Come i Re Magi, pellegrini
In occasione di una «festa di luce» — l’Epifania — riconoscere nel viaggio dei Magi un «pellegrinaggio di cercatori» per compiere, come i tre re, un atto di adorazione e donazione. È l’invito del cardinale José Tolentino de Mendonça, inviato speciale del Santo Padre alla celebrazione del 75° anniversario dell’erezione della diocesi di San Sebastián in Spagna, che si è tenuta ieri, 6 gennaio.
Presiedendo la messa di apertura del giubileo diocesano nella cattedrale del Buon Pastore, il prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione ha sottolineato ai fedeli l’importanza della stella che indica il cammino ai Magi, metafora della fede che «guida», «orienta» e «segna il luogo della presenza di Dio nel mondo».
La luce della fede permette così di «riconoscere» Dio nel «bambino che giace nella mangiatoia», nel battesimo in cui viene proclamato «Figlio di Dio» e nelle nozze di Cana in cui «mostra per la prima volta la sua divinità agli uomini».
Sospinti dalla fede, ha rimarcato il porporato, è possibile «diventare uomini e donne di luce», sull’esempio dei santi, in modo da illuminare «le ombre di tante realtà che hanno bisogno di chiarore e forza vitale».
Il viaggio intrapreso dai Magi in Oriente, seguendo la luce di una stella, è dunque un «pellegrinaggio di cercatori», «uomini di scienza» che, «attraverso il linguaggio della creazione, trovano Dio della storia», saggi che interpretano «segni e profezie» per raggiungere la Verità.
I tre re, «uomini dal cuore inquieto» che diventano cercatori di Dio», hanno compreso che la salvezza di Gesù Cristo è aperta a tutte le nazioni e inaugurano «il cammino dei popoli verso Cristo». Una chiave di lettura, questa, particolarmente significativa secondo il porporato proprio per il «doppio Giubileo» che vive la chiesa di San Sebastián: da un lato, quello universale, che pone in comunione con il Papa e con l’esortazione a trasformare «i segni dei tempi» in «segni di speranza»; dall’altro, l’evento diocesano, da celebrare sulle orme dei Magi, come esploratori «che sanno trovare nella natura l’impronta indelebile del Creatore», appassionati della Verità oltre «ogni relativismo», «cercatori di quell’infinito desiderio che solo Dio può soddisfare».
Ed è così che, nella festa dell’Epifania, il pellegrinaggio di tre cercatori con lo sguardo rivolto al cielo si tramuta in un atto di adorazione verso il Bambino riconosciuto come vero Dio. Con l’oro per essere Re, l’incenso per essere Dio e la mirra per essere uomo, «l’atto di adorazione porta a un atto di donazione» totale: «In un mondo spesso segnato da egoismo, individualismo e solitudine — ha ricordato l’inviato speciale del Pontefice —, il dono di noi stessi agli altri, cioè il dono del tempo e delle qualità, della vicinanza e dell’affetto, in breve la condivisione del meglio che siamo, è la migliore catechesi che possiamo offrire come cristiani e come Chiesa ai nostri contemporanei».
Facendo poi riferimento all’imponente statua del Sacro Cuore che domina la città di San Sebastián dalla sommità del monte Urgull, il cardinale de Mendonça ha esortato a «tornare al cuore», a ciò che è fondamentale nell’adesione a Cristo e «porta ad amare i fratelli e le sorelle». Infine, l’invocazione alla Madonna di Arantzazu, patrona della regione basca, e l’affidamento del tempo giubilare, da vivere «con passione e intensità», al patrono della diocesi, sant’Ignazio di Loyola, «instancabile scrutatore degli affetti del cuore».
di Lorena Leonardi