· Città del Vaticano ·

Il messaggio del Papa per la XXXIII Giornata mondiale del malato

La speranza rende forti
nella tribolazione

 La speranza  rende forti nella tribolazione  QUO-021
27 gennaio 2025

Pubblichiamo il testo del messaggio — diffuso oggi — di Papa Francesco in occasione della xxxiii Giornata mondiale del malato che sarà celebrata il prossimo 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, sul tema: «“La speranza non delude” (Rm 5, 5) e ci rende forti nella tribolazione».

«La speranza non delude»
(Rm 5, 5) e ci rende forti nella tribolazione

Cari fratelli e sorelle!

Celebriamo la xxxiii Giornata Mondiale del Malato nell’Anno Giubilare 2025, in cui la Chiesa ci invita a farci “pellegrini di speranza”. In questo ci accompagna la Parola di Dio che, attraverso San Paolo, ci dona un messaggio di grande incoraggiamento: «La speranza non delude» (Rm 5, 5), anzi, ci rende forti nella tribolazione.

Sono espressioni consolanti, che però possono suscitare, specialmente in chi soffre, alcune domande. Ad esempio: come rimanere forti, quando siamo toccati nella carne da malattie gravi, invalidanti, che magari richiedono cure i cui costi sono al di là delle nostre possibilità? Come farlo quando, oltre alla nostra sofferenza, vediamo quella di chi ci vuole bene e, pur standoci vicino, si sente impotente ad aiutarci? In tutte queste circostanze sentiamo il bisogno di un sostegno più grande di noi: ci serve l’aiuto di Dio, della sua grazia, della sua Provvidenza, di quella forza che è dono del suo Spirito (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1808).

Fermiamoci allora un momento a riflettere sulla presenza di Dio vicino a chi soffre, in particolare sotto tre aspetti che la caratterizzano: l’incontro, il dono e la condivisione.

1. L’incontro. Gesù, quando invia in missione i settantadue discepoli (cfr. Lc 10, 1-9), li esorta a dire ai malati: «È vicino a voi il regno di Dio» (v. 9). Chiede, cioè, di aiutare a cogliere anche nell’infermità, per quanto dolorosa e difficile da comprendere, un’opportunità d’incontro con il Signore. Nel tempo della malattia, infatti, se da una parte sentiamo tutta la nostra fragilità di creature — fisica, psicologica e spirituale —, dall’altra facciamo esperienza della vicinanza e della compassione di Dio, che in Gesù ha condiviso le nostre sofferenze. Egli non ci abbandona e spesso ci sorprende col dono di una tenacia che non avremmo mai pensato di avere, e che da soli non avremmo mai trovato.

La malattia allora diventa l’occasione di un incontro che ci cambia, la scoperta di una roccia incrollabile a cui scopriamo di poterci ancorare per affrontare le tempeste della vita: un’esperienza che, pur nel sacrificio, ci rende più forti, perché più consapevoli di non essere soli. Per questo si dice che il dolore porta sempre con sé un mistero di salvezza, perché fa sperimentare vicina e reale la consolazione che viene da Dio, fino a «conoscere la pienezza del Vangelo con tutte le sue promesse e la sua vita» ( S. Giovanni Paolo ii , Discorso ai giovani, New Orleans, 12 settembre 1987).

2. E questo ci porta al secondo spunto di riflessione: il dono. Mai come nella sofferenza, infatti, ci si rende conto che ogni speranza viene dal Signore, e che quindi è prima di tutto un dono da accogliere e da coltivare, rimanendo «fedeli alla fedeltà di Dio», secondo la bella espressione di Madeleine Delbrêl (cfr. La speranza è una luce nella notte, Città del Vaticano 2024, Prefazione).

Del resto, solo nella risurrezione di Cristo ogni nostro destino trova il suo posto nell’orizzonte infinito dell’eternità. Solo dalla sua Pasqua ci viene la certezza che nulla, «né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio» (Rm 8, 38-39). E da questa “grande speranza” deriva ogni altro spiraglio di luce con cui superare le prove e gli ostacoli della vita (cfr. Benedetto xvi , Lett. enc. Spe salvi, 27.31). Non solo, ma il Risorto cammina anche con noi, facendosi nostro compagno di viaggio, come per i discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24, 13-53). Come loro, anche noi possiamo condividere con Lui il nostro smarrimento, le nostre preoccupazioni e le nostre delusioni, possiamo ascoltare la sua Parola che ci illumina e infiamma il cuore e riconoscerlo presente nello spezzare del Pane, cogliendo nel suo stare con noi, pur nei limiti del presente, quell’“oltre” che facendosi vicino ci ridona coraggio e fiducia.

