· Città del Vaticano ·

XXIX Giornata mondiale della vita consacrata

In Tunisia, lievito di carità

 In Tunisia, lievito di carità  QUO-026
01 febbraio 2025

di Anand Talluri*

Le radici della Chiesa in Tunisia risalgono alla fine del primo secolo quando Agripponus divenne il primo vescovo di Cartagine. Nei primi secoli della Chiesa, il Paese nordafricano ha potuto offrire alcuni suoi figli come doni preziosi alla Chiesa universale: tre Papi, Tertulliano, san Cipriano, sant’Agostino, san Fulgenzio, sante come Perpetua e Felicita e centinaia di martiri.

Oggi, la Chiesa in Tunisia è un piccolissimo gregge del Signore, composto da più di 80 nazionalità, lingue, origini, costumi molto diversi tra il 99,6% della popolazione di fede islamica.

L’arcidiocesi di Tunis (l’unica del Paese) conta 108 consacrati provenienti da 37 nazionalità di cui 72 sono religiose e 32 sono preti e fratelli religiosi. Inoltre, ci sono 3 sacerdoti diocesani incardinati e 2 sacerdoti Fidei donum.

La Chiesa in Tunisia è un bellissimo mosaico fatto di diversi volti. Come piccole pietre del mosaico, siamo coscienti della nostra piccolezza ma desiderosi di mostrare al popolo tunisino e musulmano l’unico volto di Dio misericordioso.

La vita consacrata in Tunisia è la primissima fonte di testimonianza a chi non concepisce una vita celibe, consacrata e donata solo per Dio ed al Popolo.

Non potendo praticare le nostre diverse professioni, svolgiamo un servizio presso la Caritas, le associazioni tunisine, il doposcuola, le biblioteche e i centri culturali. Poiché la Tunisia è ponte tra l’Europa e l’Africa, molti di noi sono impegnati nell’accompagnamento e orientamento delle tantissime persone provenienti dalle regioni sub-sahariane che arrivano nel Paese sperando in un avvenire migliore.

Ci mettiamo al servizio di tutti e abbiamo cura speciale del nostro piccolo gregge cristiano. La maggior parte di noi, è impegnata nelle 9 scuole cattoliche dove il 100 per cento degli alunni e dello staff è costituito da musulmani.

Una suora ha detto: «Ogni mattina, aprire la porta della scuola, è per me aprire la porta del Tabernacolo». Siamo una «Chiesa della Visitazione» dove l’incontro è il senso del nostro essere. Ci siamo sempre meravigliati di come da questo incontro con l’altro nasca il Magnificat comune.

Spesso si pensa che si parta in missione per donarsi, tuttavia, vivendo con persone musulmane, riconosciamo che riceviamo tantissimo da loro.

A volte le persone mi domandano perché mi trovo proprio in Tunisia e cosa faccio e io rispondo con tre immagini: la grotta, il profumo e il lievito.

Mi chiedono: «cosa fai dove non puoi fare tante cose?». All’inizio, questa domanda è stata una grande provocazione per me perché ciò che facciamo è molto limitato e la nostra presenza è vista come un deserto. Però la nostra chiesa non è un deserto, è una grotta che sembra vuota. In realtà, nel senso biblico, la grotta significa le viscere, sorgente di vita. Dio chiede al profeta Elia nella grotta “Cosa fai?”. Elia allora racconta il suo zelo missionario. Ma la vera domanda di Dio non è “cosa fai?”, è “cosa sei?”.

La vita consacrata in Tunisia si basa su questo fondamento dell’essere che si traduce nel nostro fare e non viceversa. La nostra vicinanza e amicizia sono un raggio di speranza per tante famiglie tunisine. Così siamo “grotta” di rifugio, di amicizia e di vita per i tunisini. E la Tunisia per noi è una grotta che rappresenta un cammino di conversione come è stato per Elia.

La seconda domanda che spesso mi fanno è «perché sprechi il tuo tempo in Tunisia?». Ho avuto la grande tentazione di lasciare la Tunisia dando ragione a chi faceva questa domanda. Invece, l’immagine del profumo di Maria di Magdala ha dato senso alla mia vita qui.

Quando il gesto di Maria di Magdala viene considerato uno “spreco”, Gesù lo spiega. La vita consacrata in Tunisia è un profumo che sembra sprecato ma Gesù lo vuole per Lui. Così, nel cuore della Chiesa siamo il profumo del Vangelo. Come il profumo anche noi, senza mai proclamare Gesù, Lo annunciamo con la nostra vita.

Devo dire che questa fragranza della nostra vita è sentita fortemente anche dai nostri fratelli musulmani. Trovandomi nelle periferie della Tunisia la gente ci racconta ancora del “profumo” dei consacrati che ci hanno preceduti quarant’anni fa.

Un’altra domanda curiosa che ci fanno è «come lavorate quando non potete lavorare?». Siamo il lievito del Vangelo nella farina della Tunisia. La nostra vocazione è essere vivaci, creativi e operanti in questa farina. Non facciamo tanto rumore ma di sicuro fermentiamo la pasta e lo Spirito Santo fa “lievitare il pane”.

Ecco, la vita consacrata in Tunisia in mezzo ai fratelli musulmani come una grotta di vita, il profumo della vicinanza e il lievito di carità.

*Pontificio Istituto delle Missioni Estere (Pime), Tunisia