La guerra infuria in Sudan: aiuti urgenti

di Anna Lisa Antonucci
Per la prima volta, da oltre un anno, il Programma alimentare mondiale (Wfp) — che lavora per raggiungere le comunità isolate e dilaniate dalla guerra in tutto il Sudan, portando aiuti alimentari al fine di creare la crescente carestia — è arrivato nella città sudanese di Wad Madani, capitale dello Stato di Al Jazeera. La città caduta nelle mani dei paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf), gruppo ribelle i cui atti di violenza sono qualificati come crimini contro l'umanità, secondo Human Rights Watch, ha subito gravi danni.
L’ospedale principale di Wad Medani è stato seriamente danneggiato e attualmente non funziona. Le farmacie sono state saccheggiate e c’è carenza di medicinali essenziali. Gli sfollamenti forzati hanno ridotto la popolazione al 30% di quella originaria e chi è rimasto da mesi soffre la mancanza di tutto. La fame è solo una delle conseguenze del conflitto che dilania il paese da anni. Un conflitto definito «catastrofico» dall’Onu, accompagnato da una serie di colpi di stato, una guerra che vede contrapposte le Forze armate sudanesi (Fas) e i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) e che fino a oggi, secondo le stime delle Nazioni Unite, ha causato oltre 150.000 vittime e 12 milioni di profughi interni o rifugiati nei Paesi vicini.
I primi camion del Wfp sono arrivati a Wad Madani trasportando 260 tonnellate di cibo nutrizionale adatto a curare la crescente malnutrizione, oltre a cereali, olio, sale e legumi che possono sfamare 30.000 persone per un mese. La città, capitale del Sudan centro-orientale, ex granaio del Paese, è stato un centro agricolo ed economico chiave, noto anche per le sue colture di cotone, sorgo e ortaggi, ma oggi è alla carestia perché gli agricoltori di molte aree hanno perso tutto a causa del conflitto. Solo ai primi di gennaio le forze armate sudanesi sono riuscite a riconquistare la città che vive però "una situazione di fame estrema", ha dichiarato Alex Marianelli, direttore del Wfp in Sudan. Una realtà che riguarda decine di migliaia di persone e per la quale il Wfp spera di riuscire a riprendere l’assistenza alimentare salvavita. Di fronte a chi ha bisogno di tutto non c’è tempo da perdere. Nel paese infatti hanno ricominciato a crescere i casi di colera, malaria, febbre dengue e morbillo. L’organizzazione dell'Onu, dunque, ha annunciato che altri convogli si dirigeranno presto verso Wad Madani da Kosti, nello stato sudanese del Nilo Bianco, e dalla città orientale di Port Sudan, con prodotti sanitari, igienici forniti dall' Unicef e da altri partner umanitari.
«La situazione rimane pericolosa», ha detto il funzionario del Wfp, ma con una maggiore stabilità, «vedremo un flusso più ampio e completo di aiuti arrivare a Wad Madani». E l’impegno dell’organizzazione non si ferma qui. Lo scorso 22 gennaio quattro chiatte cariche di 1.000 tonnellate di aiuti alimentari per 80.000 persone sono arrivate a Kosti, attraverso il Nilo Bianco, dalla città di Renk in Sud Sudan. La spedizione ha richiesto mesi di preparazione e segna la prima volta che gli aiuti del Wfp sono stati trasportati via fiume dal Sud Sudan al Sudan. «Questo è importante perché si tratta di un trasporto rapido di cibo via mare dal Sud Sudan al Sudan», ha detto Linus Mwaji, responsabile della logistica presso l'ufficio di Renk del Wfp. «Un modo fondamentale per soddisfare le esigenze alimentari del popolo sudanese».
E l’impegno del Wfp ha riguardato anche il campo profughi di Zamzam, fuori dalla capitale del Nord Darfur, El Fasher, dove la carestia è stata confermata ad agosto. Il campo ospita 500.000 persone che sono ricorse a misure disperate dopo quattro mesi di carestia, come mangiare un solo pasto al giorno o addirittura cibarsi di mangime per sopravvivere. Sorgo e miglio sono gli unici ingredienti dei pasti nel campo ma a causa dei prezzi elevati alcuni profughi sono stati costretti a nutrirsi di un mangime per animali composto dagli avanzi di fagioli e sesamo dopo l’estrazione dell’olio. È urgente dunque che il Programma Alimentare Mondiale prosegua nella distribuzione degli aiuti, ma la forte instabilità nel paese non favorisce le operazioni. Mentre decine di persone sono state recentemente uccise in attacchi etnici nel sud-est del Sudan e di fronte agli scontri che continuano per il controllo di Khartoum, il capo dei diritti umani delle Nazioni Unite, Volker Türk, ha avvertito che il conflitto sta prendendo "una piega ancora più pericolosa per i civili" e ci sono prove di crimini di guerra. Per l'Onu "gli attacchi di brutalità scioccante contro intere comunità sulla base di un'identità etnica reale o percepita sono in aumento", così come l'incitamento all'odio e alla violenza.