· Città del Vaticano ·

L’Opera don Orione in Venezuela sostiene poveri, giovani e persone con disabilità

Gesti d’amore e carità
contro odio e divisione

 Gesti d’amore e carità   contro odio e divisione  QUO-022
28 gennaio 2025

di Federico Piana

Barquisimeto, capitale dello Stato venezuelano di Lara, è una metropoli di oltre un milione di abitanti, con un clima mite e un’economia che dall’inizio degli anni 2000 ha messo il turbo grazie ad un aumento vertiginoso degli investimenti immobiliari ed industriali e la creazione di numerosi centri produttivi governativi legati soprattutto al settore alimentare e a quello metallurgico.

Anche se dalla capitale, Caracas, dista più di trecento chilometri, la città conosciuta in tutta la nazione del Sud America per i suoi splendidi tramonti potrebbe essere considerata uno dei termometri più attendibili della crisi politico — sociale che sta imperversando a fasi alterne fin dal giorno delle elezioni presidenziali che si sono svolte in un clima di tensione il 28 luglio dello scorso anno.

Insomma, tutto ciò che si registra a Barquisimeto prima o poi potrebbe replicarsi in tutto il resto del Venezuela. Ecco allora perché padre Miguel Angel Bombin, da quando tre mesi fa è giunto in città per visitare e sostenere la comunità orionina locale — in qualità di direttore della vice-provincia Nuestra Señora del Pilar dell’Opera Don Orione (che comprende non solo il Venezuela ma anche la Spagna) — non smette mai di osservare con meticolosa attenzione ciò che capita intorno a lui.

«Quando sono arrivato — confida a “L’Osservatore Romano” — la situazione era apparentemente serena, senza scossoni. La vita quotidiana è trascorsa nella normalità fino a questo mese di gennaio quando è aumentata la tensione. La gente ha iniziato ad avere aspettative di un cambiamento ed in concomitanza con una manifestazione indetta dalle opposizioni in diverse città, il Paese è stato blindato militarmente e le frontiere chiuse. Ma tutto si è svolto senza tante complicazioni».

Quello che colpisce, nel racconto del religioso, è la descrizione della cappa di tristezza che oscura i cuori e ottenebra le menti di tutti i cittadini. «È una sensazione che percepisco in modo molto forte. Non c’è stato alcun festeggiamento per la nuova elezione del presidente, nessuno lo ha fatto. C’è una tranquillità grigia che sa molto di malinconia».

L’incertezza del presente, l’insicurezza per il futuro e la svalutazione galoppante del bolivar venezuelano nei confronti del dollaro sono gli elementi di una tempesta perfetta che sta iniziando a paralizzare l’economia. «C’è sempre più povertà, la gente si arrangia per vivere. I rapimenti a scopo di riscatto, che fino a poco tempo fa erano sporadici, ora stanno aumentando esponenzialmente. Perfino il sistema dell’istruzione sta iniziando a soffrire: le scuole pubbliche funzionano al 50% mentre quelle private cercano di fare quello che possono».

Anche ammalarsi è diventato un lusso: gli ospedali pubblici non possono offrire assistenza adeguata e alcuni nosocomi rischiano addirittura di chiudere i battenti. Ma la speranza, per padre Bombin, non è certamente morta. Lo si capisce quando elenca, una per una, tutte le attività di solidarietà messe in piedi dagli orionini soprattutto a Barquisimeto, a cominciare dal Piccolo Cottolengo che ospita 95 adulti con disabilità e che il mese prossimo compirà 40 anni: «Un grande dono di Dio, come l’altra struttura che si occupa di assistere e proteggere oltre 80 tra bambini e adolescenti, molti anche con handicap, e come la parrocchia Nostra Signora di Guadalupe che sostiene i poveri e gli anziani garantendo loro anche cibo e cure mediche con dei programmi specifici».

Da aggiungere alla lista anche la scuola con 100 bambini fino ai 6 anni che si trova nella città costiera di Caraballeda dove, ormai da cinque anni, è in costruzione una nuova chiesa, anche se i lavori procedono molto a rilento. «I problemi ci sono anche per noi ma non ci scoraggiamo. Ad esempio, il Piccolo cottolengo da oltre dodici anni ha perso la sovvenzione governativa: per andare avanti contiamo su alcune aziende private, sull’azione di un grande gruppo di volontariato e sull’intervento della nostra congregazione».

Una delle grandi difficoltà da superare è lo stipendio basso dei collaboratori: «Purtroppo, vista la situazione economica, non possiamo pagarli di più. Tanta buona gente che lavorava con noi è andata via dal Paese in cerca di una vita migliore. E questo, in qualche modo, rischia di compromettere la qualità dei servizi. Ma noi non molliamo perché siamo supportati con amore dalla nostra comunità. Certamente non possiamo chiudere».

In cima alle preoccupazioni di padre Bombin ci sono i medicinali, sempre più difficili da reperire in una nazione che sta scivolando lentamente verso la povertà assoluta: «I più difficili da trovare sono i farmaci contro le convulsioni e quelli psichiatrici che tra l’altro sono i più costosi. Ma per noi sono un miraggio anche i pannolini: qualche tempo fa abbiamo dovuto utilizzare quelli di tela, come si faceva quarant’anni fa».

Nonostante tutto, la Chiesa in Venezuela risulta essere l’istituzione più valorizzata diventando un punto di riferimento per l’intera comunità, non solo cattolica. «La nostra congregazione continua a guardare avanti, seguendo la speranza che poi è il tema centrale del Giubileo 2025. Vedere tante persone fare attività di volontariato nei centri psichiatrici, nelle carceri o anche nella discarica, dove tanta gente è costretta a vivere, è sintomo che in queste situazioni difficili viene fuori il meglio di ognuno: sono poveri che aiutano altri poveri, generando vicinanza e solidarietà. Noi vogliamo continuare a fare il bene e coinvolgere chi vuole fare lo stesso, perché don Orione rimane un grande riferimento per tutto questo straordinario Paese».