Il cardinale de Mendonça nel programma “Storie di sport. Athletica Vaticana racconta”
Cristiano Ronaldo, la bici

Cristiano Ronaldo («creatore di una passione che in campo lo rende sempre bambino»), Gino Bartali («dobbiamo affidarci di più alle bici») e lo sport come esperienza culturale («la più diffusa nel mondo»), educativa («l’arte di essere»), spirituale («ogni gesto va oltre il visibile»), con il suo «magistero» di storie di speranza con «grande ricerca di senso» che rende gli atleti «mistici», «generativi di vite» e «mediatori di una cultura di pace». Ecco le linee di umanità sportiva suggerite dal cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, che giovedì 30 gennaio ha partecipato alla terza puntata del programma settimanale Storie di sport. Athletica Vaticana racconta su Radio Vaticana-Vatican News.
Nelson Évora, triplista portoghese, campione olimpico e mondiale, ha detto di aver sempre «guardato l’infinito» in ogni salto. È un’espressione cara al cardinale de Mendonça, anch’egli portoghese: «Tutta l’opera d’arte è spirituale, anche quando non ha intenzione di essere arte sacra. Così anche tutto il movimento umano, tutto lo sport, è spirituale. Mai è soltanto quello che si vede, perché l’invisibile è la chiave dei gesti e delle grandi ricerche umane».
Insomma, rilancia il cardinale, «quando Nelson Évora — o un altro atleta (come il triplista Fabrizio Donato, ospite del programma) — corre per fare un salto l’obiettivo è sempre più ampio. Noi vediamo con gli occhi il visibile, ma con il cuore sappiamo che lo sport corrisponde a una grande ricerca umana di senso che sostiene l’attività spirituale che è lo sport. E lo è sempre».
E portoghese è anche Cristiano Ronaldo, originario dell’isola di Madeira proprio come il cardinale de Mendonça: «Cristiano ha superato gli ostacoli che aveva davanti: una situazione di povertà, una marginalizzazione sociale. Lui ha la capacità di consegnarsi a una passione. Ha messo il cuore, la sua volontà e ha fatto crescere, come persona, quel suo grande amore. È uno scultore della sua anima».
Il cardinale non nasconde che «certe modalità sportive generano anche un commercio nella società dello spettacolo». Ma «in Cristiano, anzitutto, vedo il suo straordinario percorso come creatore — perché uno sportivo è anche un grande creatore — e la passione con cui si consegna a ogni giorno. Quando gioca in campo rimane con l’innocenza e la felicità di un bambino».
A proposito di sportivi leggendari, ecco la storia di Gino Bartali, raccontata nel programma di Radio Vaticana-Vatican News dalla nipote Gioia. “Giusto tra le nazioni” per aver salvato circa 800 ebrei, è in corso la causa per la sua beatificazione. «Nella mia esperienza — ha confidato il cardinale — i grandi sportivi sono persone con una sete spirituale marcata. Troviamo veri mistici quando questa sete intercetta il cammino della spiritualità, dell’esperienza di Dio. Gli sportivi hanno la vocazione a una superamento, a toccare sempre l’esperienza di trascendenza».
Con tanto di «elogio della bicicletta»: «Una suora mi ha detto: hanno salvato la mia vocazione il Padre Nostro — la preghiera — e la mia bicicletta». La bici «permette di cercare territori di silenzi in una forma povera, essenziale. Con la bici ci spostiamo in silenzio trovando luoghi dove la contemplazione, l’ascolto, è veramente possibile. Dobbiamo affidarci di più alle biciclette!». (giampaolo mattei)