Come credenti, la speranza spazza via tutte queste forme che illudono sull’efficacia dell’evangelizzazione e punta a cogliere l’essenza della fede e della vita. Cosa riserva il futuro? Per poter rispondere a questa domanda è necessario chiarificare cosa si intende per futuro. Esiste o non esiste? Se dovessimo rincorrere le varie teorie filosofiche in proposito rimarremmo spiazzati...
Il problema permane nella sua interezza e farà ancora riflettere i filosofi. Rimane intatto l’interrogativo: esiste il futuro?
Probabilmente dovremmo chiederci in modo più provocatorio, oltre l’interrogativo metafisico, se stiamo realmente costruendo il futuro... Non si può vivere di nostalgia che guarda sempre al passato e neppure ci è concesso sognare un futuro che non arriva. L’impegno è rivolto all’oggi, al presente che si fa carico del passato e del futuro. Non vedo via d’uscita. La Bolla di Papa Francesco, da questa prospettiva, sembra proporre la preparazione del futuro ponendo in essere segni concreti di speranza... Scorrendo le indicazioni e gli appelli contenuti nella Bolla ci si incontra con un impegno di testimonianza cristiana non affatto secondario. In maniera provocatoria ho ribadito più volte che è molto facile attraversare la Porta Santa, ma estremamente più difficile vivere il Giubileo creando segni di speranza. Diventare costruttori di pace e aperti alla vita, porre attenzione ai giovani e agli anziani, essere accoglienti con i migranti, i profughi e i rifugiati...
La speranza, dunque, appartiene a pieno titolo all’esistenza cristiana... La risurrezione di Cristo genera in quanti credono in lui una “speranza viva”, e porta in dono “un’eredità che non si corrompe”. Chiede comunque di vivere nell’attesa fiduciosa di riceverla a tempo debito, e soprattutto di essere come le “sentinelle del mattino” che vigilano per non perdere nulla di quanto è stato portato in dono dalla risurrezione di Cristo. Essendo un dono esiste anche il rischio che la speranza possa essere perduta o smarrita per strada.
“Pellegrini di speranza”: in due parole si racchiude il senso di questo Giubileo Ordinario 2025. È auspicabile che le parole di Papa Francesco nella Bolla di Indizione possano raggiungere tutti.