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Bailamme

Il tempo della fretta

 Il tempo della fretta  QUO-002
03 gennaio 2025

All’inizio di ottobre, negli scaffali dei supermercati già apparivano i primi panettoni. All’inizio di novembre, le vie del centro erano già tutte addobbate con gli arredi natalizi, le vetrine piene di lustrini e luci colorate e la gente era già in preda allo shopping compulsivo prefestivo. Alla radio la paradossale réclame di un grande centro commerciale invitava a uno «shopping da batticuore», «lasciandosi ispirare dalla location unica» e per infine dedicarsi a un gratificante aperitivo. Forse possiamo e dobbiamo rassegnarci, questa è l’immagine plastica della nostra società, retta più che dalle idee (gli ideali? ma quando mai!), dalle passioni, dagli interessi; impostata soprattutto sul consumo, che è diventato a sua volta idea, ideale, passione, interesse, finanche bisogno/necessità.

Tuttavia, anche accettando questo, c’è qualcosa che non torna. E cioè questo nostro non voler fare più i conti con il tempo, il volerlo bruciare, condizionarlo ai nostri impulsi. Una volta si diceva «ogni cosa a suo tempo», oggi invece ogni cosa deve rispondere al “nostro” tempo. Non conosciamo più l’andamento dell’attesa, la dolce pazienza. Dall’inizio del Novecento la velocità sembra coincidere con la modernità, cioè la modernità è veloce. Se vogliamo essere al passo con i tempi, dobbiamo correre e correre. I futuristi ci hanno costruito sopra una carriera, loro ne erano affascinati, perché il dinamismo era sintomo di progresso, e quindi il futuro era a portata di mano. Va bene, del resto, tutta la giovinezza è uno straordinario sperpero di energie proiettate in avanti, avanti e avanti ancora. Anche nel tempo dell’Avvento ci prepariamo a una “venuta”, anche se nell’accezione più diffusa diventa un tempo di attesa. Attesa di qualcosa di grandioso, cui però non corriamo incontro freneticamente, perché in realtà quell’attesa, come sospesa in un senzatempo permette di vivere appieno l’emozione di ciò che sta per accadere. E come Maria ci fermiamo ad “attendere” a una sola cosa di cui c’è bisogno, la parte migliore. Mentre la sorella Marta, pur accogliendo Gesù nella loro casa, è presa dai molti servizi e si preoccupa e si agita per tante cose.

Un’amica mi ha detto di aver fatto l’albero di Natale a novembre, perché glielo aveva chiesto il figlio. Il piccolo sarà stato certamente invogliato dal frastuono pubblicitario prenatalizio. Ma una grande responsabilità è proprio di noi adulti, che presi nel vortice dei nostri affanni di fine anno, accontentiamo i figli nei loro capricci indotti. Ma non diamo loro l’esempio di come si può aspettare, semplicemente aspettare che le cose si compiano nel loro tempo e così che le si possa vivere nella consapevole pienezza della loro realizzazione naturale. L’uomo per sua natura è sempre in movimento ed è un fatto che il progresso accelera il cammino esponenzialmente. Tuttavia, anche ammesso che dobbiamo correre verso il domani, una cosa è la velocità altra è la fretta. Già, la fretta non ha niente a che fare con la velocità. I nostri nonni dicevano che è cattiva consigliera, ma certamente non è sinonimo di progresso. Allora, a pensarci bene, possiamo fermarci, tornare a saper attendere, in fondo non è una cosa difficile. Altrimenti ci dovremmo rassegnare, tra qualche anno, a fare l’albero di Natale in spiaggia a ferragosto. 

di Nicola Bultrini