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Anniversari: 150 anni con GKC/5

Il profeta della «stranezza»
e dello stupore

 Il profeta  della «stranezza»  e dello stupore   QUO-294
30 dicembre 2024

Il 28 dicembre scorso Papa Francesco nel Pensiero del giorno trasmesso in onda dalla BBC ha parlato di gentilezza, umiltà e gratitudine e quindi ha citato G.K. Chesterton — non era la prima volta — questo grande scrittore britannico, ha detto, molto stimato dal poeta argentino Borges, il quale nel finale della sua Autobiografia ci ricorda saggiamente di prendere i fatti della vita con gratitudine e non con scontatezza.

In due parole il Papa ha colto l’essenza dell’opera del poeta inglese, il grande nemico appunto della scontatezza. Una parola inusuale ma che dice e mette in guardia da quello che forse è il pericolo peggiore per l’uomo di ogni tempo e latitudine, quell’atteggiamento di sentirsi “in credito” nei confronti della vita e impedisce così di aprirsi allo stupore e, infine, alla gratitudine. Proprio nel finale della sua Autobiografia, che uscì postuma nel 1936 dopo la morte dell’autore, Chesterton conclude affermando che «L’esistenza è ancora una cosa molto strana e stupefacente per me e le do il benvenuto come se fosse uno straniero (…). Sento di essere stato approvato nel mio desiderio di capire il miracolo di essere vivi (...). Ho detto che questa religione un po’ grossolana e primitiva della gratitudine non mi ha preservato dall’ingratitudine, dal peggiore dei peccati». Un’affermazione che chiude il cerchio visto che all’inizio del libro aveva dichiarato: «Questo fu il mio primo problema, quello di indurre gli uomini a capire la meraviglia e lo splendore dell’essere vivi».

Non a caso il suo miglior romanzo è intitolato Manalive (in italiano: Le avventure di un uomo vivo) in cui il protagonista, Innocent Smith, cioè l’uomo comune colto nella sua innocenza, attraversa il mondo di chi lo accoglie con scontatezza e, con il suo candore eccentrico e con azioni che appaiono scandalose, getta lo scompiglio rivelando che si tratta di un mondo già morto, infilzato come una farfalla dall’entomologo le cui spille sono le abitudini, le convenzioni, le rigidità mentali. Da questo rigor mortis Innocent e Gilbert, uomini vivi, sono venuti a scuotere gli uomini, con leggerezza, allegria, humour e umiltà (tra loro fratelli) e un grande gusto per il paradosso.

Chi ha colto tutta la portata della rivoluzione chestertoniana è appunto Borges, come ha sottolineato il Papa, il quale riflettendo sull’essenza della poesia dice che essa consiste nel saper cogliere le cose della vita in quanto “strane”. Cioè libere dalla scontatezza e splendenti nel sole della gratuità e della libertà. La poesia come gratitudine di fronte a un dono. Questo combacia con il “benvenuto” che Chesterton dà all’esistenza “come fosse uno straniero”. Spesso solo lo straniero, che viene a inquietarci nel nostro torpore, apprezza quelle bellezze che noi “del luogo” abbiamo sotto gli occhi e quindi non vediamo più.

Eppure di quella bellezza ne abbiamo nostalgia, cerchiamo una casa per il nostro desiderio. Per chiudere questa lunga rassegna che nel 150esimo anniversario dalla nascita abbiamo voluto dedicargli, forse è allora giusto citare questi due versi composti in occasione del Natale, quando lo Straniero è venuto a visitare il nostro piccolo, meraviglioso, mondo: «Un bambino in una misera stalla, / con le bestie a scaldarlo ruminando; / solo là, dove Lui fu senza un tetto, / tu ed io siamo a casa».

di Andrea Monda