· Città del Vaticano ·

Accorato appello del Pontefice che esprime preoccupazione
per l’aggravarsi della situazione nella Repubblica Democratica del Congo

Si fermino le violenze
e si proteggano i civili

Tires and other objects burn while protesters demonstrate in Kinshasa, Democratic Republic of Congo, ...
29 gennaio 2025

«Esprimo la mia preoccupazione per l’aggravarsi della situazione securitaria nella Repubblica Democratica del Congo»: è questo l’appello lanciato da Papa Francesco durante l’udienza generale del mercoledì a proposito della drammatica violenza che sta dilaniando la parte orientale del Paese dell’Africa centrale, che, finora, ha provocato almeno cento morti e oltre mille. «Esorto tutte le parti in conflitto ad impegnarsi per la cessazione delle ostilità e per la salvaguardia della popolazione civile di Goma e delle altre zone interessate dalle operazioni militari — ha proseguito il Pontefice —. Seguo con apprensione anche quanto accade nella Capitale, Kinshasa, auspicando che cessi quanto prima ogni forma di violenza contro le persone e i loro beni. Mentre prego per il pronto ristabilimento della pace e della sicurezza, invito le Autorità locali e la Comunità internazionale al massimo impegno per risolvere con mezzi pacifici la situazione di conflitto».

Le speranze di mediazione sono diminuite quando, poco fa, è stato annunciato che non si terrà più l’incontro tra il presidente della Repubblica Democratica del Congo Félix Tshisekedi e l’omologo rwandese Paul Kagame previsto per oggi a Goma, il capoluogo del Nord Kivu preso d’assalto dai ribelli del gruppo M23 sostenuti dal Rwanda. Un segnale da non sottovalutare, che rende sempre più evidente un certo scollamento a livello interno tra presidente, forze armate e popolazione. Dopo la caduta di Goma, sembra ci sia stata grande tensione all’interno dell’esercito congolese, che vedrebbe nel presidente Tshisekedi il principale responsabile per la disfatta delle truppe nella zona orientale del Paese. In particolare, gli alti ufficiali temono un’avanzata fulminea del gruppo M23 verso Bukavu, Kalemie, Beni, Bunia e Kisangani, ad oggi protetta solo da 500 soldati dell’esercito nazionale e da un centinaio di agenti della polizia.

Che il rischio di ritrovarsi in uno stato d’anarchia sia concreto lo confermano le immagini delle ultime ore. Mentre i ribelli M23 prendevano il controllo dell’aeroporto di Goma, nella capitale Kinshasa la popolazione civile si scagliava contro le ambasciate, luoghi simbolo di una comunità internazionale troppo spesso silente di fronte a conflitti decennali. In particolare, sono state date alle fiamme le ambasciate di Francia e Belgio in quanto simbolo del colonialismo sfrenato che, per anni, ha alimentato fratture sociali ed economiche. La stessa sorte è toccata all’ambasciata del Rwanda: più di ogni altro, questo Paese è visto come sostenitore e finanziatore del gruppo M23. Almeno dal 2012, i ribelli, col sostegno di Kigali, accusano l’esercito congolese di collaborare con le Fdlr, un gruppo fondato nel 2000 dai leader del genocidio del 1994 e da altri ruandesi in esilio.

Come confermato da padre Gianni Magnaguagno, missionario saveriano a Uvira, ai media vaticani, la notte a Goma è stata più calma rispetto a quella precedente. Si contano però già gli innumerevoli danni, tra ospedali al collasso e organizzazioni umanitarie saccheggiate. Come sempre, a farne le spese sono i più deboli. Save the Children ha registrato casi di separazione tra minori e genitori all’interno di una situazione che sta mettendo a rischio oltre 200.000 bambini. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha denunciato di aver ricevuto segnalazioni di un aumento degli stupri lungo le rotte utilizzate per entrare nel Sud Kivu.

Mentre l’Unione africana ha imposto a tutti i gruppi armati e terroristici che operano nell’est del Paese di «cessare immediatamente e incondizionatamente i loro attacchi, il loro scioglimento definitivo e di deporre le armi», il Kenya sta guidando un processo di mediazione tra il governo congolese e i gruppi armati, in vista del disarmo di questi ultimi. Ieri il Consiglio di Sicurezza Onu ha organizzato una riunione straordinaria sulla crisi congolese, in cui l’ambasciatore cinese Fu Cong ha chiesto al Rwanda di non sostenere più il gruppo M23. La stessa pressione arriva da Washington, dove il segretario di Stato statunitense Marco Rubio ha detto di aver anche parlato col presidente congolese. Un aiuto economico è invece giunto dall’Unione europea che ha annunciato nuovi aiuti umanitari per la Repubblica Democratica del Congo dal valore iniziale di 60 milioni di euro.