· Città del Vaticano ·

Israele avvia in Palestina l’operazione militare “Muro di ferro”. Almeno 10 morti e 35 feriti a Jenin

Rischio di un nuovo
fronte di guerra

epa11844282 A Palestinian woman approaches Israeli vehicles on the second day of an Israeli military ...
22 gennaio 2025

Tel Aviv , 22. È «massima» la moderazione chiesta dal segretario generale dell’Onu, António Guterres, alle Forze di difesa israeliane (Idf), dopo che ieri il primo ministro, Benjamin Netanyahu, ha ufficializzato l’avvio dell’operazione militare “Muro di ferro” in Palestina «per combattere — ha dichiarato — il terrorismo a Jenin». L’attacco ha provocato almeno 10 vittime e 35 feriti, secondo fonti locali. I soldati israeliani, che al riguardo hanno dichiarato di aver colpito «oltre 10 terroristi» e di proseguire l’offensiva, hanno preso d’assalto il campo profughi, considerato un centro di resistenza armata di quello che Netanyahu ha definito «l’asse iraniano», con riferimento anche a Gaza, Libano, Siria e Yemen.

Secondo l’Idf, ad entrare in azione a Jenin è stata una serie di droni. I media palestinesi hanno descritto diversi raid aerei mortali, senza precisare se le vittime appartenessero ad Hamas o alla Jihad islamica. Segnalati inoltre arresti di almeno 20 palestinesi a Hebron — dove in manette è finito anche un giornalista — Qalqilya, Ramallah e Nablus.

Dal 7 ottobre 2023 Israele aveva più volte effettuato raid o attacchi aerei a Jenin, ma non era mai scattata un’operazione così ampia tale da far rischiare di fatto l’apertura di un altro fronte di guerra. In risposta, Hamas ha esortato i palestinesi alla «mobilitazione generale» e allo «scontro», in una zona dove peraltro la tensione è già alta. Nella notte tra lunedì e martedì decine di coloni israeliani hanno assaltato i villaggi palestinesi di Jinsafut e al Funduq, lanciando pietre, dando fuoco alle auto e cercando di entrare nelle abitazioni, come hanno mostrato le immagini della tv israeliana Kan.

L’attacco è avvenuto quasi nelle stesse ore in cui a Washington il presidente statunitense Donald Trump, appena reinsediato, firmava l’ordine esecutivo per revocare le sanzioni ai coloni in Palestina.

In Israele è poi massima allerta a Tel Aviv, dove ieri quattro persone sono state ferite da un individuo armato di coltello. L’aggressore, un cittadino marocchino con permesso di residenza negli Stati Uniti, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco dalla polizia. Sul piano politico, nel pieno delle tensioni per la presa di posizione delle forze di estrema destra nell’esecutivo Netanyahu contrarie agli accordi sul cessate-il-fuoco e il rilascio degli ostaggi, il leader dell’opposizione Yair Lapid è tornato a chiedere le dimissioni del primo ministro dopo che il capo di Stato maggiore Herzi Halevi ha rassegnato le proprie. Prima di lasciare l’incarico, Halevi ha tracciato un bilancio delle operazioni a Gaza, affermando che sono stati uccisi 20.000 miliziani di Hamas dal 7 ottobre.

Sul fronte diplomatico continua comunque il lavoro dei negoziatori di Qatar, Usa ed Egitto per blindare il cessate-il-fuoco a Gaza, dove ieri sono entrati 897 camion di aiuti umanitari per la popolazione stremata da oltre 15 mesi di guerra. Al contempo, i capi delle agenzie di intelligence israeliane Mossad e Shin Bet, David Barnea e Ronen Bar, hanno incontrato al Cairo l’omologo egiziano, Hassan Rashad. Al centro dei colloqui gli accordi di sicurezza per il “corridoio Filadelfia” tra l’Egitto e la Striscia di Gaza, il sistema di gestione della tregua tra Israele e Hamas e le trattative per lo scambio di ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi. Nel frattempo, rimane ancora da chiarire la data sulle annunciate nuove liberazioni: secondo Hamas, quattro donne israeliane ancora nelle mani dei miliziani saranno liberate sabato e non domenica come affermato in precedenza.