
14 gennaio 2025
di Silvia Guidi
Zero scenografia, zero comprimari, nessuna sottotrama, nessun artificio di montaggio. Solo uno scambio di battute apparentemente casuale tra due persone che non si conoscono e che probabilmente non si rivedranno mai più. Un dialogo che diventa sempre più profondo, sempre più intimo, sempre più autentico; sempre più pericolosamente autentico, fino a diventare doloroso per entrambi. La scena è ridotta al minimo: l’interno di un taxi che sfreccia in mezzo alle luci sfuocate di una notte come tante altre a New York, dall’aeroporto JFK al centro della città. Una continua triangolazione di sguardi tra un tassista e una passeggera che scivolano da uno specchietto retrovisore all’altro, fissano distratti il traffico, si perdono in pensieri che non sempre riescono a diventare parole ...
Questo contenuto è riservato agli abbonati

Cara Lettrice, caro Lettore,
la lettura de L'Osservatore Romano in tutte le sue edizioni è riservata agli Abbonati
la lettura de L'Osservatore Romano in tutte le sue edizioni è riservata agli Abbonati