· Città del Vaticano ·

I panel su salute e famiglia

Investire di più e subito

 Investire  di più e subito  QUO-028
04 febbraio 2025

di Antonella Palermo

Rappresentanti istituzionali, leader politici e di organizzazioni umanitarie hanno condiviso nel Palazzo apostolico linee programmatiche, impegni e auspici per un’azione urgente e sinergica a tutela dell’infanzia, “disumanizzata” soprattutto nei contesti di guerra.

Alla dimensione esperienziale nell’ambito del diritto al cibo e alla salute è stata dedicata attenzione nella seconda parte della mattinata di ieri in un panel (il quarto) incentrato proprio su tale tematica. Paradossalmente, non occuparsi delle necessità dei bambini «diventa più costoso» rispetto al fatto di averne cura, ha precisato Riccardo Paternò di Montecupo, Gran cancelliere del Sovrano militare Ordine di Malta, realtà umanitaria impegnata da sempre a favore dei piccoli. Numerosi gli esempi citati: dall’ospedale della Sacra Famiglia a Betlemme, che ha superato i centomila bambini curati, alle strutture sanitarie nate in Africa e in Ucraina, all’opera unica svolta a Gaza City dove, in collaborazione con Caritas e Patriarcato latino di Gerusalemme, finora, dall’inizio della guerra, sono state distribuite 300 tonnellate di viveri, anche freschi. In un’epoca in cui «il diritto internazionale è messo sotto i piedi da tutti — ha affermato Paternò — bisogna intensificare senza esitazioni la lotta comune per difendere questi valori a tutela dei più piccoli». L’appello è a unirsi «implementando la cultura della vita e della famiglia». Alle «belle anime che crescono senza casa, senza gioco» anche dall’Egitto sono arrivati echi di quanto il governo, attraverso il suo portavoce vice primo ministro per lo sviluppo umano e ministro della salute e della popolazione, Khaled Abdel Ghaffar, si sta adoperando a portare avanti soprattutto per quelli feriti e mutilati in fuga da Gaza. «Il mondo deve agire ora», ha scandito e sulla stessa linea si è mostrato il tunisino Kamel Ghribi, presidente del gruppo GKSD, che ha esortato ad andare al di là delle promesse. Forte di oltre 160 ospedali fondati nel mondo, che offrono cure e training gratuiti, ha auspicato che i Paesi ricchi diminuiscano le spese militari per dirottarle negli interventi di aiuto alla crescita sana e sicura dei bambini.

Bambini che spesso, in alcune regioni del mondo, restano invisibili. Accade per esempio in Mozambico, come ha sottolineato Noorjehan Abdul Majid, donna medico che qui coordina il progetto Dream, della Comunità di Sant’Egidio. Il 50 percento dei bimbi sotto i 5 anni non è registrato: e senza una identità legale non si riesce ad accedere ai servizi essenziali e si esposti a ogni tipo di sfruttamento. «Siamo riusciti a registrare più di 5 milioni di bambini in tutta l’Africa restituendo dignità a migliaia di loro e alle loro famiglie. Tuttavia resta una grande sfida», ha osservato. Da uno dei dieci Paesi più poveri al mondo — dove l’anemia arriva a colpire oltre il 60 percento dei bambini e dove tanta strada è stata fatta per rispondere al grido di chi risultava sieropositivo alla nascita, una strage silenziosa —, anche lei ha puntato sullo sforzo congiunto per continuare a offrire un futuro più accettabile.

È partito da un ricordo personale Magnus MacFarlane-Barrow, dell’organizzazione Mary’s Meals: quello che lo ha riportato all’incontro con Edward, 14 anni, in un villaggio nel Malawi accanto alla madre Emma che stava morendo per malnutrizione. «Chiesi quali ambizioni aveva per la sua vita: vorrei avere abbastanza cibo, andare a scuola un giorno, rispose. Questo episodio ha dato vita alla Mary’s Meals, attualmente presente in 16 Paesi con programmi di approvvigionamento di pasti per i piccoli e di offerta di istruzione. «Ci piace descriverci come servitori della speranza. In media le iscrizioni alle scuole aumentano del 25 percento dopo l’introduzione dei pasti», ha sottolineato, ricordando anche la drammatica crisi in corso in Tigray.

Situazioni evocate per muovere le istituzioni a mettere in pratica subito programmi ad hoc tenendo conto che, come ha detto Máximo Torero, della Fao, i bambini portano il fardello più pesante dello sfruttamento nei luoghi di guerra.

Con un focus sul ruolo primario della famiglia si è poi conclusa la mattina dei lavori. Mariella Enoc, del “Patrons of the World’s Children Hospital”, ha evidenziato una grande contraddizione: da un lato si parla di bambini senza famiglia, dall’altro vi sono moltissime famiglie che non vogliono mettere al mondo bambini, condizionate da una cultura e da una politica che esalta l’egoismo. «Il grande compito è allora educare gli adulti — ha suggerito — e fare una grande alleanza, straordinaria, intergenerazionale». Perché il pericolo è l’individualismo e l’isolamento, come ha chiarito Hans Michael Jebsen, del forum filantropico Cina-Italia. In tempi in cui i bambini sono costretti a crescere troppo in fretta, riscoprire i valori della Pancasila, il pensiero filosofico su cui si fonda lo Stato indonesiano, può essere una via maestra, ha invitato Arsjad Rasjid, cofondatore del movimento 5P, per prevenire lo sfruttamento così tragicamente diffuso, nelle aree di conflitto, a loro danno.

L’ultima nota è quella che si rifà ancora alla nutrizione per tutti: l’ha proposta Federico Vecchioni, della più grande società agricola in Italia, la BF, che sta investendo un milione e mezzo di euro in aziende dove al centro sono le popolazioni locali, perché «produrre cibo è la base per una sana infanzia».