· Città del Vaticano ·

L’unità nella fede

 L’unità nella fede   QUO-021
27 gennaio 2025

di Isabella Piro

«Credi tu questo?» (Gv 11, 26): il tema scelto quest’anno per l’ottavario ecumenico è stato ricordato dal cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, nel saluto rivolto al Papa al termine della celebrazione dei secondi Vespri della Conversione di san Paolo. Il rito è stato presieduto dal Pontefice nel pomeriggio di sabato 25 gennaio nella basilica che custodisce il sepolcro dell’Apostolo delle genti e davanti al quale il Santo Padre ha sostato in preghiera, all’inizio della celebrazione.

Accanto al Papa erano il metropolita ortodosso d’Italia e Malta, Policarpo, in rappresentanza del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, e l’arcivescovo Ian Ernest, direttore del Centro Anglicano di Roma — e rappresentante personale dell’Arcivescovo di Canterbury — che in mattinata era stato ricevuto dal Pontefice a conclusione del suo servizio nell’Urbe.

L’interrogativo posto da Gesù a Marta di Betania, ha sottolineato Koch, è quello che Cristo pone «in ogni epoca e ogni generazione cristiana è chiamata a dare la sua risposta». Guardando, poi, alla «bellissima coincidenza» grazie alla quale, nel 2025, si celebrano sia il Giubileo della speranza sia il 1700° anniversario del Concilio di Nicea, «il primo ecumenico della storia della Chiesa», il cardinale prefetto ha evidenziato come il Credo scaturito da quell’assise rappresenti «una confessione cristologica» che è diventata «la base della fede cristiana comune a tutti i cristiani e a tutte le Chiese».

Per questo, «l’anniversario del Concilio di Nicea ci ricorda che possiamo ritrovare l’unità tra noi cristiani e tra noi Chiese solo nella fede comune». L’auspicio conclusivo espresso dal cardinale Koch è stato dunque che «tutti i cristiani e tutte le Chiese cristiane celebrino l’anniversario del Concilio nella comunione ecumenica e rinnovino con profonda convinzione la confessione cristologica».

Aperta dall’inno Excelsam Pauli gloriam, durante il quale il Papa ha raggiunto la sua sede posta davanti all’altare centrale, le celebrazione è proseguita con i Salmi 115 e 125. Al termine, il metropolita Policarpo ha elevato una preghiera in italiano affinché il Signore «alimenti la carità fraterna»; quindi l’arcivescovo Ian ha pregato Dio perché «ravvivi la fede» dei cristiani.

Dopo il Cantico (cfr. Ef, 1, 3-10), è stato il momento delle due letture, proclamate in italiano (1 Cor 15, 9-10 e Gv 11, 17-27). Quindi, Papa Francesco ha pronunciato l’omelia, seguita da un momento di silenzio. Durante le intercessioni — nelle lingue inglese, malaylam, italiana, rumena, spagnola e armena — si è pregato in particolare per i cristiani, affinché vivano più profondamente «una vita di comunione» e cooperino generosamente «alla riconciliazione e alla pace». Poi, nell’orazione conclusiva pronunciata dopo il «Padre nostro», il Pontefice ha invocato il Signore affinché conceda ai cristiani di «essere testimoni della verità».

Al rito erano presenti venti cardinali, tra i quali Parolin, segretario di Stato; Harvey, arciprete della basilica Ostiense; Koovakad, nuovo prefetto del Dicastero per il dialogo interreligioso; Sandri, vice decano del Collegio cardinalizio; e quindici presuli, tra i quali gli arcivescovi Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, e Flavio Pace, per la prima volta da segretario del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, incarico al quale il Papa lo ha nominato nel febbraio scorso, successore del vescovo Brian Farrell.

Hanno partecipato inoltre gli studenti sostenuti dal Comitato cattolico per la collaborazione culturale con Chiese ortodosse e Chiese ortodosse orientali presso il Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, i partecipanti alla visita di studio dell’Istituto Ecumenico Bossey, altri gruppi ecumenici e pellegrini. In pratica la basilica Ostiense — la cui Porta Santa è stata aperta il 5 gennaio — era gremita da circa duemila persone.

Ad animare il rito, diretto dall’arcivescovo Diego Ravelli, maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie, sono stati i cori della Cappella Sistina, guidato dal maestro Marcos Pavan, della basilica stessa, diretto dal maestro Christian Almada; e quello dei monaci benedettini. Infine, come coro ospite era presente quello ortodosso della cattedrale della Santa Trinità di Niš, in Serbia. Fondato nel 1887, l’ensemble di voci prosegue la sua attività in modo ininterrotto da ben 138 anni. I suoi componenti e la sua direttrice, Sara Cincarević, sono stati salutati brevemente dal Pontefice prima di lasciare San Paolo per fare rientro in Vaticano.