In Ucraina il Natale
«La luce del Natale è una luce così intensa e così grande che si innalza al di sopra di tutte le difficoltà, al di sopra di qualsiasi aggressione e di qualsiasi bombardamento»: così, ai media vaticani, il nunzio apostolico in Ucraina, arcivescovo Visvaldas Kulbokas, ha descritto il significato della solennità della nascita del Salvatore nel Paese martoriato da quasi tre anni di guerra. Da due anni, in Ucraina, anche la Chiesa greco-cattolica e quella ortodossa celebrano il Natale il 25 dicembre.
Nella notte della vigilia, il 24 dicembre, il nunzio ha dunque celebrato la messa nella cattedrale latina di Kharkiv. Insieme a lui, il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski, presente nel Paese per portare gli aiuti di Papa Francesco alla popolazione; il vescovo latino di Kharkiv-Zaporizhzhia, Pavlo Honcharuk; l’ordinario greco-cattolico di Kharkiv, Vasyl’ Tučapec’, insieme al vescovo greco-cattolico emerito Ihor Isichenko. Erano presenti, tra gli altri, l’arcivescovo Mytrofan della Chiesa ortodossa dell’Ucraina, diversi rappresentanti delle comunità protestanti, il sindaco di Kharkiv, Ihor Terekhov, e altri rappresentanti della città.
La celebrazione ha preceduto di qualche ora un massiccio attacco russo sulla città.
«Quando Gesù nasce in un luogo che viene costantemente attaccato, bombardato, questa luce si vede molto di più, risplende», ha detto l’arcivescovo Kulbokas, perché «in questi luoghi di guerra è proprio la luce della gioia e della speranza che ci porta il Natale».
Missili e droni sono esplosi anche vicino alla cattedrale greco-cattolica di Kharkiv, fortunatamente senza provocare gravi danni, il che ha consentito di celebrare, il 25 dicembre, la Divina liturgia di Natale. Un rito molto «gioioso» e partecipato anche da tanti bambini: «I genitori — ha aggiunto l’arcivescovo — dicevano che, in tempo di guerra, per i loro figli è necessario ascoltare il più possibile le catechesi e partecipare alle liturgie nelle chiese, in quanto questa è la salvezza».
Successivamente, si è svolta una visita al Monastero delle suore carmelitane alle porte di Kharkiv, che al nunzio hanno confessato di aver avuto paura durante la notte, ma nella consapevolezza che la loro missione è «pregare per la pace, pregare per il Paese, e stare qui», perché «Gesù vince ogni cosa: per questo abbiamo reso grazie a Dio tutti insieme».
Dolore per gli attacchi su Kharkiv è stato espresso, ai media vaticani, anche dal cardinale Krajewski: «Mi mancano le parole», ha detto il porporato, raccontando di essere partito da Kharkiv «alle 22.45, 15 minuti prima del coprifuoco, con un treno che aveva tutti i finestrini chiusi per non far filtrare la luce». Le notizie dell’attacco lo hanno raggiunto durante il viaggio. «Mi dispiace — ha affermato —. Proprio qualche ora fa ero lì e pregavo con la gente che ha anche ringraziato per i generatori donati dal Santo Padre e dai fedeli di Roma. Servono tanto: le temperature sono sotto zero e i generatori servono tanto a salvare vite».
Nonostante il buio e lo sconforto provocato dalla guerra, tuttavia, il cardinale elemosiniere si è soffermato su un particolare: «Come era bello vedere la Chiesa unita, finalmente la Chiesa unita — ha detto —! Forse questo è un segno forte anche per noi, per tutti noi: pregare insieme, pregare insieme, essere uniti come voleva sempre Cristo». «Quando siamo uniti siamo molto forti e questo si vedeva proprio a Kharkiv — ha concluso —: la Chiesa unita, la Chiesa unita».