
Venerdì 31
Nelle cause matrimoniali |
Ricorre quest’anno il decimo anniversario dei due Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus, con i quali ho riformato il processo per la dichiarazione di nullità del matrimonio. |
Ha guidato la riforma — e deve guidare la sua applicazione — la preoccupazione della salvezza delle anime.
È evidente — ma ci tengo a ribadirlo in questa sede — che la riforma interpella in modo forte la vostra prudenza nell’applicare le norme.
Questo richiede due grandi virtù: la prudenza e la giustizia, che devono essere informate dalla carità.
C’è un’intima connessione tra prudenza e giustizia, poiché l’esercizio della prudentia iuris mira alla conoscenza di ciò che è giusto nel caso concreto.
Ogni protagonista del processo si avvicina alla realtà coniugale e familiare con venerazione, perché la famiglia è riflesso vivente della comunione d’amore che è Dio Trinità.
Inoltre, i coniugi uniti nel matrimonio hanno ricevuto il dono dell’indissolubilità, che non è una meta da raggiungere con il loro sforzo, né tantomeno un limite alla loro libertà, ma una promessa di Dio, la cui fedeltà rende possibile quella degli esseri umani.
Il vostro lavoro di discernimento sull’esistenza o meno di un valido matrimonio è un servizio alla salus animarum, in quanto permette ai fedeli di conoscere e accettare la verità della propria realtà personale.
La Chiesa vi affida un compito di grande responsabilità, ma prima ancora di grande bellezza: aiutare a purificare e ripristinare le relazioni interpersonali.
Il contesto giubilare in cui ci troviamo riempie di speranza il vostro lavoro, della speranza che non delude.
(Al Tribunale della Rota Romana per l’inaugurazione dell’anno giudiziario)
Sabato 1
Sperare |
Il Giubileo è per le persone e per la Terra un nuovo inizio; è un tempo dove tutto va ripensato dentro il sogno di Dio. Sappiamo che la parola “conversione” indica un cambiamento di direzione. |
Tutto si può vedere, finalmente, da un’altra prospettiva e così anche i nostri passi vanno verso mete nuove.
La Bibbia racconta questo in molti modi. E anche per noi l’esperienza della fede è stata stimolata dall’incontro con persone che nella vita hanno saputo cambiare e sono, per così dire, entrate nei sogni Dio.
Infatti, anche se nel mondo c’è tanto male, noi possiamo distinguere chi è diverso: la sua grandezza, che coincide spesso con la piccolezza, ci conquista.
Nei Vangeli, la figura di Maria Maddalena emerge per questo su tutte le altre. Gesù l’ha guarita con la misericordia e lei è cambiata.
La misericordia cambia il cuore. E Maria Maddalena, la misericordia l’ha riportata nei sogni di Dio e ha dato nuove mete al suo cammino.
Il Vangelo di Giovanni racconta il suo incontro con Gesù Risorto in un modo che ci fa pensare. Più volte è ripetuto che Maria si voltò.
In lacrime, Maria guarda dapprima dentro il sepolcro, quindi si volta: il Risorto non è dalla parte della morte, ma dalla parte della vita.
Può essere scambiato per una delle persone che incontriamo ogni giorno.
Poi, quando sente pronunciare il proprio nome, il Vangelo dice che di nuovo Maria si volta.
Così cresce la sua speranza: ora vede il sepolcro, ma non più come prima.
Può asciugare le sue lacrime, perché ha ascoltato il proprio nome: solo il suo Maestro lo pronuncia così.
Il mondo vecchio sembra ci sia ancora, ma non c’è più.
Quando noi sentiamo che lo Spirito Santo agisce nel nostro cuore e sentiamo che il Signore ci chiama per nome, sappiamo distinguere la voce del Maestro?
Da Maria Maddalena, che la tradizione chiamò “apostola degli apostoli”, impariamo la speranza.
In cammino |
Si entra nel mondo nuovo convertendosi più di una volta. Il nostro cammino è un costante invito a cambiare prospettiva. |
Il Risorto ci porta nel suo mondo, passo dopo passo, a condizione che non pretendiamo di sapere già tutto.
Chiediamoci oggi: so voltarmi a guardare le cose diversamente, con uno sguardo diverso?
Ho il desiderio di conversione?
Un io troppo sicuro, orgoglioso, ci impedisce di riconoscere Gesù Risorto: anche oggi, infatti, il suo aspetto è quello di persone comuni che rimangono facilmente alle nostre spalle.
