· Città del Vaticano ·

All’Angelus Francesco rinnova l’appello di pace i tanti Paesi che sono in guerra e rilancia la proposta di una moratoria sul debito di quelli più poveri

«Basta colonizzare i popoli con le armi!»

 «Basta colonizzare i popoli  con le armi!»  QUO-292
27 dicembre 2024

«Basta colonizzare i popoli con le armi!». È l’accorato appello lanciato dal Papa all’Angelus del 26 dicembre. Rientrato dal carcere romano di Rebibbia, dove ha aperto la seconda Porta Santa del Giubileo 2025, Francesco ha guidato dalla finestra dello Studio privato del Palazzo apostolico vaticano la recita della preghiera mariana delle ore 12 con i fedeli presenti in piazza San Pietro e con quanti lo seguivano attraverso i media, introducendola con il consueto commento al Vangelo del giorno. Essendo esso incentrato sulla lapidazione di santo Stefano, il primo martire, il Pontefice ha ricordato come «purtroppo anche oggi, in varie parti del mondo, molti uomini e donne» siano «perseguitati, a volte fino alla morte, a causa del Vangelo». Ecco le sue parole.

Cari fratelli e sorelle, buona festa! Buona festa a tutti.

Oggi, subito dopo il Natale, la liturgia celebra Santo Stefano, il primo martire. Il racconto della sua lapidazione si trova negli Atti degli Apostoli (cfr. 6, 8-12; 7, 54-60) e ce lo presenta mentre, morendo, prega per i suoi uccisori. E questo ci fa riflettere: infatti, anche se a prima vista Stefano sembra subire impotente una violenza, in realtà, da uomo veramente libero, continua ad amare anche i suoi uccisori e ad offrire la sua vita per loro, come Gesù (cfr. Gv 10, 17-18; Lc 23, 34); offre la vita perché si pentano e, perdonati, possano avere in dono la vita eterna.

In questo modo, il diacono Stefano ci appare come testimone di quel Dio che ha un solo grande desiderio: «che tutti gli uomini siano salvati» (1 Tm 2, 4) — questo è il desiderio del cuore di Dio —, che nessuno vada perduto (cfr. Gv 6, 39; 17, 1-26). Stefano è testimone di quel Padre — il nostro Padre — che vuole il bene e solo il bene per ciascuno dei suoi figli, e sempre; il Padre che non esclude nessuno, il Padre che non si stanca mai di cercarli (cfr. Lc 15, 3-7), e di riaccoglierli quando, dopo essersi allontanati, ritornano pentiti a Lui (cfr. Lc 15, 11-32) e il Padre che non si stanca di perdonare. Ricordate questo: Dio perdona sempre e Dio perdona tutto.

Torniamo a Stefano. Purtroppo anche oggi ci sono, in varie parti del mondo, molti uomini e donne perseguitati, a volte fino alla morte, a causa del Vangelo. Anche per loro vale quello che abbiamo detto di Stefano. Non si lasciano uccidere per debolezza, né per difendere un’ideologia, ma per rendere tutti partecipi del dono di salvezza. E lo fanno in primo luogo per il bene dei loro uccisori: per i loro uccisori... e pregano per loro.

Ce ne ha lasciato un esempio bellissimo il Beato Christian de Chergé, che chiamava il suo uccisore “amico dell’ultimo minuto”.

Chiediamoci allora, ognuno di noi: sento il desiderio che tutti conoscano Dio e tutti si salvino? So volere il bene anche di chi mi fa soffrire? Mi interesso e prego per tanti fratelli e sorelle perseguitati a causa della fede?

Maria, Regina dei Martiri, ci aiuti ad essere testimoni coraggiosi del Vangelo per la salvezza del mondo.

Dopo l’Angelus il vescovo di Roma ha rivolto un augurio ai «fratelli e sorelle ebrei» che celebrano la Festa delle luci, “Hanukkah”. Quindi ha ricordato l’apertura delle Porte Sante in San Pietro e nella casa circondariale di Rebibbia, definendo quest’ultima “cattedrale del dolore e della speranza”. Dopodiché ha incoraggiato a sostenere la campagna di Caritas Internationalis per la cancellazione del debito dei Paesi poveri e ha lanciato l’appello per il disarmo, esortando al contempo a pregare per la pace «nella martoriata Ucraina, in Gaza, Israele, Myanmar, Nord Kivu e in tanti Paesi che sono in guerra».

Cari fratelli e sorelle,

rinnovo a tutti voi gli auguri di Santo Natale. In questi giorni ho ricevuto tanti messaggi e segni di vicinanza. Grazie. Desidero di cuore ringraziare tutti: ogni persona, ogni famiglia, le parrocchie e le associazioni. Grazie a tutti!

Ieri sera è iniziata la Festa delle luci, Hanukkah, celebrata per otto giorni dai nostri fratelli e sorelle ebrei nel mondo, ai quali invio il mio augurio di pace e fraternità.

E saluto tutti voi, romani e pellegrini dall’Italia e da vari Paesi! Penso che in molti abbiate fatto il percorso giubilare che conduce alla Porta Santa della Basilica di San Pietro. È un bel segno, un segno che esprime il senso della nostra vita: andare incontro a Gesù, che ci ama e ci apre il suo Cuore per farci entrare nel suo Regno di amore, di gioia e di pace. Stamattina ho aperto una Porta Santa, dopo quella di San Pietro, nel carcere romano di Rebibbia. È stata come, per così dire, “la cattedrale del dolore e della speranza”.

Una delle azioni che caratterizzano i Giubilei è la remissione dei debiti. Incoraggio pertanto tutti a sostenere la campagna di Caritas Internationalis intitolata “Trasformare il debito in speranza”, per sollevare i Paesi oppressi da debiti insostenibili e promuovere lo sviluppo.

La questione del debito è legata a quella della pace e del “mercato nero” degli armamenti. Basta colonizzare i popoli con le armi! Lavoriamo per il disarmo, lavoriamo contro la fame, contro le malattie, contro il lavoro minorile. E preghiamo, per favore, per la pace nel mondo intero! La pace nella martoriata Ucraina, in Gaza, Israele, Myanmar, Nord Kivu e in tanti Paesi che sono in guerra.

Auguro a tutti una bella giornata di festa. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!