Venerdì 13
Le donne |
Santa Lucia viene da voi, perché siate uomini e donne del primo passo, figlie e figli di un Dio che si fa incontro. |
Indica un modo di abitare il mondo che può vincere le tenebre che ci circondano: c’è luce dove ci si scambiano doni, dove il tesoro di uno è ricchezza per l’altro.
La menzogna che distrugge la fraternità e devasta il creato suggerisce, invece, il contrario: che l’altro sia un antagonista e la sua fortuna una minaccia.
Lucia è una donna e la sua santità indica alla vostra e a tutte le Chiese quanto le donne abbiano modi loro propri di seguire il Signore.
Le discepole di Gesù sono testimoni di un’intelligenza e di un amore senza i quali il messaggio della Risurrezione non ci potrebbe raggiungere.
Il simulacro della vostra Patrona esprime vigorosamente la dignità e la capacità di guardare lontano, che le donne cristiane portano anche oggi al centro della vita sociale, non lasciando che alcun potere mondano rinchiuda la loro testimonianza nell’invisibilità e nel silenzio.
Abbiamo bisogno del lavoro e della parola femminile in una Chiesa in uscita, che sia lievito e luce.
E questo ancora di più nel cuore del Mediterraneo, culla di civiltà e di umanesimo, tragicamente al centro di ingiustizie e squilibri che sin dal mio primo viaggio apostolico, a Lampedusa, ho suggerito di trasformare da cultura dello scarto in cultura dell’incontro.
Avere occhi |
Il martirio di Lucia educhi al pianto, alla compassione e alla tenerezza: sono virtù non solo cristiane, ma anche politiche. |
Ci ridanno occhi per vedere, quella vista che l’insensibilità fa perdere drammaticamente. È importante pregare perché guariscano i nostri occhi!
Stare dalla parte della luce, espone anche noi al martirio. Forse non ci metteranno le mani addosso, ma scegliere da che parte stare ci toglierà qualche tranquillità.
Ci sono forme di tranquillità che somigliano alla pace del cimitero. Assenti, come se fossimo già morti; oppure presenti, ma come sepolcri: belli da fuori, vuoti dentro.
Stringersi attorno a una Santa significa avere visto la vita manifestarsi e scegliere ormai la parte della luce.
Essere persone limpide, trasparenti, sincere; comunicare in modo aperto, chiaro, rispettoso; uscire dalle ambiguità e dalle connivenze criminali. Mai stanchiamoci di educare a riconoscere i testimoni, a coltivare il senso critico, a obbedire alla coscienza.
Scegliere: ecco il nucleo incandescente di ogni vocazione, la risposta personale alla chiamata che i santi rappresentano nel nostro cammino.
Portare spiritualmente nella vostra festa le sorelle e i fratelli che in tutto il mondo soffrono a motivo della persecuzione e dell’ingiustizia. Includete i migranti, i profughi, i poveri che sono presso di voi.
(Lettera alla Chiesa siracusana in occasione della traslazione temporanea del corpo di santa Lucia)
Sabato 14
Un canto |
Vorrei riflettere su due valori, per i quali penso che possiate dare un prezioso contributo: la pace e la speranza. |
Alla nascita di Gesù, nel silenzio della notte, l’inno di pace di «una moltitudine dell’esercito celeste» ha riempito di gioia il cielo e la terra.
La musica, parlando in modo diretto al cuore dell’uomo, ha una grandissima capacità di creare unità e comunione.
Vi invito ad essere anche voi “angeli di pace”, investendo i vostri talenti nel promuovere, con l’arte e la vita, ovunque, quella cultura di fraternità e riconciliazione di cui oggi abbiamo tanto bisogno!
Il Natale ci ricorda che la speranza è prima di tutto dono di Dio, e come tale «si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità». Ha bisogno di affondare le radici nel terreno della comunione con il Signore e crescere e fiorire in scelte concrete d’amore.
Pace e speranza: ecco le due voci del canto con cui vi incoraggio a riempire le strade del mondo.
(Ai promotori e agli artisti del concerto di Natale)
La prossimità |
Prossimità è una delle qualità di Dio: prossimo, compassionevole e tenero. E voi fate lo stesso: prossimi con tanta compassione e tenerezza. |
La vostra è una testimonianza di solidarietà e di vicinanza, ancora più importante in un mondo segnato dall’individualismo.
Vorrei consegnarvi tre parole. La prima la prendo dal motto che avete scelto per questo incontro: “Insieme illuminiamo il futuro”.
La malattia fa precipitare la persona e la sua famiglia nel buio del dolore e dell’angoscia, generando solitudine e chiusura.
A livello sociale, è spesso percepita come una sconfitta, qualcosa da nascondere: si scartano i malati in nome dell’efficienza, si emargina la sofferenza perché fa paura e ostacola i progetti.
