![Il magistero QUO-006 Il magistero QUO-006](/content/dam/or/images/it/2025/01/006/varobj29257693obj2035841.jpg/_jcr_content/renditions/cq5dam.thumbnail.cropped.500.281.jpeg)
Venerdì 3
Adorare |
Abbiamo appena festeggiato Maria santissima Madre di Dio, protettrice della vostra confraternita, che la ricorda col titolo di Odigitria, “colei che indica la via”, cioè Gesù. |
Lei indica Gesù, sempre! Mai sé stessa! Tiene fra le braccia il Salvatore nato per noi: ecco l’evento d’amore al quale date testimonianza adorando l’Eucaristia, servendo il prossimo e camminando nella storia della vostra città.
Vorrei riflettere su tre verbi: adorare, servire, camminare.
La vostra confraternita si raduna dinanzi al Santissimo Sacramento. Specie in questo Anno santo, coltivare con impegno la preghiera, personale e comunitaria.
Sia questa la vostra forza, che rinnoverà costantemente il vostro antico sodalizio.
Il fervore custodisce la fraternità: infatti dal Signore Gesù, che ci nutre con la sua vita e ci sostiene col suo Spirito, vengono tutti i doni, i carismi, i frutti di bene che rendono la Chiesa feconda e gioiosa.
Quando vi prendete cura dei poveri e visitate gli infermi, mentre siete in compagnia di chi soffre, voi servite il Signore. C’è uno strettissimo legame tra adorazione e servizio, che mai dobbiamo dimenticare.
Cristo è venuto per servire: anche voi, come tralci uniti alla Vite, prolungate la sua carità quando state vicino ai piccoli e ai bisognosi con compassione e tenerezza.
Allora la vostra testimonianza di devozione a Dio e di dedizione ai fratelli sarà luminosa per tutti, lungo il cammino.
Il terzo verbo, camminare, ricorda che Gesù, la Via, chiama a seguirlo con perseveranza, tenendo accesa la fiaccola della fede durante il pellegrinaggio terreno.
(All’arciconfraternita dei santi Giovanni Battista ed Evangelista dei cavalieri di Malta, di Catanzaro)
Piccoli segni |
La parola “pellegrini” fa pensare al camminare, perciò vorrei augurarvi di essere sempre persone in cammino. |
A ogni età: ragazzi, giovani, adulti, anziani, sempre in cammino, mai fermi, mai arrivati, sempre con il desiderio di andare avanti.
Però il “pellegrino” è uno che non solo cammina, ma ha una meta particolare: un luogo santo che lo attira, che motiva il viaggio, che sostiene nella fatica.
Nel caso del Giubileo la meta è una porta. Naturalmente si tratta di un simbolo: rappresenta Cristo, il suo Mistero di salvezza, che permette di entrare nella vita nuova, libera dalla schiavitù del peccato, per amare e servire Dio e il prossimo.
Vorrei augurarvi di essere non solo in cammino, ma anche pellegrini, desiderosi di incontrare Gesù, conoscerlo, ascoltare la sua Parola che dà senso alla vita, la riempie di una gioia nuova, che non rimane “fuori”, in superficie, ma riempie il cuore e lo riscalda.
La gioia di Gesù è così: solo Lui può dare questa gioia, e lo dimostra la testimonianza di tanti santi e sante di ogni tempo, anche del nostro.
Pensiamo a Pier Giorgio Frassati, un giovane torinese vissuto cent’anni fa.
Poi ci sono i grandi “campioni”, come Francesco e Chiara d’Assisi, che tutti conoscete; o come Teresa di Gesù Bambino, una giovane francese di fine Ottocento: era così innamorata di Gesù che avrebbe voluto girare il mondo intero per annunciarlo a tutti, e ha scoperto che il modo per farlo era diventare lei stessa amore, in una vita consacrata alla preghiera e al servizio delle sue sorelle.
Questi sono “pellegrini di speranza”: ragazzi e giovani che hanno incontrato il Signore e hanno camminato con Lui.
