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Sri Lanka, ma perché
il divieto alle chierichette favorirebbe le vocazioni sacerdotali?

 Sri Lanka, ma perché il divieto alle chierichette favorirebbe le vocazioni sacerdotali?  DCM-002
01 febbraio 2025

Il cardinale Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, dal 2009 arcivescovo metropolita di Colombo, ex-capitale dello Sri Lanka, ha richiesto con una lettera indirizzata al Clero che «nessuna ragazza dovrebbe essere invitata a servire all’altare nell’arcidiocesi».

Come tutte le scelte, anche questa è discutibile, e proprio per questo è importante riflettere sulle sue motivazioni. Anche perché, come previsto al termine del Sinodo, le diverse chiese locali hanno il compito di tradurre nelle singole realtà indicazioni e auspici condivisi nel documento finale. Tutto, quindi, dovrebbe essere frutto di discernimento per tenere insieme l’appartenenza a una chiesa sinodale in cui già in diversi paesi le chierichette sono una realtà e il rispetto delle singole realtà locali.

È proprio la motivazione portata dall’arcivescovo a sostegno della sua decisione che chiede allora di essere discussa.

Lui stesso, del resto, ne esplicita la motivazione quando afferma che a fare i chierichetti «dovrebbero sempre essere giovani ragazzi, perché questa è una delle principali fonti di vocazioni al sacerdozio in Sri Lanka e influenzerà il numero di candidati che entrano nei seminari, un rischio che non possiamo correre. Poiché alle donne non è permesso di essere ordinate sacerdote, dobbiamo prendere questa decisione».

Il sillogismo alla base del ragionamento è quanto mai chiaro: le donne non possono accedere al sacerdozio, i chierichetti sono una delle principali fonti di vocazioni al sacerdozio, quindi le donne non devono poter fare le chierichette. Dal punto di vista logico, nulla da dire.

Dobbiamo domandarci, però, cosa significhi e soprattutto cosa comporti lo stretto legame di contiguità e di continuità che mons. Patabendige Don stabilisce tra essere chierichetto e diventare sacerdote.

In un momento in cui la discussione intorno alla formazione al ministero presbiterale e quindi alla vita dei e nei seminari impone la ricerca di modelli totalmente nuovi, verifiche serie dei candidati e, soprattutto, della loro maturazione sessuale ed affettiva, che senso ha considerare il mondo dei chierichetti vivaio privilegiato di futuri sacerdoti?

È giusto continuare a pensare che una vera vocazione al ministero possa nascere e svilupparsi in un ambiente impermeabile alle differenze, anche sessuali. Ancora una volta, escludere le donne crea un danno. Alla chiesa, non solo alle donne.

di Marinella Perroni