3. E veniamo così al terzo aspetto, quello della condivisione. I luoghi in cui si soffre sono spesso luoghi di condivisione, in cui ci si arricchisce a vicenda. Quante volte, al capezzale di un malato, si impara a sperare! Quante volte, stando vicino a chi soffre, si impara a credere! Quante volte, chinandosi su chi è nel bisogno, si scopre l’amore! Ci si rende conto, cioè, di essere “angeli” di speranza, messaggeri di Dio, gli uni per gli altri, tutti insieme: malati, medici, infermieri, familiari, amici, sacerdoti, religiosi e religiose; là dove siamo: nelle famiglie, negli ambulatori, nelle case di cura, negli ospedali e nelle cliniche.

Ed è importante saper cogliere la bellezza e la portata di questi incontri di grazia e imparare ad annotarseli nell’anima per non dimenticarli: conservare nel cuore il sorriso gentile di un operatore sanitario, lo sguardo grato e fiducioso di un paziente, il volto comprensivo e premuroso di un dottore o di un volontario, quello pieno di attesa e di trepidazione di un coniuge, di un figlio, di un nipote, o di un amico caro. Sono tutte luci di cui fare tesoro che, pur nel buio della prova, non solo danno forza, ma insegnano il gusto vero della vita, nell’amore e nella prossimità (cfr. Lc 10, 25-37).

Cari malati, cari fratelli e sorelle che prestate la vostra assistenza ai sofferenti, in questo Giubileo voi avete più che mai un ruolo speciale. Il vostro camminare insieme, infatti, è un segno per tutti, «un inno alla dignità umana, un canto di speranza» (Bolla Spes non confundit, 11), la cui voce va ben oltre le stanze e i letti dei luoghi di cura in cui vi trovate, stimolando e incoraggiando nella carità «la coralità della società intera» (ibid.), in una armonia a volte difficile da realizzare, ma proprio per questo dolcissima e forte, capace di portare luce e calore là dove più ce n’è bisogno.

Tutta la Chiesa vi ringrazia per questo! Anch’io lo faccio e prego per voi affidandovi a Maria, Salute degli infermi, attraverso le parole con cui tanti fratelli e sorelle si sono rivolti a Lei nel bisogno:

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio.

Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova,

e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.

Vi benedico, assieme alle vostre famiglie e ai vostri cari, e vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me.

Roma, San Giovanni in Laterano, 14 gennaio 2025

Francesco


Rinviate al 2026 le celebrazioni solenni ad Arequipa


A motivo dell’Anno giubilare il Papa rinvia al 2026 le celebrazioni solenni della Giornata mondiale del malato in programma ad Arequipa, in Perú. Lo ha reso noto un comunicato stampa congiunto diffuso oggi dal Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, e dal Dicastero per l’Evangelizzazione dei popoli - Sezione per le questioni fondamentali dell’Evangelizzazione nel mondo.

Celebrata  annualmente l’11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, la Giornata mondiale del malato ogni tre anni si svolge in forma solenne presso un santuario mariano. A motivo dell’Anno giubilare 2025, il Pontefice ha disposto che la celebrazione, che avrebbe dovuto tenersi quest’anno, si terrà invece l’11 febbraio 2026, presso il Santuario mariano peruviano della Virgen de Chapi, in Arequipa.

L’ordinario locale, arcivescovo Javier Augusto Del Río Alba, ha accolto con grande entusiasmo quanto disposto dal Santo Padre. 

Nell’Anno giubilare la Chiesa celebrerà dunque la Giornata mondiale del malato in forma ordinaria, a livello diocesano, l’11 febbraio; il Giubileo degli ammalati e del mondo della sanità, il 5 e 6 aprile, e il Giubileo delle persone con disabilità, il 28 e 29 aprile.