
di Emiliano Miliucci
Questa è la storia di Leo, un uomo di sessantacinque anni che abita Latina. Sì, lo so che si dovrebbe dire che abita “a Latina”, ma lasciate che vi spieghi.
Leo in vita sua ha sempre lavorato. Lavori modesti, ma onesti che gli hanno consentito una vita decorosa. Una vita da solitario, poiché Leo non ha mai messo su famiglia.
Ma certe volte il destino si comporta come una biglia su un piano inclinato e inizia a correre sempre più forte. Fino a travolgerci. Leo ha perso il lavoro quando aveva più di sessant’anni. E il Covid, prima, e la carta di identità, poi, gli hanno impedito di rimettersi in pista. E da lì è stato un rotolare giù sempre più veloce.
Leo ha perso la casa e poi anche la macchina. E a quel punto, al netto di qualche notte di fortuna al dormitorio, a Leo non è rimasto che ricavarsi un rifugio di fortuna, fatto di cartoni e qualche coperta raccattata chissà dove, sotto il portico di una piazza. La notte la passava lì. Di giorno trovava rifugio al centro commerciale.
È stato proprio al centro commerciale che Leo ha incontrato Andrea, un ragazzo che si è messo ad ascoltarlo. Avrebbe potuto liquidarlo con dieci euro di elemosina. Ma Andrea non se l’è sentita di girare la testa dall’altra parte e ha messo in moto tutto un sistema di solidarietà coinvolgendo due associazioni del territorio, “Semi di Pace” e “Diaphorà”, che ha chiamato me che ho una pagina Facebook con un buon seguito.
Ho conosciuto Leo dietro ad un caffè. Davanti ai miei occhi non c’era nulla del pregiudizio che abbiamo nei confronti delle persone senza dimora. Davanti a me c’era un uomo decoroso, pulito, pieno di dignità, ma anche tormentato dai dolori delle nottate passate al freddo. Un uomo che parlava con lo sguardo basso di chi si sente sconfitto dalla vita. E soprattutto un uomo innamorato. Perché nel suo tribolare Leo ha incontrato Anna, un’altra storia di una biglia che corre verso il fondo. Altra storia di chi abita la città. Leo vuol prendersene cura perché l’amore nasce anche nel buio di situazioni complicate. E anche se Leo sembra un uomo che non ha nulla, mi ha dimostrato che il suo senso di protezione e di responsabilità verso Anna vale più di ogni ricchezza.
Ho raccontato questa storia sul social provando ad avviare una colletta finalizzata a acquistare quanto meno un’auto, affinché Leo e Anna potessero avere un riparo, seppur provvisorio, dal freddo dell’inverno.
E qui è scattato il miracolo. Abbiamo dovuto addirittura stoppare le donazioni poiché in tre ore abbiamo raccolto oltre ottomila euro, quanto basta per regalare a queste due anime un camper che resta una soluzione provvisoria, ma pur sempre migliore rispetto alla strada. Un modo modesto ma decoroso per smettere di abitare la città e tornare ad abitare in città tra tutti noi.
A volte la bontà della gente scorre anche attraverso i pixel di uno schermo. Abbiamo ricevuto tantissime donazioni, tutte piccole, ma tutte sentite. Tutte con il medesimo senso fatto di voglia di aiutare chi si è trovato in difficoltà. Tanta voglia di partecipare. Piccole offerte arrivate da ogni angolo di Italia. Come se tutto un paese si fosse fermato per tendere una mano a queste due anime in difficoltà.
Perché l’umanità della gente fiorisce ovunque. Anche tra le pieghe patinate di un social.