· Città del Vaticano ·

Dalla Giordania la testimonianza di padre Rifat Bader

I cristiani “germogli
di speranza” in Terra Santa

 I cristiani “germogli di speranza”  in Terra Santa  QUO-024
30 gennaio 2025

di Deborah Castellano Lubov
e Roberto Paglialonga

I cristiani in Terra Santa, anche se sono una minoranza, possono essere «germogli di speranza» e contribuire alla pace e alla riconciliazione. Un compito, questo, a cui sono chiamati e a cui li ha richiamati Papa Francesco nella sua “Lettera ai cristiani del Medio Oriente” dello scorso ottobre. «Questa citazione», rivela ai media vaticani padre Rifat Bader, sacerdote del Patriarcato latino di Gerusalemme, che dirige il Centro cattolico per gli studi e i media in Giordania, e coordina il sito di notizie e commenti in arabo e inglese abouna.org, «l’ho scritta su una foto che ho mostrato al Papa nel corso dell’incontro giubilare con i giornalisti, a cui anch’io ho preso parte. È bellissimo che Francesco abbia parlato di germogli, proprio ora che viviamo l’Anno giubilare della speranza». 

La foto ritrae la chiesa del Battesimo di Gesù, che qualche giorno fa è stata inaugurata sulla riva orientale del fiume Giordano dal segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, come inviato speciale del Santo Padre. «Abbiamo costruito questa chiesa dopo quindici anni di attesa. Benedetto XVI ha benedetto la prima pietra alla presenza del re Abdullah II e della regina Rania. Quest’anno è arrivato infine il momento dell'inaugurazione, e contemporaneamente sono iniziati anche i cinque anni di preparazione per il «Grande Giubileo della Giordania». Una tappa, quella vissuta questo gennaio, che padre Rifat definisce storica. «Sì, perché quando Gesù fu battezzato, nacque il cristianesimo: subito dopo Egli iniziò a predicare la Buona Novella e la vicinanza del regno di Dio». Si tratta dunque di un luogo di straordinaria importanza per i pellegrini e per il turismo religioso in tutta la Terra Santa. Infatti, «nel 2030 celebreremo i 2000 anni dal battesimo di Gesù; mentre già in questi giorni inaugureremo a Roma l'apertura della mostra «Giordania: l’alba del cristianesimo» presso il Palazzo della Cancellaria, in territorio vaticano».

Nel corso del Giubileo a loro dedicato (24-26 gennaio 2025) il Papa ha invitato comunicatori e giornalisti a raccontare storie di speranza. «E io in effetti posso dire che la Giordania è in se stessa sempre una terra di speranza. Penso in particolare all’accoglienza che viene offerta ai rifugiati: negli anni sono state ospitate persone vulnerabili e ferite provenienti dall'Iraq, dalla Siria, dalla Palestina e anche da Gaza. Continueremo dunque, in questo senso, a provare a generare costantemente la speranza. Come facciamo anche, in qualità di chiese della Terra Santa di Giordania, attraverso l’educazione, rivolta alla nostra gente e agli studenti delle scuole, che sono istituti pastorali aperti a tutti, specialmente a coloro che sono poveri e non possono permettersi le rette di altri enti dedicati all’istruzione. Infine, c’è l’opera che porta avanti la Caritas Giordania, attraverso gli aiuti, così come i vari comitati caritativi e le parrocchie». 

A livello più direttamente liturgico, aggiunge padre Rifat infine, «il Papa ha fatto un gesto estremamente significativo per noi del Medio Oriente, dandoci la possibilità di scegliere una data della Pasqua. Infatti abbiamo molte denominazioni e molte Chiese. Da noi queste osservazioni circa questa concreta possibilità sono state accettate e accolte con grande gioia e grande speranza. Ma ora attendiamo che anche i nostri fratelli delle Chiese sorelle accettino questo invito e possiamo lavorare tutti insieme per la piena unità, a partire dalla celebrazione comune del momento della Resurrezione di Gesù».