In altre culture addirittura si eliminano i malati, e questo è brutto!
Urge rimettere al centro la persona malata, con la sua storia, le relazioni familiari, quelle amicali, quelle terapeutiche per trovare senso al dolore e dare risposta ai tanti “perché”.
Anche quando tutto sembra perduto, è possibile sperare. Ma ci vuole qualcuno che porti una fiamma di speranza, con l’amicizia, la vicinanza e l’ascolto.
La seconda parola è dono... il principale antidoto alla cultura dello scarto.
Ogni volta che si dona, la cultura dello scarto viene indebolita, annullata; e il consumismo, che apparentemente vorrebbe impossessarsi anche delle nostre vite, viene sconfitto da questa logica virtuosa.
Il primo a donarsi è Dio, nel suo amore creatore; è Gesù, nella sua Incarnazione.
Tra pochi giorni sarà Natale: guardiamo a quel Bimbo donato al mondo perché tutti possiamo essere salvati. Traiamo forza dalla sua fragilità, conforto dal suo pianto, coraggio dalla sua tenerezza.
La terza parola è piazza. È l’impegno di non restare chiusi nel proprio orticello a coltivare i propri interessi, ma di animare il territorio, essere segno tangibile, presenza visibile, mai invadente.
Nella piazza si manifesta la volontà di stare con la gente, di condividere il dolore, di essere buoni samaritani.
Siete un tassello della costruzione di due speranze: della cura e della terapia, nelle modalità più aggiornate.
(All’associazione italiana contro le leucemie,
i linfomi e il mieloma - Ail)
Il Natale |
Il Natale porta gioia... porta la tenerezza di un Bambino. Stavo vedendo lì: un bambino, che cosa tenera. E questo ci dà speranza. |
Ci porta la cura di una mamma, la Madonna che ci accompagna tutta la vita, [e] l’esempio di San Giuseppe che ha lavorato sempre per la famiglia.
Il messaggio del Natale è il messaggio di una famiglia: un bambino, la mamma, il papà. E insegna cose belle.
Vi auguro un santo Natale, che il cuore di tutti voi sia in pace.
E se qualcuno non ha il cuore in pace, ricordate: Dio perdona tutto e sempre!
Non aver paura e chiedere perdono al Signore, perché Lui perdona tutto.
Non dobbiamo avere paura di lasciarci sfidare dal Signore. Lui è venuto per noi, con tanta tenerezza.
(Con i partecipanti al presepe vivente
nella Basilica di Santa Maria Maggiore)
Lunedì 16
Una finanza |
Nel mondo globalizzato la finanza non ha più un volto, si è distanziata dalla gente. Quando l’unico criterio è il profitto, abbiamo conseguenze negative per l’economia. |
Ci sono multinazionali che spostano attività in luoghi dove è più facile sfruttare il lavoro, mettendo in difficoltà famiglie e comunità e annullando competenze.
C’è una finanza che rischia di servirsi di criteri usurai, quando favorisce chi è già garantito ed esclude chi è in difficoltà e avrebbe bisogno di credito.
C’è una finanza che raccoglie fondi in un luogo e sposta quelle risorse in altre zone con l’unico scopo di aumentare i propri interessi. Così la gente si sente abbandonata e strumentalizzata.
Quando la finanza calpesta le persone, fomenta le disuguaglianze e si allontana dai territori, tradisce il suo scopo. Diventa un’economia incivile.
La vostra presenza parla di una diversità nel mondo economico e bancario. Avete storie e strutture differenti per rispondere a bisogni diversi delle persone.
Senza sistemi finanziari adeguati, capaci di includere e favorire la sostenibilità, non ci sarebbe uno sviluppo umano integrale.
Gli investimenti e il sostegno al lavoro non sarebbero realizzabili senza il ruolo di intermediazione tipico delle banche.
La finanza è il “sistema circolatorio” dell’economia: se si blocca in alcuni punti e non circola in tutto il corpo sociale, si verificano infarti e ischemie devastanti.
La finanza sana non degenera in atteggiamenti usurai, speculazione e investimenti che danneggiano l’ambiente e favoriscono le guerre.
Gli istituti bancari hanno responsabilità grandi per sostenere un’economia di pace.
Il Giubileo ci ricorda la necessità di rimettere i debiti. È la condizione per generare speranza e futuro nella vita di molta gente, soprattutto dei poveri.
(A dirigenti e impiegati di: Banca Etica,
Banca di Credito Cooperativo Abruzzi e Molise,
Banca di Credito Cooperativo Campania Centro)
La Chiesa |
La Chiesa ovunque andiamo, è per noi una dimora, calda e accogliente. Tante persone migranti s’imbattono invece in innumerevoli difficoltà e incomprensioni, che si ergono come spine contro di loro. |
Su queste spine si presenta la nostra Madre, affinché non perdiamo la speranza e siamo capaci di affrontare i problemi, confidando nella sua protezione e sostegno.
