In servizio per la pace

di Luca Collodi
Le Forze armate, di polizia e di sicurezza celebrano — oggi e domani, 8 e 9 febbraio — il loro Giubileo. Tre i momenti principali dell’avvenimento: stamane, il pellegrinaggio alla Porta Santa della basilica Vaticana; nel pomeriggio, un concerto bandistico in piazza del Popolo; e domani, alle 10.30, la messa del Papa in piazza San Pietro.
Un mese fa, l’8 gennaio, l’ordinario militare per l’Italia, arcivescovo Santo Marcianò, aveva celebrato l’apertura dell’Anno Santo per le Forze armate nella chiesa dell’organizzazione penitenziaria militare in Santa Maria Capua Vetere, in Campania. Si è concluso inoltre ieri, 7 febbraio, a Roma il secondo incontro degli ordinari militari di tutta Europa, incentrato sul tema «Militari pellegrini di speranza» e promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee).
«Il perdono è un passo concreto e basilare — aveva detto a gennaio l’arcivescovo Marcianò — per chi, come noi, è chiamato a costruire una cultura della pace. E spesso il perdono verso l’altro richiede anzitutto il perdono di sé stessi». Il presule aveva poi definito il Giubileo «un tempo privilegiato per crescere in comunione con Dio e nella fraternità, nel comune servizio alla difesa della vita umana, alla giustizia e alla pace».
Dal canto suo, ai media vaticani don Saverio Finotti, rettore della Scuola allievi cappellani nella città militare della Cecchignola a Roma, sottolinea che «il seminario dell’ordinariato militare è a tutti gli effetti un seminario». «Ci riferiamo come tutti i seminari d’Italia — spiega —, alle indicazioni emanate dalla Conferenza episcopale italiana per la formazione dei ragazzi. Compiamo un cammino formativo regolare sia dal punto di vista umano che dal punto di vista culturale».
«I nostri ragazzi all’interno del seminario frequentano la Pontificia Università Lateranense — aggiunge —. Poi c’è la formazione umana e questa fa la differenza rispetto a tutti gli altri seminari diocesani o interdiocesani, perché è finalizzata ad una pastorale che ovviamente è diversa dagli altri, in quanto viene applicata all’interno delle forze armate, che non è il classico contesto delle diocesi».
«È una pastorale piuttosto specifica — afferma don Finotti — che ha bisogno di altrettanta formazione. I ragazzi al momento sono quindici; tre sono ancora militari e stanno facendo il loro percorso militare, ma nello stesso tempo vivono la vita di seminario per verificare la loro chiamata a diventare cappellani militari».
«I giovani che frequentano il seminario vengono più o meno tutti dall’ambito militare: c’è chi, per esempio, ha familiari che appartengono o sono appartenuti alle forze dell’ordine o alle forze armate. Tutto gira intorno a questo contesto», prosegue don Finotti.
«Credo che questo Giubileo sia molto importante — continua il rettore del seminario militare — e come ha sottolineato il nostro ordinario per l’Italia, l’arcivescovo Marcianò, nella lettera che ha mandato a tutti i cappellani, è un’occasione bella, straordinaria, innanzitutto per affermare la nostra fede e l’unità alla Chiesa perché ne siamo parte integrante».
Guardando, poi, nello specifico agli uomini e alle donne delle forze armate, don Finotti evidenzia che essi «svolgono un servizio che non è distaccato dalla loro umanità. È vero che da loro ci aspettiamo compiti particolari, svolti il più possibile in modo oggettivo. Tuttavia essi hanno una loro vita e per questo hanno bisogno di essere rinnovati, rincuorati nella fede, come tutti». Anche per i cappellani militari, aggiunge il rettore, l’Anno Santo si rivela «molto importante perché è un’occasione in più che aiuta la nostra gente a riavvicinarsi al Signore nel desiderio di chiedere perdono e lasciarsi rinnovare dalla grazia».
«Va ricordato — prosegue ancora — che l’ordinariato è la diocesi militare e le parrocchie sono le caserme stesse. Non abbiamo una diocesi territoriale specifica, ma siamo presenti là dove ci sono le forze armate. È stata molto bella l’intuizione del nostro arcivescovo di fare luogo di pellegrinaggio giubilare la nostra chiesa a Roma, Santa Caterina in Magnanapoli, ma anche tutte le cappelle che sono all’interno delle missioni all’estero, per esempio in Libano».
«Ogni missione estera — prosegue don Finotti — ha una cappella che molto spesso è adoperata anche per liturgie, non solo nella chiesa cattolica, ma anche nel mondo protestante. Quei luoghi sono diventati luogo di pellegrinaggio proprio per far capire che il Signore invita tutti quanti alla conversione». Il rettore definisce infine come «particolarmente significativo anche il fatto che noi abbiamo iniziato il Giubileo partendo proprio da una cappella delle carceri per non dimenticare quelli che apparentemente sembrano i più lontani. I nostri luoghi giubilari comprendono anche la nave scuola “Amerigo Vespucci” che sta navigando da due anni nei mari del mondo ed ora è di ritorno verso il Mediterraneo. E sono comprese — conclude — alcune cappelle di altre navi e anche quelle di alcuni ospedali militari, come il Celio a Roma».