· Città del Vaticano ·

Nella Repubblica Democratica del Congo i ribelli M23 hanno preso d’assalto la regione del Nord Kivu. Gli scontri con l’esercito hanno provocato almeno 17 morti e oltre 400 feriti

Gli occhi su Goma

Residents run off after observing members of the M23 armed group walking through a street of the ...
28 gennaio 2025

di Guglielmo Gallone
e Fabrice Bagendekere

Situata nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, affacciata sulla riva settentrionale del lago Kivu, poco distante dal confine col Ruanda, ricca di materie prime: sono questi i motivi che rendono strategica la città di Goma e che stanno spingendo i ribelli del gruppo M23 a prenderla d’assalto da oltre 48 ore. Il bilancio è tragico. Negli scontri che coinvolgono l’esercito nazionale congolose e i ribelli, sostenuti proprio dal vicino Ruanda che a Goma avrebbe spedito almeno 3.500 soldati, nella sola giornata di lunedì sono state uccise almeno 17 persone e altre 370 sono state ferite.

«L’ansia non fa che aumentare in tutta la città» ha detto monsignor Willy Ngumbi, vescovo di Goma, parlando ai media vaticani. «Fuggire ancora, ma per andare dove?», si è domandato poi il vescovo ricordando come «questa situazione ha già provocato enormi sofferenze per la popolazione». Nei dintorni di Goma «ci sono oltre due milioni e mezzo di sfollati». Padre Gianni Magnaguagno si trova invece a Uvira dove, nonostante gli oltre 300 chilometri di distanza da Goma «i giovani ieri si sono radunati in piazza per manifestare contro la guerra — commenta al nostro giornale —, noi non facciamo altro che pregare e sperare di non entrare nel pieno di un’altra guerra che creerebbe solo morti inutili. L’ingordigia umana sembra non avere fine».

E a farne le spese, come sempre, è la popolazione civile, già vessata da decenni di violenze. Il conflitto in Congo è radicato nelle frammentazioni sociali provocate dalla colonizzazione belga (1885-1960) e nell’instabilità politica alimentata dalla dittatura trentennale di Mobutu Sese Seko. A peggiorare uno scenario già complesso contribuì il genocidio nel vicino Ruanda che, nel 1994, costrinse centinaia di persone appartenenti all’etnia Hutu ad emigrare verso il vicino Congo. Per regolare i conti legati al genocidio, il Ruanda, guidato dall’etnia Tutsu, entrò in Congo dando la caccia agli Hutu. Col sostegno dei Paesi confinanti, i ruandesi deposero e rimpiazzarono il dittatore Mobutu. Poi, nel 1997 ben nove Paesi africani si ritrovarono coinvolti in Repubblica Democratica del Congo in nome della «grande guerra africana» che terminò nel 2003 con un accordo di pace.

La storia recente dimostra però che l’intesa fu solo apparente. Nel 2012 il Movimento del 23 marzo (M23), il principale gruppo ribelle impegnato nell’insurrezione contro le autorità governative congolesi, col sostegno del Ruanda conquista il capoluogo del Nord Kivu, Goma, da cui si ritira dopo dieci giorni grazie alla controffensiva delle forze armate congolesi e dei caschi blu dell’Onu. Un nuovo attacco viene lanciato dieci anni dopo, nella notte del 27 marzo 2022, sempre verso il Nord Kivu e sempre dal gruppo M23 supportato dal Ruanda. Lo scorso novembre, in Angola, ruandesi e congolesi s’incontrano per firmare la cessazione del conflitto, ma la possibilità di fermare un simile conflitto si dimostra presto irrealistica.

Anche perché ad alimentare il rischio di una guerra regionale ci sono gli interessi economici. Controllare il Kivu significa controllare rame, coltan e cobalto, ossia materie sempre più strategiche da vendere alle grandi potenze. Esse sono infatti necessarie per realizzare batterie elettriche, pale eoliche o pannelli solari, così come per alimentare gli schermi degli smartphone e dei computer.

Il risultato di simili incastri geopolitici è che, come riportato dalla Banca mondiale, la Repubblica Democratica del Congo è tra i cinque Paesi più poveri al mondo. Nel 2024 il 73 per cento della popolazione viveva con meno di 2 dollari al giorno. Ulteriore fardello sono i fenomeni climatici estremi, come frane e inondazioni, alimentati dall’alta concentrazione di popolazione nei centri urbani (la capitale Kinshasa conta 17 milioni di abitanti) e da una crescita demografica superiore al 3 per cento. A Goma, su una popolazione di circa un milione, almeno 700.000 sfollati interni vivono nelle periferie in condizioni terribili. Caritas riferisce che, dopo l’assedio dei ribelli nelle ultime ore, altre centinaia di migliaia di persone sono in fuga. Secondo la Croce rossa, l’ospedale con laboratori sull’ebola è a rischio.

«Restiamo uniti, restiamo fratelli», è stato l’appello di monsignor Ngumbi ai congolesi, sottolineando la missione dell’episcopato per la pace e la fraternità nella regione. Stati Uniti e Unione europea hanno condannato gli attacchi. L’Unione africana ha convocato una riunione straordinaria per domani. Nel frattempo, il Programma alimentare mondiale ha sospeso gli aiuti nella zona est del Paese. E il peggioramento della situazione umanitaria non è più un rischio, ma un’amara realtà.