Il motivo di questa visita è il 25° anniversario dell’erezione canonica della parrocchia personale dell’Immacolata Concezione e San Lorenzo Ruiz, a Barcellona.
San Lorenzo è una figura bella, perché parla d’integrazione di culture. Dovette abbandonare la sua terra a causa dell’ingiustizia, nel suo caso una diffamazione, come molte persone che ancora oggi si vedono costrette a emigrare per salvare la vita o cercare un futuro migliore. Una volta giunto nella terra che avrebbe dovuto accoglierlo, Dio gli chiese di testimoniare la sua fede con la prova più grande d’amore: offrire la vita.
Imitiamoli, entrambi hanno dovuto lasciare la propria terra, ma entrambi lo hanno fatto abbracciati a Gesù. Confidando in Gesù, hanno affrontato difficoltà senza perdere mai la speranza e sono esempio di una vita dedita a servire Dio nel fratello.
I filippini sono uomini [e] donne di fede. Qui in Vaticano lavorano alcuni di voi ed è fantastica la fede che hanno e la testimonianza che danno.
(A membri della comunità filippina in Spagna)
I cristiani |
Per lungo tempo, tra Metodisti e Cattolici, siamo stati estranei e sospettosi. Oggi però possiamo ringraziare Dio perché, da quasi sessant’anni, stiamo progredendo insieme nella conoscenza, nella comprensione e nell’amore reciproco. |
Questo ci aiuta ad approfondire la comunione. Aprirci gli uni agli altri ci ha avvicinato, facendo scoprire che la pacificazione è compito del cuore.
Così le nostre comunità riusciranno a unire le diverse intelligenze e volontà per lasciarsi guidare dallo Spirito come fratelli. È un cammino che richiede tempo, ma dobbiamo continuare su questa strada, sempre orientati al Cuore di Cristo.
Il prossimo anno, i cristiani celebreranno i 1700 anni dal primo Concilio ecumenico di Nicea. Questo ci ricorda che professiamo la stessa fede e, quindi, abbiamo la responsabilità di offrire segni di speranza
Dobbiamo camminare insieme, come fratelli, pregare insieme, fare la carità insieme, e andare avanti insieme nel dialogo.
(Alla delegazione del Consiglio Metodista Mondiale)
Martedì 17
Dignità umana |
Il mondo del lavoro è un mondo umano, in cui ognuno è connesso a tutti. E purtroppo anche questo “mondo” è inquinato da dinamiche e comportamenti negativi che lo rendono a volte invivibile. |
Insieme alla cura del creato è necessaria la cura della qualità della vita umana, la ricerca della fraternità umana e dell’amicizia sociale, perché i nostri legami contano più dei numeri e delle prestazioni.
Anche questo fa la differenza nel mondo del lavoro. E avvicinandovi ad esso, è importante che teniate salde sia la coscienza della vostra unicità, sia la propensione a stabilire con gli altri rapporti sinceri.
In molti ambienti sarete una rivoluzione gentile.
Lo scorso anno vi ho suggerito l’immagine del cantiere. Quest’anno propongo [il] cuore, che solitamente colleghiamo all’amore, all’amicizia, ma che in realtà porterete al lavoro.
Voi conoscete il vostro cuore: custoditelo! A volte può spaventare e si può fingere di non sentirlo, ma rimane nostro, inviolabile. Possiamo sempre farvi ritorno.
E lì, se avete il dono della fede, sapete che Dio aspetta con infinita pazienza. Scrivo questo perché, affacciandovi al mondo del lavoro, tutto invece sembrerà veloce.
Potrebbe quasi opprimervi ciò che ci si aspetta da voi. Avrete il fiato sul collo di persone che conoscete o non conoscete.
Imparate a custodire il cuore, per rimanere in pace e liberi. Non piegatevi a richieste che umiliano e procurano disagio, a modi di procedere e a pretese che sporchino la vostra genuinità. Non dovete farvi andare bene qualsiasi cosa, anche il male. Non omologatevi a modelli in cui non credete, magari per ottenerne prestigio sociale o denaro in più.
Il male ci aliena, spegne i sogni, ci rende soli e rassegnati. Il cuore sa accorgersene e, quando è così, bisogna chiedere aiuto e fare squadra con chi ci conosce e tiene a noi.
Nel mondo del lavoro si entra insieme. Non ciascuno per conto suo: diventeremmo rapidamente ingranaggi di una macchina e chi ha potere potrebbe fare di noi qualunque cosa.
