Costruire una società

di Salvatore Cernuzio
«Quando vengo in Africa sento sempre gioia e fiducia nel futuro». Con i media della Repubblica del Congo, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, condivide i propri sentimenti per la visita a Brazzaville iniziata sabato 11 gennaio e oggi in conclusione. Un viaggio istituzionale, ma scandito anche da tanti momenti pastorali, in occasione dell’inizio dei lavori della Commissione mista per l’attuazione dell’Accordo Quadro tra il Paese africano e la Santa Sede. Ovvero l’intesa, siglata nel 2017 ed entrata in vigore nel 2019, che riconosce la personalità giuridica della Chiesa e delle sue istituzioni, salvaguardandone indipendenza e autonomia
Una cerimonia, ieri pomeriggio, nella sede del ministero degli Esteri ha sancito l’avvio dell’iter volto a implementare l’Accordo. A presiederla lo stesso Gallagher, alla presenza del ministro degli Affari esteri congolese, Jean-Claude Gakosso, del nunzio apostolico Javier Herrera Corona, di alcuni vescovi del Paese oltre ad autorità civili ed ecclesiastiche. Le stesse che, domenica, hanno partecipato alla messa giubilare dei movimenti ecclesiali che l’arcivescovo britannico ha celebrato nella piazza della Cattedrale mariana.
Una moltitudine di fedeli, in particolare quelli provenienti dalle diverse realtà associative della Chiesa, ha preso parte alla liturgia animata da musica, canti e danze tradizionali. Una celebrazione «magnifica», un momento di «entusiasmo» e «incoraggiamento», l’ha definito infatti Gallagher, che a questa gente messa alla prova da catastrofi naturali, lotte tribali, povertà, problematiche sociali, ha assicurato la vicinanza del Pontefice. «Vi porto oggi il saluto e la benedizione di Papa Francesco, che segue con grande attenzione la vita del popolo congolese. Il Papa vi ama e vi è vicino!», ha detto Gallagher all’inizio dell’omelia in francese. «Papa Francesco pensa a tutti voi, cari fratelli e sorelle della comunità cattolica congolese. Egli conosce bene le vostre attese e le vostre speranze di pace e di fraternità. Egli vi è vicino nei momenti difficili, quando il vostro spirito di resilienza è messo alla prova dalle catastrofi naturali così come dalle situazioni difficili della vita e della società».
Alla Chiesa e alla popolazione congolesi monsignor Gallagher ha espresso anche il «grazie», sempre a nome del Papa, «per la testimonianza a favore del Vangelo» e «per la costruzione di una società più giusta e fraterna». Unito a questo l’augurio che «l’Anno giubilare possa rinvigorire la vostra fede e illuminare il cammino dell’intera Chiesa congolese verso la santità». E qui il pensiero è andato soprattutto ai giovani; tanti quelli radunati per la messa: «Non lasciatevi rubare la speranza!», ha detto loro il presule. «Non lasciamoci derubare della speranza!». ha aggiunto, ribadendo l’invito tante volte espresso dal Papa alle nuove generazioni. «Alziamo gli occhi al Signore! Non lasciamoci scoraggiare dalle difficoltà quotidiane! Non disperiamo per il futuro; camminiamo nonostante gli ostacoli e gli avvenimenti che possono rattristarci».
Soprattutto questo Giubileo, «tempo privilegiato di conversione e di speranza», ha affermato il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, è «un invito radicale a risvegliarci dal sonno delle abitudini, un invito a liberare il nostro cuore da tutto ciò che ci impedisce di attendere veramente la venuta del Signore nella nostra vita». Al contempo è un invito a «riprendere con rinnovato vigore il cammino dell’evangelizzazione» e offrire una testimonianza cristiana attraverso il rispetto del creato, il rafforzamento di legami di fraternità, la pratica della giustizia, la carità e l’aiuto verso deboli e poveri. In questo senso, Gallagher ha ricordato come nella storia del Congo non sono mai mancati «testimoni della fede», che «si sono offerti a Dio con l’omaggio della loro libertà e della loro intelligenza, con tutta la loro forza e il loro carisma profetico, nel dono della vita».
Brilla da questo punto di vista «la persona, l’insegnamento pacifico e la testimonianza evangelica» del cardinale congolese Emile Biayenda, servo di Dio, vittima di lotte tribali, sequestrato e assassinato la notte tra il 22 e il 23 marzo del 1977 all’età di 50 anni. Creato cardinale da Paolo vi , fu poi Giovanni Paolo ii a volerne avviare la Causa di beatificazione e canonizzazione. Le spoglie del porporato oggi riposano nella cattedrale di Brazzaville. E proprio dalla tomba di Biayenda ha preso il via la visita di Gallagher appena atterrato nella capitale della Repubblica del Congo. Dinanzi alla lastra in marmo bianca, con una targa che ricorda vita e opera del cardinale, il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali è rimasto in preghiera per qualche istante, deponendo alla fine un cero e un mazzo di rose. Gesto ripetuto anche davanti alla tomba di monsignor Théophile Mbemba, primo arcivescovo di Brazzaville, morto nel 1971. Di Biayenda monsignor Gallagher ha poi visitato anche la casa adibita a museo per fedeli e visitatori. Un luogo semplice che mostra la vita di «un uomo santo» che — ha detto il presule alle telecamere fuori dal museo — «viveva nell’interesse esclusivo della Chiesa». Al servo di Dio monsignor Gallagher ha affidato le sorti del Congo, chiedendone l’intercessione «affinché possiamo riconoscere la presenza di Dio nella nostra società, per rinnovarla, trasformarla, renderla sempre più giusta, aperta e unita».