· Città del Vaticano ·

Gli interventi nella sessione del pomeriggio

Curare le ferite della guerra

 Curare le ferite  della guerra  QUO-028
04 febbraio 2025

di Edoardo Giribaldi
e Isabella H. de Carvalho

Il diritto al tempo libero, spazio di riflessione e creatività opposto all’imperante «cultura della fretta», che etichetta i bambini come «oggetti». Il diritto alla libertà dal lavoro minorile, piaga che coinvolge più di 160 milioni di giovani, estendendosi anche agli spazi online, per la quale «le parole gentili» non sono più «sufficienti». Il diritto «fondamentale» alla pace, alla protezione dalle conseguenze devastanti del cambiamento climatico che rischiano di abbattersi proprio sui più piccoli e «vulnerabili». Sotto questi auspici si sono svolti i panel pomeridiani del Summit internazionale sui Diritti dei bambini intitolato “Amiamoli e proteggiamoli”, tenutosi per tutta la giornata di ieri, 3 febbraio, nel Palazzo Apostolico Vaticano.

Organizzati dal Pontificio Comitato per la Giornata mondiale dei bambini, i lavori sono ripresi dopo una prima serie mattutina di tavole rotonde precedute dalle parole del Papa.

La dimensione della spensieratezza e del gioco che, come affermato dal Pontefice, fa crescere i più piccoli «nella creatività e nel lavoro insieme», è stata al centro del panel sul diritto dei bambini al tempo libero. Un dono «preziosissimo» lo ha definito il cardinale francescano conventuale Mauro Gambetti, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano e arciprete della basilica di San Pietro, capace di favorire nei più piccoli la «consapevolezza della loro dignità». Come? considerandoli «per sé stessi e non come oggetti che devono soddisfare bisogni e aspettative, o prodotti del sistema economico utilitarista moderno».

Thomas Bach, da parte sua, ha citato due iniziative promosse dal Comitato Olimpico Internazionale da lui presieduto, che guidano lo sport come «forza di bene» per i più giovani: l’Olympic Values Education Programme, che integra le attività atletiche nei curriculum scolastici di 60 milioni di bambini in oltre 60 Paesi, e l’Olympic Refuge Foundation, che porta lo sport nei campi profughi di tutto il mondo, a beneficio di circa 800.000 giovani.

Sulla natura “digitale” del tempo libero ha riflettuto padre Paolo Benanti, del Terz’ordine regolare di San Francesco, presidente della Commissione italiana sull’Intelligenza Artificiale per l’informazione. In un mondo dove il tempo medio trascorso davanti allo schermo dai giovani è di cinque ore al giorno, è necessario che tali spazi siano accompagnati da “etichette” che segnalino la presenza di algoritmi utilizzati per “profilare” gli utenti, gestendo la loro “attenzione” e le loro “emozioni”.

Le zone di guerra trasformano le ore di svago dei bambini in una «lotta per la sopravvivenza». È quanto affermato da Marek Michalak, presidente dell’Order of the Smile, Premio internazionale assegnato dai minori stessi agli adulti che si sono distinti per l’impegno a favore dell’infanzia. Michalak ha inoltre evidenziato il contrasto tra la necessità di riscoprire momenti di svago e riflessione e la «cultura della fretta», che spesso opprime i più piccoli con le responsabilità e le ambizioni tipiche del mondo adulto.

Un tema, questo, ripreso anche da Qinghong Wang, presidente esecutivo e amministratore delegato dell’East-West Philanthropy Forum, piattaforma che unisce i «leader della carità» da Oriente ad Occidente. Wang ha illustrato i provvedimenti adottati dal governo cinese per tutelare il tempo libero dei bambini, tra cui il divieto di videogiochi online dalle 22 alle 8 del mattino e la limitazione dell’uso degli schermi a non più di un’ora al giorno per i minori di 16 anni.

Il secondo panel pomeridiano ha riguardato il diritto dei più piccoli a vivere liberi dal lavoro minorile. Una piaga con cui l’umanità è ancora colpevolmente chiamata a fare i conti — come denunciato dal Papa — nel secolo che al contempo «genera intelligenza artificiale e progetta esistenze multiplanetarie».

Un concetto rilanciato dal cardinale scalabriniano Fabio Baggio, direttore generale del Centro di Alta Formazione Laudato si’, che ha introdotto gli interventi.

Philippe Vanhuynegem, capo della sezione Principi e diritti fondamentali sul lavoro del Dipartimento Governance e Tripartitismo dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), ha virato sulla stretta attualità, condividendo la testimonianza di Jean-François, quindicenne congolese costretto ad estrarre il cobalto dalle miniere del suo Paese. Oggi, il lavoro minorile coinvolge circa 160 milioni di bambini. Tra le soluzioni proposte quella di garantire l’istruzione per i più piccoli e una solida protezione sociale, affinché le famiglie in difficoltà economica non siano costrette a far lavorare i propri figli.