Seguiamo questa strada, e diventeremo anche noi piccoli segni di speranza per chi ci incontra.
(A giovani dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti)
Sabato 4
La scuola è |
Avete scelto un tema impegnativo: “Comprendere il presente per capire insieme il futuro dell’Unione in cammino con la Chiesa”. |
È in linea con l’eredità, lasciatavi dalla venerabile Luigia Tincani, di dare risposte creative alle domande degli uomini e delle donne del nostro tempo, specie degli indifferenti alla fede e dei lontani, attraverso la promozione di un umanesimo cristiano.
Per farlo, la vostra fondatrice vi ha proposto tre atteggiamenti, che San Giovanni Paolo ii riassumeva così: «L’impegno costante della propria santificazione, una seria preparazione teologica e professionale e uno stile di vita affabile e amorevole verso tutti, specialmente verso i giovani».
Mi piace quello “stile di vita affabile e amorevole”: a volte nella mia vita ho trovato qualche suora che aveva la faccia “di aceto” e questo non è affabile, non aiuta ad attirare la gente.
Santità |
È una parola impegnativa, che può spaventare, al punto che facciamo fatica ad applicarla a noi stessi, ma è la vocazione che accomuna tutti e l’obiettivo essenziale della nostra vita. |
Ma la santità è gioiosa, attira, è gioia spirituale. Non è facile trovare la santità, ma con la grazia di Dio ce la possiamo fare. Quanto è importante questa missione oggi, specie per i giovani!
Voi, come consacrate, la realizzate prima di tutto nella sequela Christi, con la professione dei consigli evangelici, la vita sacramentale, l’ascolto e la meditazione quotidiana della Parola di Dio, la preghiera e la vita comune, come insegna il motto domenicano: “contemplata aliis tradere”.
Rimanete ben radicate in questi fondamenti, perché il vostro apostolato sia solido e ricco.
Prepararsi |
Potremmo dire, con un termine moderno, “professionalità”; non però in un senso riduttivo di efficienza funzionale, ma in quello evangelico di dedizione, vissuta nello studio e nell’approfondimento continuo delle proprie conoscenze e capacità, nel confronto personale e nella condivisione fraterna circa le verità apprese, nell’aggiornamento delle modalità didattiche e comunicative, per far vostro «ciò che di buono si trova nel dinamismo sociale odierno», con apertura e dialogo con tutti. Il Signore ci ha fatto vedere che dialogava con tutti, tranne il diavolo. Dialogate con tutti, tranne che con il diavolo, che viene nella comunità, guarda le gelosie, tutte quelle cose che sono di tutti gli umani, non solo delle donne. Con il diavolo non si dialoga. |
Messaggere |
Siate messaggere di affabilità, che è dono dello Spirito, e di gioia, vivendo ogni incontro con riconoscenza solare dell’altro nella sua sacra unicità. Grazie per il vostro lavoro, specie in ambito giovanile! Continuate con l’apertura e il coraggio che vi sono propri, pronte a rinnovarvi là dove necessario, con santità di vita, preparazione e affabilità. (Al capitolo generale dell'Unione Santa Caterina da Siena delle Missionarie della scuola) |
Domenica 5
Dio arriva |
Il Vangelo, parlando di Gesù, Verbo fatto carne, dice che «la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta». Ci ricorda quanto è potente l’amore di Dio, che non si lascia vincere da nulla e che, al di là di ostacoli e rifiuti, continua a risplendere e illuminare il nostro cammino. |
Lo vediamo nel Natale, quando il Figlio, fattosi uomo, supera muri e divisioni. Affronta la chiusura di mente e di cuore dei “grandi” del suo tempo, preoccupati più di difendere il potere che di cercare il Signore.
Condivide la vita umile di Maria e Giuseppe, che lo accolgono e crescono con amore, ma con le possibilità limitate e i disagi di chi non ha mezzi: erano poveri.
