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Migranti invisibili

Sudanese refugees who fled the violence in Sudan's Darfur region and newly arrived ride their ...
18 dicembre 2024

Quando si parla di Africa e di flussi migratori, il pensiero va subito alle pericolose traversate del Mediterraneo per raggiungere l’Europa. Eppure la maggior parte di coloro che sono costretti a lasciare le proprie case rimane nel continente africano.

A gettare luce su questa difficile realtà, in occasione dell’odierna Giornata internazionale del migrante, è Amref che rilancia gli ultimi dati dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr): ogni anno 20 milioni di persone sono costrette a migrare all’interno dell'Africa a causa di conflitti, instabilità ed eventi climatici estremi. Numeri che fanno il paio con quelli recentemente diffusi dall’Internal Displacement Monitoring Centre, secondo cui l’Africa conta almeno 35 milioni di persone attualmente sfollate per via di guerre o disastri climatici. Un dato in costante crescita, triplicato dal 2009 quando gli sfollati interni in Africa erano 11,6 milioni. Solo i conflitti armati sono responsabili di 32,5 milioni di sfollati, l’80% di quali proviene da cinque Paesi: Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Nigeria, Somalia e Sudan.

Amref, organizzazione che fornisce sostegno a questi sfollati interni soprattutto in ambito sanitario, accende i riflettori oggi sul fenomeno raccontando una storia che arriva dall’Uganda, in particolare dal grande campo di Rhino. «Abbiamo camminato per una settimana intera, attraversando strade disseminate di corpi senza vita. Il rumore degli spari ci obbligava a nasconderci, a proteggere i nostri figli, sperando solo di arrivare vivi», è la testimonianza di Teresa Ngongi, una madre sud sudanese che ha trovato rifugio in Uganda dopo un viaggio straziante. Fuggita dal Sud Sudan con i suoi figli, ricorda la disperazione di quel viaggio: «I bambini piangevano, correvamo tra i cespugli per nasconderci. Arrivare in Uganda è stato un miracolo. Ora almeno possiamo accedere ai servizi sanitari di base, ma la strada è ancora lunga».

La storia di Teresa è la storia di milioni di persone, sfollati “invisibili” di cui non si tiene conto perché l’attenzione politica e dei media è concentrata sui migranti internazionali e soprattutto su quelle irregolari ai confini. Molti di questi sfollati sono originari del Sud Sudan, il “giovane” Stato ancora segnato dalla sanguinosa guerra civile conclusa nel 2018. Un Paese fragile che oggi è costretto a sua volta ad accogliere gli sfollati in arrivo a causa del conflitto nel vicino Sudan. La violenza etnica, le crisi politiche e l’instabilità economica hanno costretto milioni di persone a lasciare il Sud Sudan: su una popolazione di 11 milioni di abitanti, 2,2 milioni sono sfollati interni, mentre altri 2,3 milioni hanno raggiunto gli Stati confinanti. Come l’Uganda, che ospita oltre 1,5 milioni di migranti ed è uno dei principali Paesi di accoglienza in Africa e nel mondo.

«La migrazione interna in Africa rivela una realtà complessa, fatta di sofferenza, resistenza e coraggio, che troppo spesso passa inosservata nel dibattito globale», evidenzia Guglielmo Micucci, direttore di Amref Italia. Storie come quella di Teresa, aggiunge, «ci ricordano la necessità di garantire il diritto a una vita dignitosa, sia per chi desidera restare nella propria terra sia per chi cerca sicurezza e opportunità altrove». (valerio palombaro)