«Io contengo moltitudini» si intitola l’opera che sarà inaugurata nella casa circondariale di Roma Rebibbia il prossimo 26 dicembre, in occasione dell’apertura della Porta Santa, all’indomani dell’inizio del Giubileo. Un’opera firmata dall’artista Marinella Senatore, ma sarebbe più corretto dire «guidata da» Marinella Senatore, dato che si tratta di una creazione collettiva che ha coinvolto la popolazione carceraria prima e durante la sua realizzazione.
Un omaggio alla cultura popolare del Sud Italia e alle macchine barocche seicentesche che celebravano l’esplodere della luce nel buio, reso contemporaneo e vibrante dalla presenza dei messaggi dei detenuti su ogni singolo raggio.
Colpisce il fatto — nota l’artista di Cava dei Tirreni — che nessuno dei partecipanti abbia fatto ricorso a citazioni tratte da testi di poeti o scrittori, neanche a frasi di amici o maestri spirituali; «ognuno ha voluto “esserci” — sottolinea Marinella Senatore — con la sua identità e la sua storia particolare».
Io contengo moltitudini è una delle iniziative che fanno parte del progetto «L’arte contemporanea in carcere: la sfida della speranza» presentatomartedì 17 dicembre presso la Sala Stampa della Santa Sede dal cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione.
Al tavolo dei relatori erano presenti anche Giovanni Russo, capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia della Repubblica italiana, Cristiana Perrella, curatrice dello spazio Conciliazione 5, una vetrina permanente di arte contemporanea pensata per l’Anno Santo 2025 che sarà inaugurata il prossimo febbraio dall’artista cinese Yan Pei-Ming, e Davide Rampello, curatore del progetto internazionale Porte della Speranza.
La scelta di aprire la seconda Porta Santa del Giubileo in un carcere e di realizzare un’opera di arte capace di parlare ai detenuti — come anche ai “detenenti” — è un suggerimento di metodo chiaro, in continuità con il progetto del Padiglione della Santa Sede, legato al tema dei diritti umani che il Dicastero aveva presentato alla scorsa Biennale di Venezia.
«L’arte è uno splendido mezzo di trasporto per navigare il mondo» ha chiosato Senatore, ed è molto più trasformativa ed efficace nell’innescare dinamiche di cambiamento interiore di quello che solitamente pensiamo.
L’importante — ha ribadito il cardinale José Tolentino de Mendonça — è credere che la trasformazione, la nostra e quella del mondo, sia possibile.
«Anche se è ardua e dolorosa, è possibile. Quando guardiamo e ci lasciamo guardare come fratelli, avviene questo grande miracolo che è la comune tessitura della speranza».
Una tessitura costante, quotidiana, composta da gesti concreti, gli ha fatto eco, nel suo intervento, Giovanni Russo, raccontando parte del colloquio che ha avuto alla Giudecca, a Venezia con Papa Francesco sui nuovi “portali” di possibilità e di futuro.
«Abbiamo risposto con un grandissimo sforzo organizzativo alla volontà del Santo Padre di spalancare, anche nelle nostre carceri, le porte della Speranza e della Provvidenza. Con la Santa Sede abbiamo programmato altre iniziative, anche di particolare pregio artistico, che presto coinvolgeranno le persone e le realtà di altri istituti penitenziari». A partire da quella che nei prossimi mesi sarà realizzata a Regina Coeli.
L’arte sollecita il pensiero laterale e regala un nuovo sguardo sulla realtà; viceversa rinunciare a coltivare se stessi significa consegnarsi alla dis-speranza.
«Non a caso — ha concluso Davide Rampello — la parola allegria deriva dalla parola “alacre”; si può essere “allegri” solo se si accetta di lavorare su se stessi».
di Silvia Guidi