Persino quando piangiamo e ci disperiamo, lo lasciamo alle spalle.
Invece di guardare nel buio del passato, nel vuoto di un sepolcro, da Maria Maddalena impariamo a voltarci verso la vita.
Lì il nostro Maestro ci attende.
Lì il nostro nome è pronunciato.
Perché nella vita reale c’è un posto per noi, sempre e dovunque.
(Udienza giubilare nell’Aula Paolo vi)
Testimonianza che è lievito nella Chiesa |
Riflettiamo su come per mezzo dei voti di povertà, castità e obbedienza che avete professato potete essere portatori di luce per le donne e gli uomini del nostro tempo. |
Primo: la luce della povertà. Esercitando la povertà, la persona consacrata, con un uso libero e generoso di tutte le cose, si fa per esse portatrice di benedizione: manifesta la loro bontà nell’ordine dell’amore, respinge tutto ciò che può offuscarne la bellezza — egoismo, cupidigia, dipendenza, l’uso violento e a scopi di morte — e abbraccia invece tutto ciò che la può esaltare: sobrietà, la generosità, la condivisione, la solidarietà.
Il secondo elemento è la luce della castità. Anche questa ha origine nella Trinità e manifesta un «riflesso dell’amore infinito che lega le tre Persone divine».
La sua professione, nella rinuncia all’amore coniugale e nella via della continenza, ribadisce il primato assoluto, per l’essere umano, dell’amore di Dio, accolto con cuore indiviso e sponsale, e lo indica come fonte e modello di ogni altro amore.
Lo sappiamo, noi stiamo vivendo in un mondo spesso segnato da forme distorte di affettività, in cui il principio del “ciò che piace a me” spinge a cercare nell’altro più la soddisfazione dei propri bisogni che la gioia di un incontro fecondo.
Ciò genera, nelle relazioni, atteggiamenti di superficialità e precarietà, egocentrismo, edonismo, immaturità e irresponsabilità morale, per cui si sostituiscono lo sposo e la sposa di tutta la vita con il partner del momento, i figli accolti come dono con quelli pretesi come “diritto” o eliminati come “disturbo”.
Riflesso |
In un contesto di questo tipo, a fronte del «crescente bisogno di limpidezza interiore nei rapporti umani» e di umanizzazione dei legami fra i singoli e le comunità, la castità consacrata ci mostra una via di guarigione dal male dell’isolamento, nell’esercizio di un modo di amare libero e liberante, che accoglie e rispetta tutti e non costringe né respinge nessuno. |
Che medicina per l’anima è incontrare religiose e religiosi capaci di una relazionalità matura e gioiosa di questo tipo!
Sono un riflesso dell’amore divino.
Però è importante nelle comunità prendersi cura della crescita spirituale e affettiva delle persone, già dalla formazione iniziale, anche in quella permanente, perché la castità mostri davvero la bellezza dell’amore che si dona, e non prendano piede fenomeni deleteri come l’inacidimento del cuore o l’ambiguità delle scelte, fonte di tristezza, insoddisfazione e causa, a volte, in soggetti più fragili, dello svilupparsi di vere e proprie “doppie vite”.
La lotta contro la tentazione della doppia vita è quotidiana. È quotidiana.
Terzo aspetto: la luce dell’obbedienza. Anche di questa ci parla il testo che abbiamo ascoltato, presentandoci, nel rapporto tra Gesù e il Padre, la «bellezza liberante di una dipendenza filiale e non servile, ricca di senso di responsabilità e animata dalla reciproca fiducia».
È la luce della Parola che si fa dono e risposta d’amore, segno per la nostra società, in cui si tende a parlare tanto ma ascoltare poco: in famiglia, al lavoro e specialmente sui social, dove ci si possono scambiare fiumi di parole e di immagini senza mai incontrarsi davvero, perché non ci si mette veramente in gioco l’uno per l’altro.
L’obbedienza consacrata è un antidoto a tale individualismo solitario, promuovendo in alternativa un modello di relazione improntato all’ascolto fattivo, in cui al “dire” e al “sentire” segue la concretezza dell’“agire”, e questo anche a costo di rinunciare ai miei gusti, ai miei programmi e alle mie preferenze.
Solo così la persona può sperimentare fino in fondo la gioia del dono, sconfiggendo la solitudine e scoprendo il senso della propria esistenza nel grande progetto di Dio.
Vorrei concludere richiamando il “ritorno alle origini”, di cui oggi si parla tanto nella vita consacrata.