Si offre, fragile e indifeso, all’incontro con i pastori, uomini dal cuore segnato dalle asprezze della vita e dal disprezzo della società; e poi con i Magi, che spinti dal desiderio di conoscerlo affrontano un lungo viaggio e lo trovano in una casa di gente comune, in grande povertà.
Di fronte a queste e a tante altre sfide, che sembrano contraddizioni, Dio non si ferma mai: trova mille modi per arrivare a ciascuno di noi, là dove ci troviamo, senza calcoli e condizioni, aprendo anche nelle notti più oscure dell’umanità finestre di luce che il buio non può coprire.
È una realtà che consola e dà coraggio, specie in un tempo come il nostro, non facile, dove c’è tanto bisogno di luce, di speranza e di pace, un mondo dove gli uomini a volte creano situazioni così complicate, che sembra impossibile uscirne.
Non temere |
Ma oggi la Parola di Dio ci dice che non è così! Anzi, ci chiama a imitare il Dio dell’amore, aprendo spiragli di luce dovunque possiamo, con chiunque incontriamo, in ogni contesto: familiare, sociale, internazionale. |
Ci invita a non aver paura di fare il primo passo. Spalancando finestre luminose di vicinanza a chi soffre, di perdono, di compassione, di riconciliazione: questi sono i tanti primi passi che noi dobbiamo fare per rendere il cammino più chiaro, sicuro e possibile per tutti.
Questo invito risuona in modo particolare nell’Anno giubilare da poco iniziato, sollecitando ad essere messaggeri di speranza con semplici ma concreti “sì” alla vita, con scelte che portano vita. Facciamolo, tutti: è questa la via della salvezza!
(Angelus in piazza San Pietro)
Lunedì 6
Come luci |
«Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo»: i Magi testimoniano di essersi messi in cammino, dando una svolta alla loro vita, perché nel cielo hanno visto una luce nuova. |
Vorrei sottolineare tre caratteristiche della stella di cui ci parla l’evangelista Matteo: è luminosa, è visibile a tutti e indica un cammino.
Anzitutto è luminosa. Molti sovrani, al tempo di Gesù, si facevano chiamare “stelle”, perché si sentivano importanti, potenti e famosi.
Non è stata però la loro luce a svelare ai Magi il miracolo del Natale.
Il loro splendore, artificiale e freddo, frutto di calcoli e di giochi di potere, non è stato in grado di rispondere al bisogno di novità e di speranza di queste persone in ricerca.
Lo ha fatto invece un altro tipo di luce, simboleggiata dalla stella, che illumina e scalda bruciando e lasciandosi consumare.
La stella ci parla della sola luce che può indicare a tutti la via della salvezza e della felicità: quella dell’amore, l’unica luce che ci farà felici.
Prima di tutto l’amore di Dio, che facendosi uomo si è donato a noi sacrificando la sua vita.
Poi, di riflesso, quello con cui anche noi siamo chiamati a spenderci gli uni per gli altri, divenendo, col suo aiuto, un segno reciproco di speranza, anche nelle notti oscure della vita.
Come la stella, col suo brillare, ha guidato i Magi a Betlemme, così anche noi, col nostro amore, possiamo portare a Gesù le persone che incontriamo, facendo loro conoscere, nel Figlio di Dio fatto uomo, la bellezza del volto del Padre e il suo modo di amare, fatto di vicinanza, compassione e tenerezza.
Possiamo farlo senza strumenti straordinari e mezzi sofisticati, ma rendendo i cuori luminosi nella fede, i nostri sguardi generosi nell’accoglienza, i gesti e le parole pieni di gentilezza e umanità.
Mentre perciò guardiamo i Magi che, con gli occhi rivolti al cielo, cercano la stella, chiediamo al Signore di essere, gli uni per gli altri, luci che portano all’incontro con Lui.
Scardinare |
Veniamo così alla seconda caratteristica della stella: è visibile a tutti. I Magi non seguono le indicazioni di un codice segreto, ma un astro nel firmamento. |
Loro lo notano; altri, come Erode e gli scribi, non si accorgono nemmeno della sua presenza.