L’intervento di Dana Humaid, amministratore delegato dell’Interfaith Alliance for Safer Communities, ha esplorato il ruolo della tecnologia, mettendone in luce opportunità e insidie legate allo sfruttamento minorile. Tra le piaghe che colpiscono i bambini online, spicca lo sfruttamento sessuale, che può riguardare persino vittime di appena tre mesi. «Basta un click», ha sintetizzato Humaid, evidenziando «l’allarmante scala» del fenomeno: più della metà dei diciottenni nel mondo ha subito una qualche forma di violenza online. «Una cicatrice profonda, che rimane per sempre. Non possiamo permettere che il profitto conti più della dignità dei giovani».

A offrire una prospettiva concreta è stata anche suor Martha Pelloni, della Congregación de Carmelitas Misioneras Teresianas, che ha raccontato la realtà dell’Argentina, dove la povertà strutturale è all’origine di violenze sempre più complesse. Tra queste, il traffico di organi che coinvolge i minori. Una piaga «che esiste più di quanto si pensi», esemplificata dal caso del piccolo Loan Danilo Peña, un bambino di cinque anni scomparso il 13 giugno 2024 nella provincia di Corrientes, vicino alla casa della nonna, e di cui ancora non si conosce la sorte. L’ipotesi, rilanciata dallo stesso Francesco all’udienza generale dello scorso 15 gennaio, è che sia stato rapito «per fare trapianti». Sebbene esistano leggi a protezione dei bambini, «bisogna renderle vincolanti», ha ammonito la monaca carmelitana.

«Il problema è che stiamo perdendo un senso di urgenza, c’è un serio deficit di responsabilità morale e di rendicontazione morale», le ha fatto eco Kailash Satyarthi, Premio Nobel per la Pace 2014 insieme alla giovane attivista pakistana Malala Yousafzay «per la loro lotta contro la sopraffazione dei bambini» e per il loro accesso «all’istruzione».

Satyarthi ha sottolineato che «le parole gentili non sono sufficienti» e invece propone la «compassione» come motore che genera «un sincero impulso a prendere azioni urgenti».

L’intervento di Salvatore Sciacchitano, presidente del Consiglio dell’Organizzazione Internazionale per l’Aviazione Civile (Icao), ha affrontato il tema del traffico aereo come canale per la tratta di esseri umani, con un’attenzione particolare ai bambini. Per contrastare questa piaga, il relatore ha evidenziato l’importanza di una «strategia globale» già in atto, finalizzata a formare gli equipaggi affinché siano in grado di riconoscere «comportamenti sospetti» riconducibili alla tratta e a segnalarli tempestivamente ai punti di contatto competenti.

«Cosa c’entrano con la guerra i bambini, le famiglie? Sono le prime vittime»: è stata la denuncia del panel dedicato alla protezione dei più piccoli dai conflitti e dai danni causati dal cambiamento climatico. In apertura, il cardinale salesiano Ángel Fernández Artime, pro-prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di vita apostolica, ha offerto un dato: sono 300 mila i bambini coinvolti in gruppi e forze armate. Il loro è un «grido che sale a Dio, accusa gli adulti che hanno messo le armi nelle loro piccole mani», ha commentato il porporato.

Ahmed Naser Al-Raisi, presidente dell’Interpol, ha ricordato l’impegno dell’agenzia internazionale nella lotta contro i crimini a danno dei bambini e ha evidenziato come l’incontro in Vaticano fosse un’opportunità per ricordare che «ogni bambino, indipendentemente dal suo background, merita di crescere in un ambiente dove sia amato, protetto e abbia l’opportunità di prosperare».

«La pace è il diritto principale dei bambini, hanno il diritto a conoscere il bene». Questo l’accorato appello di padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia francescana di Terra Santa. Una terra tanto «benedetta» quanto «martoriata», dove giovani palestinesi e israeliani affrontano sofferenze profonde, sia fisiche sia spirituali. A mancare è tutto: cibo, cure, istruzione. «I piccoli della Terra Santa non vedono il loro futuro e perdono la speranza», ha sottolineato padre Faltas. Tuttavia, l’attuale tregua rappresenta uno spiraglio per il loro avvenire, un’opportunità affinché le strade si aprano per loro e affinché siano finalmente ascoltati «mettendosi al loro livello, con gli occhi della verità». Infine Al Gore, ex vice presidente degli Stati Uniti d’America durante l’amministrazione Clinton e Premio Nobel per la Pace nel 2007 per il suo impegno nella lotta al riscaldamento globale, ha evidenziato — citando spesso l’enciclica di Papa Francesco Laudato si’ — come la crisi ambientale ed ecologica «colpisce in modo sproporzionato» i poveri e le persone in situazioni di vulnerabilità. Tuttavia ha ricordato che la «volontà politica» è «una risorsa rinnovabile» e che i governanti del mondo hanno «il dovere di restituire» alle giovani generazioni «la speranza nel futuro».