La Parola di Dio ci ricorda che il primo e più importante “ritorno alle origini” di ogni consacrazione è, per tutti noi, quello a Cristo e al suo “sì” al Padre.
(Primi vespri della festa della Presentazione del Signore, xxix Giornata mondiale della vita consacrata)
Domenica 2
Chi ama vive chi odia muore |
Oggi il Vangelo ci parla di Maria e Giuseppe che portano il bambino Gesù al Tempio di Gerusalemme. Mentre la Santa Famiglia compie ciò che nel popolo d’Israele si faceva sempre, di generazione in generazione, succede qualcosa che non era accaduto mai. |
Due anziani, Simeone e Anna, profetizzano riguardo a Gesù: ambedue lodano Dio e parlano del bambino «a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme».
Le loro voci commosse risuonano tra le vecchie pietre del Tempio, annunciando il compimento delle attese d’Israele.
Davvero Dio è presente in mezzo al suo popolo: non perché abiti tra quattro mura, ma perché vive come uomo tra gli uomini.
È questa la novità di Gesù. Nella vecchiaia di Simeone e Anna accade la novità che cambia la storia del mondo.
Quando Simeone prende in braccio il bambino, infatti, lo chiama in tre modi bellissimi, che meritano una riflessione.
Tre modi, tre nomi che gli dà. Gesù è la salvezza; Gesù è la luce; Gesù è segno di contraddizione.
Anzitutto Gesù è la salvezza.
Questo sempre ci lascia stupiti: la salvezza universale concentrata in uno solo!
Secondo: Gesù è «luce per illuminare le genti».
Come sole che sorge sul mondo, questo bambino lo riscatterà dalle tenebre del male, del dolore e della morte.
Quanto abbiamo bisogno, anche oggi, di luce, di questa luce!
Infine, il bambino abbracciato da Simeone è segno di contraddizione «affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
Gesù rivela il criterio per giudicare tutta la storia e il suo dramma, e anche la vita di ognuno di noi. E qual è questo criterio?
È l’amore: chi ama vive, chi odia muore.
Illuminati da questo incontro con Gesù, possiamo allora chiederci: io che cosa attendo nella mia vita? Qual è la mia grande speranza?
Il mio cuore desidera vedere il volto del Signore? Aspetto la manifestazione del suo disegno di salvezza per l’umanità?
(Angelus in piazza San Pietro)
Lunedì 3
Fari |
Non c’è “opera” più grande che trasmettere agli altri il messaggio del Vangelo, e noi siamo chiamati a farlo soprattutto per quelli che si trovano ai margini. |
Pensiamo a chi è solo e isolato, nel cuore e nelle periferie delle vostre comunità e nei territori più remoti.
Peraltro, questo compito è affidato a ciascuno di voi, qualunque sia la vostra età, stato di vita o capacità.
Anche quelli che tra voi sono anziani, malati o in qualche modo in difficoltà hanno la nobile vocazione di testimoniare l’amore compassionevole del Padre.
Il pellegrinaggio, cammino quotidiano |
Tornando a casa, dunque, ricordate che il pellegrinaggio non si conclude, ma sposta il suo obiettivo sul quotidiano cammino del discepolato e sulla chiamata a perseverare nel compito dell’evangelizzazione. |
Vorrei incoraggiare le vostre vivaci comunità cattoliche a cooperare con gli altri fratelli cristiani, perché in questi tempi difficili, segnati dalla guerra in Europa e nel mondo, la nostra famiglia umana ha tanto bisogno di una testimonianza unitaria di quella riconciliazione, guarigione e pace che può venire solo da Dio.
Allo stesso modo, nei vostri contesti multiculturali, siete chiamati a dialogare e lavorare insieme agli appartenenti ad altre religioni, molti dei quali migranti, che avete accolto così bene nelle vostre società.
Continuate ad essere fari di accoglienza e di solidarietà fraterna!
Infine, una parola ai pellegrini più giovani tra voi. Nell’ambito degli eventi di quest’anno, il 27 aprile celebreremo la Canonizzazione del Beato Carlo Acutis.
Questo giovane santo dei nostri tempi e per i nostri tempi mostra a voi, e a tutti noi, quanto sia possibile nel mondo d’oggi per i giovani seguire Gesù, condividere i suoi insegnamenti con gli altri e così trovare la pienezza della vita nella gioia, nella libertà e nella santità.