Il cuore cerca amicizie, pensa non isolandosi, si scalda immedesimandosi. Il cuore sa essere flessibile e generoso. Sa rinunciare a qualcosa, ma perseguendo l’ideale. Sa darsi degli obiettivi, ma bada al modo in cui sono raggiunti. E quando il lavoro viene organizzato senza cuore, allora è in pericolo la dignità umana di chi lavora, o non trova lavoro, o si adatta a un lavoro indegno.
Oggi è l’economia ad accorgersi che il saper fare non basta, che le prestazioni non sono tutto. A questo basteranno sempre più le macchine. Umana, invece, è l’intelligenza del cuore, la ragione che sente le ragioni altrui, l’immaginazione che crea ciò che ancora non è, la fantasia per cui Dio ci ha resi tutti diversi. Siamo “pezzi unici”.
Ringrazio gli adulti che camminano con voi e dico loro: non pieghiamo i giovani alle ragioni dell’esistente, non corrompiamone la novità: diamo loro la mano e introduciamoli ai tempi lunghi e al peso delle responsabilità, confidiamo in ciò che è seminato nei loro cuori.
Il lavoro che non aliena, ma libera, comincia dal cuore.
(Messaggio alla iii edizione
di “LaborDì” delle Acli di Roma)
Mercoledì 18
Maria, segno |
Iniziamo il ciclo di catechesi che si svolgerà lungo tutto l’Anno giubilare. Il tema è “Gesù Cristo nostra speranza”: è Lui la meta del nostro pellegrinaggio, e è la via, il cammino da percorrere. |
I Vangeli dell’infanzia raccontano il concepimento verginale di Gesù e la sua nascita dal grembo di Maria; richiamano le profezie messianiche che in Lui si compiono e parlano della paternità legale di Giuseppe.
Ci è presentato Gesù neonato, bambino e adolescente, sottomesso ai genitori e, nello stesso tempo, consapevole di essere tutto dedito al Padre e al suo Regno.
Mentre Luca racconta gli eventi con gli occhi di Maria, Matteo lo fa con quelli di Giuseppe, insistendo su una paternità inedita.
Matteo apre il suo Vangelo e l’intero canone neotestamentario con la «genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo».
Si tratta di una lista di nomi già presente nelle Scritture ebraiche, per mostrare la verità della storia e della vita umana.
Appare poi la verità della vita umana che passa da una generazione all’altra consegnando tre cose: un nome che racchiude un’identità e una missione; l’appartenenza a una famiglia e a un popolo; e l’adesione di fede al Dio d’Israele.
La genealogia è un genere letterario, cioè una forma adatta a veicolare un messaggio importante: nessuno si dà la vita da sé stesso, ma la riceve in dono da altri.
Diversamente però dalle genealogie dell’Antico Testamento, dove appaiono solo nomi maschili, perché in Israele è il padre a imporre il nome al figlio, nella lista di Matteo tra gli antenati di Gesù compaiono anche donne.
Ne troviamo cinque: Tamar, la nuora di Giuda che, rimasta vedova, si finge prostituta per assicurare una discendenza a suo marito; Racab, la prostituta di Gerico che permette agli esploratori ebrei di entrare nella terra promessa e conquistarla; Rut, la moabita che resta fedele alla suocera e diventerà la bisnonna del re Davide; Betsabea, con cui Davide commette adulterio e, dopo aver fatto uccidere il marito, genera Salomone; Maria di Nazaret, sposa di Giuseppe, della casa di Davide: da lei nasce Gesù.
Le prime quattro sono accomunate non dal fatto di essere peccatrici, ma di essere straniere.
Matteo fa emergere che, come ha scritto Benedetto xvi , «per il loro tramite entra... nella genealogia di Gesù il mondo delle genti — si rende visibile la sua missione verso ebrei e pagani».
Mentre le quattro donne precedenti sono menzionate accanto all’uomo che è nato da loro o a colui che l’ha generato, Maria, invece, acquista particolare risalto: segna un nuovo inizio, è lei stessa un nuovo inizio, perché nella sua vicenda non è più la creatura umana protagonista della generazione, ma Dio stesso. Lo si vede dal verbo «è nato»: «Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo».
Gesù è figlio di Davide, innestato da Giuseppe in quella dinastia e destinato ad essere il Messia d’Israele, ma è anche figlio di Abramo e di donne straniere, destinato a essere la «Luce delle genti» e «Salvatore del mondo».
Il Figlio di Dio, consacrato al Padre con la missione di rivelare il suo volto, entra nel mondo come tutti i figli dell’uomo, tanto che a Nazaret sarà chiamato «figlio di Giuseppe» o «del falegname». Vero Dio e vero uomo.
Risvegliamo la memoria grata nei confronti dei nostri antenati.
(Udienza generale in Aula Paolo vi )