La stella però resta sempre là, accessibile a chiunque alzi lo sguardo al cielo, in cerca di un segno di speranza.
Dio non si rivela a circoli esclusivi o a pochi privilegiati, offre la sua compagnia e la sua guida a chiunque lo cerchi con cuore sincero. Cerca tutti.
Quanto ci fa bene meditare su questo oggi, in un tempo dove le persone e le nazioni, pur dotate di mezzi di comunicazione sempre più potenti, sembrano diventate meno disponibili a comprendersi, accettarsi e incontrarsi nella loro diversità!
La stella, che in cielo offre a tutti la sua luce, ci ricorda che il Figlio di Dio, è venuto nel mondo per incontrare ogni uomo e donna della terra, a qualsiasi etnia, lingua e popolo appartenga, e che a noi affida la stessa missione universale.
Chiama a mettere al bando qualsiasi forma di selezione, emarginazione e scarto delle persone, e a promuovere, in noi e negli ambienti in cui viviamo, una forte cultura dell’accoglienza, in cui alle serrature della paura e del rifiuto si preferiscano gli spazi aperti dell’incontro, dell’integrazione e della condivisione; luoghi sicuri, dove tutti possano trovare calore e riparo.
Per questo la stella sta in cielo: non per rimanere lontana e irraggiungibile, ma perché la sua luce sia visibile a tutti, perché raggiunga ogni casa e superi ogni barriera, portando speranza fino agli angoli più remoti e dimenticati del pianeta.
La stella parla del sogno di Dio: che tutta l’umanità, nella ricchezza delle sue differenze, giunga a formare una sola famiglia che viva concorde nella prosperità e nella pace.
Essere uomini e donne |
Questo ci porta all’ultima caratteristica della stella: quella di indicare il cammino. Camminare insieme «è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita» e noi, guardando la stella, possiamo rinnovare anche il nostro impegno ad essere donne e uomini “della Via”, come venivano definiti i cristiani alle origini della Chiesa. |
Ci renda così il Signore luci che indicano Lui, come Maria, generosi nel donarci, aperti nell’accoglienza e umili nel camminare insieme, perché possiamo incontrarlo, riconoscerlo e adorarlo, e ripartire da Lui rinnovati portando nel mondo la luce del suo amore.
(Messa nella solennità
dell’Epifania del Signore)
Gesù è |
Oggi il Vangelo si concentra sui Magi, che al termine di un lungo viaggio giungono a Gerusalemme per adorare Gesù. Se facciamo attenzione, scopriamo una cosa un po’ strana: mentre quei sapienti da lontano arrivano a trovare Gesù, quelli che erano vicini non muovono un passo verso la grotta di Betlemme. |
Attirati e guidati dalla stella, i Magi affrontano spese ingenti, mettono a disposizione il loro tempo, accettano i tanti rischi e le incertezze che a quei tempi non mancavano mai.
Superano ogni difficoltà per arrivare a vedere il Re Messia, perché sanno che sta avvenendo qualcosa di unico nella storia dell’umanità e non vogliono mancare all’appuntamento. Avevano l’ispirazione dentro e l’hanno seguita.
Invece quelli che vivono a Gerusalemme, che dovrebbero essere i più felici e i più pronti ad accorrere, rimangono fermi.
I sacerdoti, i teologi interpretano correttamente le Scritture e forniscono indicazioni ai Magi su dove trovare il Messia, ma non si spostano dalle loro “cattedre”.
Sono soddisfatti di quello che hanno e non si mettono alla ricerca, non pensano che valga la pena uscire da Gerusalemme.
Siamo più simili ai pastori, che la notte stessa vanno in fretta alla grotta, e ai Magi d’oriente, che partono fiduciosi alla ricerca del Figlio di Dio fatto uomo? o siamo più simili a coloro che, pur essendo fisicamente vicinissimi a Lui, non aprono le porte del loro cuore e della loro vita, rimangono chiusi e insensibili alla presenza di Gesù?