(Al pellegrinaggio della Conferenza episcopale
della Scandinavia)
Mercoledì 5
Incontro agli altri senza |
Contempliamo oggi la bellezza di Gesù Cristo nostra speranza nel mistero della Visitazione. La Vergine Maria fa visita a Santa Elisabetta; ma è soprattutto Gesù, nel grembo della madre, a visitare il suo popolo (cfr. Lc 1, 68), come dice Zaccaria nel suo inno di lode. |
Dopo lo stupore e la meraviglia per quanto le è stato annunciato dall’Angelo, Maria si alza e si mette in viaggio, come tutti i chiamati della Bibbia, perché «l’unico atto col quale l’uomo può corrispondere al Dio che si rivela è quello della disponibilità illimitata». Questa giovane figlia d’Israele non sceglie di proteggersi dal mondo, non teme i pericoli e i giudizi altrui, ma va incontro agli altri.
Quando ci si sente amati, si sperimenta una forza che mette in circolo l’amore; come dice l’apostolo Paolo, «l’amore del Cristo ci possiede», ci spinge, ci muove. Maria avverte la spinta dell’amore e va ad aiutare una donna che è sua parente, ma è anche un’anziana che accoglie, dopo lunga attesa, una gravidanza insperata, faticosa da affrontare alla sua età. Ma la Vergine va da Elisabetta anche per condividere la fede nel Dio dell’impossibile e la speranza nel compimento delle sue promesse.
L’incontro tra le due donne produce un impatto sorprendente: la voce della “piena di grazia” che saluta Elisabetta provoca la profezia nel bambino che l’anziana porta in grembo e suscita in lei una duplice benedizione: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!». E anche una beatitudine: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Dinanzi al riconoscimento dell’identità messianica del suo Figlio e della sua missione di madre, Maria non parla di sé ma di Dio e innalza una lode piena di fede, di speranza e di gioia, un cantico che risuona ogni giorno nella Chiesa durante la preghiera dei Vespri: il Magnificat.
Memoria |
Questa lode al Dio salvatore, sgorgata dal cuore della sua umile serva, è un solenne memoriale che sintetizza e compie la preghiera d’Israele. È intessuta di risonanze bibliche, segno che Maria non vuole cantare “fuori dal coro” ma sintonizzarsi con i padri, esaltando la sua compassione verso gli umili, quei piccoli che Gesù nella sua predicazione dichiarerà «beati». |
La massiccia presenza del motivo pasquale fa del Magnificat anche un canto di redenzione, che ha per sfondo la memoria della liberazione d’Israele dall’Egitto.
I verbi sono tutti al passato, impregnati di una memoria d’amore che accende di fede il presente e illumina di speranza il futuro.
Nella grazia del passato una promessa di futuro |
Maria canta la grazia del passato ma è la donna del presente che porta in grembo il futuro. La prima parte di questo cantico loda l’azione di Dio in Maria, microcosmo del popolo di Dio che aderisce pienamente all’alleanza; la seconda spazia sull’opera del Padre nel macrocosmo della storia dei suoi figli, attraverso tre parole-chiave: memoria – misericordia – promessa. |
Il Signore, che si è chinato sulla piccola Maria per compiere in lei “grandi cose” e renderla madre del Signore, ha iniziato a salvare il suo popolo a partire dall’esodo, ricordandosi della benedizione universale promessa ad Abramo. Il Signore, Dio fedele per sempre, ha fatto scorrere un flusso ininterrotto di amore misericordioso «di generazione in generazione» sul popolo fedele all’alleanza, e ora manifesta la pienezza della salvezza nel Figlio suo, inviato a salvare il popolo dai suoi peccati. Da Abramo a Gesù Cristo e alla comunità dei credenti, la Pasqua appare così come la categoria ermeneutica per comprendere ogni liberazione successiva, fino a quella realizzata dal Messia nella pienezza dei tempi.
Cari fratelli e sorelle, chiediamo oggi al Signore la grazia di saper attendere il compimento di ogni sua promessa; e di aiutarci ad accogliere nelle nostre vite la presenza di Maria. Mettendoci alla sua scuola, possiamo tutti scoprire che ogni anima che crede e spera «concepisce e genera il Verbo di Dio».
Il pensiero ai Paesi in guerra |
E pensiamo ai Paesi che soffrono la guerra: la martoriata Ucraina, Israele, Palestina … Tanti Paesi che stanno soffrendo lì. Ricordiamo gli sfollati della Palestina e preghiamo per loro. Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati, agli anziani e agli sposi novelli. Come esorta l’apostolo Paolo, vi incoraggio ad essere lieti nella speranza, forti nelle tribolazioni, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli. (Udienza generale in Aula Paolo vi) |