
La speranza è il cuore di questo Giubileo. Ad essa si affida chiunque abbia un bisogno — dalla salute alla gestione della famiglia —. Insomma, tutti vi si aggrappano. E questo è un bene.
Papa Francesco, lasciando il carcere di Rebibbia dove ha aperto nella festa di Santo Stefano la seconda Porta Santa di questo Giubileo, ha risposto alla domanda di un giornalista dicendo: «Ognuno di noi può scivolare, l’importante è non perdere la speranza». Ecco, in queste poche parole pronunciate fuori dall’ufficialità, vedo il senso vero ed autentico del Giubileo che stiamo vivendo: non perdersi per le strade del rancore, del “dente per dente”, della cattiveria, ma avere sempre davanti la speranza, la speranza che si possa andare avanti, migliorare, superare le difficoltà. E questo vale per tutti, sia per le persone libere sia per quelle che sono in carcere, come ce lo ricorderà il pellegrinaggio giubilare dei detenuti a Roma programmato per domenica 14 dicembre.
A Rebibbia Papa Francesco ha parlato alla coscienza di chi sta dentro dicendo: «I cuori chiusi, quelli duri, non aiutano a vivere. Per questo, la grazia di un Giubileo è spalancare, aprire e, soprattutto, aprire i cuori alla speranza. La speranza non delude, mai!». E lo ha spiegato facendo l’esempio della corda fissata all’ancora alla quale aggrapparsi per raggiungere la riva e andare avanti.
Purtroppo, in carcere, la corda viene usata da molti per togliersi la vita. Ma il Papa l’ha indicata come mezzo per proseguire il viaggio della vita.
Papa Francesco ha fatto riferimento anche ad un altro valore fondamentale: la tenerezza, un sentimento ben presente nel cuore di chi è lontano dalla propria famiglia. E per questo, ricordando che «la speranza non delude», ha invitato tutti a «spalancare i cuori».
Con il suo gesto e con le sue parole Papa Francesco ha portato aria nuova, aria di primavera, nelle carceri e nei cuori di quanti sono oggi coinvolti in percorsi giudiziari. Circa centomila sono le persone che conducono una vita di “attesa” avendo già una condanna definitiva, ma ancora non notificata; circa 62.000 quelle recluse in strutture che potrebbero ospitarne solo 47.000 (altri 4.400 circa sono i posti inagibili). Nel 2024 i decessi in carcere sono stati 246 di cui 90 suicidi, secondo il dossier «Morire di carcere» redatto da «Ristretti orizzonti». In questo panorama la pena comminata dai tribunali viene scontata dentro strutture ove raramente le norme vengono rispettate e nelle quali il sovraffollamento e le carenze economiche sono la quotidianità.
Dalle carceri ci si attendono gesti concreti proprio da chi è andato a complimentarsi con Papa Francesco per quanto ha detto e per l’appello a compiere gesti di misericordia indirizzati verso una gestione più umana delle carceri. Chissà?
S.C.