· Città del Vaticano ·

Inaugurato dal cardinale arcivescovo Domenico Battaglia un multiforme polo della carità

Passa per “Casa Bartimeo”
la speranza giubilare a Napoli

 Passa per “Casa Bartimeo”  la speranza giubilare a Napoli  QUO-028
04 febbraio 2025

di Rosa Carillo Ambrosio

“Casa Bartimeo” è un vero polo della carità per le persone fragili, emarginate e bisognosi ammalati. È l’ultima iniziativa dell’arcidiocesi di Napoli guidata dal cardinale Domenico Battaglia ed è anche la prima “opera segno” che dà un volto concreto alla speranza giubilare della città. Coordinata dalla Caritas diocesana è realizzata in collaborazione con la Fondazione con il Sud e altre realtà: Arciconfraternita dei Pellegrini, Fondazione Grimaldi, provincia napoletana dei Frati minori, Fondazione San Gennaro.

“Casa Bartimeo”, ha affermato Battaglia durante l’inaugurazione avvenuta qualche giorno fa, «è un luogo che nasce dalla volontà della nostra Chiesa di rispondere concretamente al grido di chi è fragile». Accoglienza, solidarietà e cura sono i tre punti cardini di questo progetto. Le necessità di chi è fragile oggi vanno ben oltre al bisogno di reperire un pasto caldo o un vestito. C’è chi ha perso la propria casa, chi non può permettersi visite mediche, chi necessita di essere guidato in questioni legali come i tanti stranieri che non parlano italiano e devono essere supportati per le loro necessità. C’è chi ha bisogno di un sostegno psicologico per poter affrontare le necessità di un quotidiano non facile. In questo progetto «i sogni della nostra Chiesa si intrecciano con le lacrime di chi fatica lungo il cammino della vita, correndo il rischio di perdere la speranza», ha sottolineato ancora l’arcivescovo di Napoli.

“Casa Bartimeo” sorge in un luogo dalla grande simbologia: nel complesso della basilica di San Pietro ad Aram, ubicata vicino a piazza Garibaldi dove c’è la stazione ferroviaria che è frequentata e spesso addirittura abitata da persone povere, indigenti, emarginate come clochard o immigrati spesso bisognosi di cure sanitarie. Nostri fratelli che non hanno un tetto, non sanno dove andare, non hanno l’opportunità di curarsi. È strutturata su tre piani. Al primo è stato allocato il Centro di ascolto diocesano della Caritas con sportelli dedicati agli immigrati, all’orientamento lavorativo e ad altri servizi di supporto. Al secondo c’è la sede del poliambulatorio solidale realizzato con l’Associazione medici di strada dove opereranno medici e specialisti come nutrizionisti e ginecologi lo sportello psicologi e consulenti legali. Questo specifico servizio sarà accessibile a chi non può permettersi cure a pagamento. Al terzo piano trova sede la comunità di accoglienza mista: comunità per donne in emergenza e piccoli nuclei familiari che potranno soggiornare per un periodo di sei-nove mesi, con successiva ricollocazione attraverso la rete Caritas; comunità maschile di seconda soglia che potrà ospitare fino a undici uomini in situazione di precarietà economica, affettiva o lavorativa; si rivolge a giovani in uscita dal carcere, padri separati e uomini che, pur non vivendo in povertà estrema, faticano a sostenere il proprio vivere quotidiano.

Il nome scelto per il polo della carità non è casuale. Bartimeo era il cieco mendicante che ci presenta il Vangelo in Marco, 10, 46-52: «È la figura di ogni uomo e donna che grida per essere visto, ascoltato, accolto. È il simbolo di tutti coloro che, ai margini della nostra indifferenza, aspettano che qualcuno si fermi, che qualcuno dica loro: “Coraggio, alzati, vieni dentro, questa è casa tua!”», esplicita il cardinale Battaglia. È una casa della solidarietà accogliente dove sono esposte le opere della quadreria sociale realizzate dai detenuti della Casa circondariale “Giuseppe Salvia” con il coordinamento dello scultore Lello Esposito. Insomma, la bellezza della generosità che si esprime anche con la bellezza artistica prodotta da chi vive in carcere e nell’arte trova il suo cammino di redenzione. È anche un cammino assistenziale che si riannoda, come quello dell’Arciconfraternita dei Pellegrini che partecipa attivamente al progetto: «Senza esitazione abbiamo aderito all’invito della Chiesa napoletana nel sostenere questa progettualità con risorse economiche ma anche con la gestione assieme al Dipartimento di giurisprudenza dell’Università degli studi Federico ii di uno sportello clinico legale per l’assistenza a rifugiati e richiedenti asilo», afferma Giovanni Cacace, primicerio dell’antico sodalizio caritatevole della città di Napoli che in passato proprio nella basilica di San Pietro ad Aram ebbe una sua sede prima di approdare all’Ospedale dei Pellegrini che è stato il primo ospedale per poveri di Napoli costruito da questa arciconfraternita e gestito fino al 1970.

La tradizione indica il luogo scelto per il polo della carità come quello dove si soffermò Pietro nel suo viaggio verso Roma. Qui battezzò Asprenio e lo confermò vescovo della città. Fu il primo vescovo partenopeo ma anche il primo vescovo occidentale. Il senso del cammino giubilare passa anche per questa basilica di particolare bellezza dove a metà dell’Ottocento san Ludovico da Casoria creò una piccola infermeria per i religiosi e radunò attorno a sé un gruppo di terziari francescani per l’assistenza ai bisognosi. Oggi questo complesso è affidato ai Frati minori. «Qui vogliamo rimettere al centro gli ultimi, i fragili, quelli che la società scarta, arricchendo la già preziosissima rete della nostra carità diocesana perché, come ci ricorda il Vangelo, è nei piccoli che abita il Regno di Dio», chiarisce Battaglia.

Qui l’accoglienza diventa abbraccio per chi non sa dove andare, dove dormire. Solidarietà verso chi si trova nella fragilità economica e sociale con gesti concreti. Cura per chi vive la sofferenza fisica. Il tutto dove si vuole che passò colui a cui Gesù disse: «Pietro su questa pietra io fondo la mia Chiesa». Il cammino dei primi cristiani e quello dei cristiani di oggi è un continuo andare aprendo le braccia a chi è altro. La speranza giubilare passa anche per “Casa Bartimeo”.