· Città del Vaticano ·

Aperta dal cardinale Makrickas la Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore

Non le idee o la tecnologia ma la Madre di Dio dona conforto e speranza

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02 gennaio 2025

Il primo rintocco è stato quello della “Sperduta”, la storica campana tornata a suonare a Santa Maria Maggiore dopo la rottura avvenuta nel 1884. È stata proprio questa campana ad annunciare l’apertura della Porta Santa nella basilica papale che, dalle sommità dell’Esquilino, sovrasta Roma. «Apritemi le porte della giustizia, vi entrerò per ringraziare il Signore». Questa la chiusa della formula pronunciata ieri, 1° gennaio, dal cardinale Rolandas Makrickas, arciprete coadiutore della basilica liberiana. Una formula ormai familiare, essendo la quarta Porta Santa aperta dall’inizio del Giubileo, dopo quelle di San Pietro e della chiesa del carcere romano di Rebibbia, aperte da Papa Francesco, e quella di San Giovanni in Laterano, aperta dal cardinale vicario di Roma, Baldassarre Reina.

Nel primo giorno dell’anno, solennità di Maria Santissima Madre di Dio, numerosi fedeli si sono raccolti nel perimetro dell’antica Basilica, tracciato, come vuole la tradizione, proprio dalla Vergine. Fu lei ad apparire in sogno al ricco patrizio romano Giovanni e a sua moglie nell’agosto del 352, annunciando che un miracolo avrebbe indicato loro il luogo dove edificare una chiesa. Sognò così anche Papa Liberio, che il giorno seguente trovò il colle Esquilino coperto da un’insolita nevicata estiva.

Makrickas, creato cardinale dal Pontefice lo scorso 7 dicembre, è stato il primo a varcare le soglie della porta bronzea, la cui costruzione è recente, frutto di un concorso indetto in occasione dell’Anno Santo del 2000, con una dedica particolare al terzo millennio. Fu proprio Papa Francesco il primo a spalancarla nove anni fa in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia.

L’arciprete coadiutore — insieme con l’arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione e organizzatore del Giubileo, vescovi, sacerdoti e canonici del capitolo liberiano e alcuni fedeli —, ha percorso poi la navata della basilica, quella che ha Francesco come “ospite” abituale prima e dopo ogni viaggio apostolico.

A incorniciare la solenne celebrazione che è seguita, le serie di mosaici che adornano questo luogo di culto, le più antiche dell’Urbe. Qui, nella Cappella Paolina è conservata la Salus Populi Romani, l’icona raffigurante la Madonna e Gesù Bambino, anch’essa profondamente cara a Papa Bergoglio. Proprio su questa immagine si è soffermato in un passaggio dell’omelia il cardinale lituano. Essa, ricordava il Pontefice celebrando la messa per la traslazione della venerata immagine mariana nel gennaio 2018 «custodisce la fede, protegge le relazioni, salva nelle intemperie e preserva dal male». Dove lei è di casa, «il turbamento non prevale, la paura non vince».

«Chi di noi non ha bisogno di questo, chi di noi non è talvolta turbato o inquieto? Quante volte il cuore è un mare in tempesta, dove le onde dei problemi si accavallano e i venti delle preoccupazioni non cessano di soffiare! Maria è l’arca sicura in mezzo al diluvio. Non saranno le idee o la tecnologia a darci conforto e speranza, ma il volto della Madre di Dio», ha detto Makrickas.

Proprio partendo dalla “Sperduta” si è snodata la sua omelia. La campana «trasforma in suono» l’ideale «di guida e segnavia» che i fedeli ascrivono a Maria. «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» afferma san Paolo ai Galati nel passo indicato per la seconda lettura della celebrazione.

Il porporato ha sottolineato l’immagine di «pienezza del tempo» incarnandola in Maria, «via scelta da Dio» e «punto di arrivo» per chi ha «preparato la venuta del Signore nel mondo».

«Il tempo acquista la sua pienezza quando è unito all’eternità, cioè con il tempo infinito di Dio», ha aggiunto il celebrante. Il tempo, la «grande creatura di Dio» che l’uomo disperde nel tentativo di aumentarlo o perfezionarlo attraverso le nuove tecnologie. Alle ore trascorse su computer e telefoni, che del tempo divengono spesso i «peggiori nemici», il porporato ha contrapposto i momenti vissuti «con Dio», nei quali è impossibile sentirsi «sperduti, persi o stanchi».

Le mani della Vergine «accarezzano» le esistenze delle donne e degli uomini di ogni tempo così come quella del Bambino Gesù. Da questa fonte di conforto ripartiranno i pellegrini del Giubileo: dalla “sicurezza” di essere accompagnati «dalla grazia, dalla protezione, dalla cura e dalla tenerezza materna di Maria». Makrickas ha evidenziato la dinamicità della Salus populi romani, la cui effigie viene sorretta da angeli che «la portano verso di noi» accompagnando ogni fedele «così come ha seguito il suo figlio Gesù: dalla nascita fino alla morte, nei momenti gioiosi e nelle ore buie di dolore».

«Maria, madre di Dio e nostra madre, come è stata decisiva nella pienezza del tempo, così è determinante per la vita di ogni cristiano. Perché nessuno meglio della madre conosce i tempi e le urgenze dei figli», ha commentato l’arciprete coadiutore.

Altro simbolo di Santa Maria Maggiore è la reliquia della Sacra Culla, «la prima umile e povera casa di Gesù», testimone «silenziosa» della sua nascita, capace di definire «il nostro tempo». Dall’umile mangiatoia di Betlemme si mossero i primi pellegrini del cristianesimo, racchiudendone «l’essenza», ovvero «mettersi in cammino per incontrare il Signore, seguire la sua stella». Viene sottolineato così come da milleseicento anni questa basilica sia come la stella di Betlemme, che diffonde l’annuncio angelico rivolto ai pastori a non avere paura e a mettersi in cammino verso il Signore.

Il cardinale ha dedicato l’ultima parte della sua riflessione all’Anno giubilare, auspicando che possa instillare nei pellegrini «preoccupazione autentica e sincera», specialmente per chi ha «smarrito la strada della verità, della gioia e della pace». L’invito è stato dunque a raccogliere l’appello del Papa nella Bolla di indizione Spes non confundit, di «sperimentare la vicinanza della più affettuosa delle mamme».

A Maria, infine, l’affidamento di una preghiera: «Ci conduca a Gesù: la pienezza del tempo, di ogni tempo, del tempo di ognuno di noi».

di Edoardo Giribaldi