Secondo una storia, un quarto re mago arriva tardi a Gerusalemme, durante la crocifissione di Gesù perché si è fermato per la strada ad aiutare tutti i bisognosi dando loro i preziosi doni che aveva portato.
Alla fine, arriva ormai vecchio e Gesù dalla croce gli dice: “In verità ti dico, tutto quello che hai fatto per l’ultimo dei fratelli, lo hai fatto per me”. Il Signore sa tutto quello che abbiamo fatto per gli altri.
La Vergine Maria ci aiuti, affinché, imitando i pastori e i Magi, sappiamo riconoscere Gesù vicino, nel povero, nell’Eucaristia, nell’abbandonato, nel fratello, nella sorella.
(Angelus in piazza San Pietro)
Mercoledì 8
Non derubare |
Oggi sappiamo volgere lo sguardo verso Marte o mondi virtuali, ma facciamo fatica a guardare negli occhi un bambino lasciato ai margini, sfruttato e abusato. |
Il secolo che genera intelligenza artificiale e progetta esistenze multiplanetarie non ha fatto ancora i conti con la piaga dell’infanzia umiliata, sfruttata e ferita a morte.
I figli sono un dono di Dio. Purtroppo, questo dono non sempre è trattato con rispetto.
La Bibbia ci conduce nelle strade della storia dove risuonano i canti di gioia, ma si levano anche le urla delle vittime.
Pensiamo a quanti bambini, oggi, stanno morendo di fame e di stenti, o dilaniati dalle bombe.
Anche sul neonato Gesù irrompe subito la bufera della violenza di Erode, che fa strage dei bambini di Betlemme.
Un dramma cupo che si ripete in altre forme nella storia.
L’incubo |
Ecco, per Gesù e i suoi genitori, l’incubo di diventare profughi in un paese straniero, come succede anche oggi a tante persone, a tanti bambini. |
Nella sua vita pubblica, Gesù andava predicando per i villaggi insieme ai suoi discepoli.
Un giorno si avvicinano alcune mamme e gli presentano i loro bimbi perché li benedica; ma i discepoli li rimproverano.
Gesù, rompendo la tradizione che considerava il bambino come oggetto passivo, chiama i discepoli e dice: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio».
Indica i piccoli come modello per gli adulti e aggiunge: «In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come l’accoglie un bambino, non entrerà in esso».
In un passo simile, Gesù chiama un bambino, lo mette in mezzo ai discepoli e dice: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli».
Poi ammonisce: «Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare».
I discepoli di Cristo non dovrebbero mai permettere che i bambini siano trascurati o maltrattati, che vengano privati dei loro diritti, che non siano amati e protetti.
Nel sorriso |
I cristiani hanno il dovere di prevenire con impegno e condannare con fermezza le violenze o gli abusi sui minori. |
Ancora oggi sono troppi i piccoli costretti a lavorare. Un bambino che non sorride e non sogna, non potrà conoscere né fare germogliare i suoi talenti.
In ogni parte della terra ci sono bambini sfruttati da un’economia che non rispetta la vita; un’economia che, così facendo, brucia il nostro più grande giacimento di speranza e di amore.
I bambini occupano un posto speciale nel cuore di Dio, e chiunque danneggia un bambino, dovrà renderne conto a Lui.
Chi si riconosce figlio di Dio, specie chi è inviato a portare agli altri la buona novella del Vangelo, non può restare indifferente; non può accettare che sorelline e fratellini, invece di essere amati e protetti, siano derubati della loro infanzia, dei loro sogni, vittime dello sfruttamento e della marginalità.
Chiediamo al Signore che ci apra mente e cuore alla cura e alla tenerezza, e che ogni bambino e ogni bambina possa crescere in età, sapienza e grazia, ricevendo e donando amore.
(Udienza generale
nell’Aula Paolo vi )